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EDITORIALE

SIR e Avvenire, che corsa sul carro del vincitore

I due organi ufficiali della Conferenza episcopale italiana sono stati rapidissimi ad abbracciare Renzi all'indomani delle elezioni, proponendolo come modello di cattolico impegnato in politica. Niente princìpi, tutto pragmatismo.

Editoriali 02_06_2014
Matteo Renzi

Caro Direttore,

ho letto una sorprendente intervista al sociologo Franco Garelli in cui viene sostenuta la “continuità” tra Matteo Renzi, la dottrina sociale della Chiesa e la presenza nel nostro Paese del “cattolicesimo sociale”. La vittoria di Renzi alle Europee sarebbe benvenuta in quanto espressione di questa “continuità”. L’intervista è stata fatta e diramata dal SIR, il Servizio Informazione Religiosa della CEI e pubblicata su vari settimanali diocesani. 

Ora, sinceramente, la “continuità” di cui parla Garelli io non riesco a vederla. Vediamo, però, prima di tutto, dove la vede lui, Garelli. Renzi, dice Garelli, fa proposte e si impegna e questo sarebbe un tratto tipicamente cattolico: fare proposte e impegnarsi. «Il carattere qualificante del cattolicesimo sociale consiste nel riuscire a individuare i problemi e fare proposte all’altezza della situazione in un dato momento storico, non nel fare una difesa d’ufficio dei principi. Renzi questo lo ha capito e quindi lo trovo molto adeguato al momento presente». Il concetto viene ribadito in seguito: «Renzi è un cattolico, non lo ha mai negato, anzi ogni tanto lo ricorda. Però in qualche modo non fa della sua ispirazione cattolica un castello. Lui invece affascina o attrae a partire dalle idee, e solo in parte a partire dalla militanza cattolica di lungo corso negli anni giovanili … La Chiesa era abituata a pensare che chi si impegnava doveva farlo  per promuovere i valori cattolici, mentre lui si impegna in chiave pluralistica, per affermare anche istanze tipiche della dottrina sociale».

Andiamo con ordine. Se alla Dottrina sociale della Chiesa togliamo il tema della famiglia e della vita produciamo una ferita che la rende irriconoscibile. Ora, la maggioranza renziana ha appena approvato alla Camera il divorzio breve e si sta preparando ad approvare le unioni civili e le adozioni gay. Se non ci fosse stata una certa resistenza da parte della componente governativa del Nuovo Centro Destra, tutto questo lo avremmo già, come anticipato in modo soft dal ministro Boschi a Vanity Fair.

Nei discorsi programmatici di Renzi non ho mai sentito parlare di famiglia, né tantomeno di vita. Gli 80 euro in busta paga sono stati dati individualmente senza tenere in contro la componente familiare. Renzi ha forse ritirato le Linee guida del ministero per le pari opportunità contro la discriminazione di genere?

Mi chiedo quindi: se nell’azione politica di Renzi manca totalmente il riferimento alla famiglia, come può essere in “continuità” con la Dottrina sociale della Chiesa?  Per poterlo dire bisognerebbe cancellare molte encicliche dei Sommi Pontefici, anzi tutte. E sulla vita? Renzi ha forse annunciato di intervenire sulla decisione di distribuire la pillola del giorno dopo nei consultori familiari della “sua” Toscana? Ha espresso un parere sulla sentenza del TAR sulla “Norlevo”? Ha dato qualche rassicurazione sulla situazione selvaggia in termini di fecondazione eterologa a seguito della sentenza della Consulta? 

Ma non è solo su questi temi che il programma di Renzi è in “discontinuità” con la Dottrina sociale della Chiesa. Lo è, per esempio, in modo evidente sul tema della sussidiarietà, di cui non c’è traccia non solo nei suoi finora scarni interventi, ma anche nelle sue promesse. Non l’ho mai sentito parlare di sussidiarietà in nessun senso, nemmeno nel campo della scuola, che pure è stato un tema che lo ha interessato, almeno inizialmente e limitatamente all’aspetto dell’edilizia. 

È quindi piuttosto difficile vedere la “continuità” di cui parla Garelli. Del resto, parlare di famiglia, o di vita o di sussidiarietà non sarebbe un “promuovere i valori cattolici” o limitarsi “a ribadire i principi” perché sono valori di tutti e perché riguardano non astrazioni ma carne viva della gente di oggi. Se vita, famiglia e sussidiarietà sono valori “cattolici”, allora promuoverli vorrebbe dire essere integralisti. So bene che tutta un’area politica cattolica la pensa così. So che essa ritiene che la secolarizzazione debba essere accettata non solo nei suoi aspetti religiosi, ma anche in quelli etici. So anche che Garelli appartiene a quest’area cattolica. Però vorrei sapere quali sono le “istanze tipiche della dottrina sociale” che Renzi incarnerebbe e se lui “affascina a partire dalle idee” vorrei sapere quali sono queste idee che “continuano” la Dottrina sociale della Chiesa.   

