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CHIESA

Sinodo, una lettera diventa un "giallo"

Pubblicato sul blog del vaticanista Magister il testo di una lettera consegnata al Papa da 13 cardinali, in cui si esprime il forte sospetto che si voglia arrivare a "risultati predeterminati". Quattro smentiscono la loro firma, e il cardinale Pell afferma che contenuto e lista dei nomi non sono quelli definitivi. Ma poi lancia una denuncia...

Ecclesia 13_10_2015
Il cardinale Pell e papa Francesco

La ripresa dei lavori nella seconda settimana di Sinodo è stata caratterizzata dal giallo della lettera dei 13 cardinali. Nella mattina di lunedì il vaticanista Sandro Magister ha pubblicato il testo di una missiva sottoscritta da un certo numero di padri sinodali, e inviata al Papa all’inizio del sinodo. Nomi di peso, per una protesta sostanziale.

Nella lettera vengono espresse alcune preoccupazioni, sostanzialmente legate alle nuove procedure del Sinodo, che impediscono una reale collegialità, al punto che «a un certo numero di padri il nuovo processo sembra configurato per facilitare dei risultati predeterminati su importanti questioni controverse». In questa prospettiva fanno problema alcune sezioni del documento preparatorio del Sinodo, l’Instrumentum Laboris, che già nei mesi scorsi sono finite nel mirino di teologi e vescovi per l’evidente contrasto con il catechismo della Chiesa. «Notevole disagio» si registra poi per la composizione della commissione chiamata a redigere la relazione finale, «nominata, non eletta, senza consultazioni» e la cui composizione – anche se non detto – è chiaramente sbilanciata a favore delle tesi del cardinale Kasper. Da ultimo c’è la preoccupazione che invece di pensare a «rafforzare la dignità del matrimonio e della famiglia» ci si concentri soprattutto sulla questione della comunione ai divorziati risposati, un tema che metterebbe in discussione l’identità stessa della Chiesa cattolica. 

Tra i firmatari troviamo i nomi dei cardinali Gerhard L. Müller, prefetto della Dottrina della Fede, Robert Sarah, prefetto al Culto divino, Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, Timothy Dolan, arcivescovo di New York, e il cardinale australiano Pell, prefetto in Vaticano della segreteria per l’economia. 

Il giallo della lettera si è aperto perché l'elenco di firmatari pubblicato, quello che inizialmente prevedeva 13 cardinali, poi, nel corso della giornata, si è andato via, via assottigliando. Quattro di loro hanno smentito di aver messo la firma: Angelo Scola, arcivescovo di Milano, Andre Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, Mauro Piacenza, Penitenziere maggiore, e il Relatore generale del Sinodo, l’ungherese Peter Erdo. Di fronte a queste smentite è stato spontaneo chiedersi: ma, allora, questa lettera è autentica o è una bufala?

La risposta non è banale perché si tratta di un documento a suo modo dirompente, perché esprime formalmente un forte disagio, per non dire malumore, sulla modalità di conduzione del Sinodo, anche memori di quanto accaduto un anno fa. A quanto apprende la Nuova Bussola quotidiana in realtà una lettera c'è stata ed è stata consegnata direttamente nelle mani del Pontefice il giorno di apertura del Sinodo. Questo, in effetti, spiegherebbe meglio l'inaspettato intervento di martedì scorso tenuto da Francesco nell'Aula nuova. Un intervento che in modo deciso rimandava al mittente dubbi e perplessità, concedendo solo all’invito di non concentrarsi principalmente sul tema dei divorziati risposati.

Non è invece chiaro né il numero e nome dei firmatari né l’esatto contenuto della lettera. Ieri sera infatti, il cardinale Wilfred Fox Napier – che figura nell’elenco dei 13 – ha detto di aver sì firmato un documento ma che non corrisponde a quello pubblicato sul blog di Magister. Napier sostiene di aver sottoscritto un documento che esprimeva preoccupazione per la composizione della commissione incaricata della relazione finale – punto comunque presente nella lettera incriminata -. Del resto un portavoce del cardinale Pell – probabilmente uno dei promotori dell’iniziativa – ha poi precisato che la lettera pubblicata presenta alcuni errori sia nel testo sia nelle firme. È probabile dunque che a Magister sia arrivata una versione non definitiva, che include anche un numero di cardinali “vorrei ma non posso”, ovvero d’accordo sul contenuto ma restii ad apporre la firma. Ad ogni modo il numero dei firmatari non è ancora chiaro, perché ai 9 superstiti (Caffarra, Collins, Dolan, Eijk, Muller, Napier, Pell, Sarah, Urosa Savino) probabilmente si deve aggiungere qualche altro nome per ora sconosciuto. 

Ciò che è comunque assodato è che un certo malumore e insoddisfazione sia piuttosto diffuso per manovre che appaiono orientate a «risultati predeterminati», anche se la “stampa di regime” sta cercando di far passare l’idea che ci sia un manipolo di “cospiratori” che vogliono dare un’idea “mediatica” del Sinodo; mentre all'interno tutto filerebbe liscio e senza problemi. Al contrario, nella stessa dichiarazione con cui parlava di errori nel testo e nelle firme della lettera pubblicata, il portavoce del cardinale Pell denuncia apertamente «elementi di minoranza» che «vogliono cambiare gli insegnamenti della Chiesa sulle dovute disposizioni necessarie per la ricezione della Comunione». E il problema nasce perché curiosamente questi elementi di minoranza sono gli stessi che guidano la segreteria del Sinodo e compongono in gran parte la commissione per la relazione finale.

E a proposito della relazione finale, anche qui si sta creando un giallo che ieri ha avuto ulteriori sviluppi. Sabato scorso infatti al  briefing con la stampa, il portavoce vaticano padre Lombardi  aveva detto che «non abbiamo la certezza di come avverrà la conclusione, cioè se ci sarà un documento finale. Vediamo se il Papa darà delle indicazioni precise». Affermazione sorprendente visto che la relazione è prevista nel calendario del Sinodo. Ieri mattina, invece, lo stesso padre Lombardi è tornato sui suoi passi e ha detto che un documento finale ci sarà, e che «sarà consegnato al Papa che dovrà poi decidere sul da farsi». 

Anche su questo però la Nuova Bussola apprende che molto probabilmente non si tratterà della consueta “relatio finale”, con singole proposizioni da mettere al voto, ma un documento discorsivo, che dovrebbe essere votato in blocco. Insomma un testo che – per essere accettato da una maggioranza qualificata – sarebbe necessariamente generico, lasciando nell’indeterminatezza le questioni più dibattute. E sarebbe una conclusione davvero sorprendente dopo quasi due anni di dibattito acceso.