Ho giudicato questa intervista “sorprendente”. Ma a sorprendere non è tanto che l’abbia rilasciata il sociologo Garelli, ma che l’abbia diffusa il SIR, ossia l’agenzia di stampa dei Vescovi, e che molti settimanali diocesani l’abbiano automaticamente pubblicata. In questo modo gli 80 euro in busta paga e il divorzio breve sono stati battezzati “cattolici”. In barba al rifiuto di “promuovere i valori cattolici”. Dove si vede, in fondo, che gli integralisti sono coloro che vedono integralismi dappertutto. 

Stefano Fontana

Caro Fontana,

sono pienamente d’accordo con te su tutto, ma purtroppo il discorso va ben oltre il SIR. I fatti ci dicono che nella corsa a salire sul carro del vincitore gli organi ufficiali della Chiesa italiana sono stati i primi. Già martedì 27 maggio, nel primo commento sui risultati delle elezioni, il direttore di Avvenire si è lasciato andare a un elogio sperticato di Renzi che aveva del surreale (clicca qui). In un crescendo di entusiasmo degno di miglior causa, è arrivato a scrivere: «Ha vinto Matteo Renzi: riformatore e rottamatore, uomo-squadra e solista, liberaldemocratico e solidarista, istituzionale e irriverente, cattolico vero e irrequieto». Insomma, un Renzi-tutto, ma soprattutto «cattolico vero», secondo il quotidiano della Conferenza episcopale. Come vedi, caro Fontana, c’è sintonia perfetta tra Avvenire e SIR, e non può essere certo una coincidenza, visto che parliamo di due organi della Cei.

Perché aldilà delle tendenze adulanti dei singoli direttori e giornalisti, che possono anche strappare un sorriso, s’intravvede una linea ben precisa; anzi due, una di metodo, l’altra di merito.

Nel metodo: si sta con chi vince. Stavolta gli organi della Cei hanno imparato la lezione delle scorse elezioni politiche, quando – credendolo il cavallo vincente – i vescovi avevano sponsorizzato ancora prima della campagna elettorale l’allora presidente del Consiglio Mario Monti, esponendosi in modo perfino imbarazzante. L’esito fu un disastro elettorale senza precedenti: non solo Monti prese una sberla elettorale memorabile, ma quella scelta così aperta della Cei indebolì fortemente la componente cattolica del centro-destra, con i risultati che possiamo vedere in questa legislatura. Questa volta invece grande prudenza pre-elettorale: la Cei ha solo invitato ad andare a votare – non importa per chi e soprattutto per che cosa – e Avvenire ha mantenuto aperta la porta a qualsiasi soluzione (anche di Grillo si è stati attenti a criticare i modi ma non i contenuti, non si sa mai), dopodiché è stata la prima a saltare sul carro del vincitore.

Per quanto riguarda il merito: Renzi è il modello del cattolico in politica. La “cattolicità” di Renzi è stata sottolineata così fortemente e ripetutamente che non ci sono dubbi sulle intenzioni. Che tale affermazione contraddica il Magistero della Chiesa lo spieghi benissimo tu. Un conto è riconoscere dei meriti politici, un altro dare patenti di cattolicità.

Ma vale la pena aggiungere che questa sembra però la declinazione delle linee guida indicate dal nuovo segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, nella famosa intervista al Quotidiano Nazionale,che possono essere riassunte in “basta parlare di vita e famiglia, parliamo di lavoro e salute”. E infatti un secondo editoriale di Avvenire, il 28 maggio,(clicca qui) sempre a sostegno del presidente del Consiglio, sottolineava solo gli aspetti legati alla politica economica e del lavoro (vedi i famosi 80 euro). Insomma ora si parli soltanto di lavoro. A questo punto ci permettiamo un suggerimento. Visto che prossimamente si dovrà nominare il nuovo presidente della Cei, si faccia un pensierino su Raffaele Bonanni: dopo tanti anni alla guida della Cisl ha sicuramente maturato una grande esperienza in materia. È vero, non è un vescovo, ma a tutto si può porre rimedio.