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BALLOTTAGGI

Sinistra divisa, effetto Berlusconi sul centrodestra

Nei ballottaggi di domenica, tutto lascia supporre che l’esito si giocherà sul filo del rasoio. A sinistra, la formula degli apparentamenti non sembra funzionare. A destra si conta sull’effetto Berlusconi, cioè l’impatto emotivo che la malattia dell’ex Cavaliere potrebbe avere sull’elettorato. 

Politica 14_06_2016
Silvio Berlusconi

A cinque giorni dal ballottaggio che assegnerà la guida delle grandi città al centrosinistra, al centrodestra o al Movimento Cinque Stelle, rimane incerta la geografia delle alleanze e si ha sempre più la sensazione che gli elettori voteranno in modo libero e senza seguire più di tanto le indicazioni dei partiti esclusi dal secondo turno. Tutto lascia supporre che l’esito si giocherà sul filo del rasoio, sulla base di una serie di fattori: anzitutto il meteo, che potrebbe favorire un esodo in massa verso i luoghi di villeggiatura, complice la chiusura delle scuole, e alimentare quindi l’astensione; in secondo luogo, l’incisività degli appelli dei candidati negli ultimi giorni, volti a conquistare gli indecisi.

Ma esistono anche altri elementi che già ora possono far pendere la bilancia in favore dell’una o dell’altra forza politica o coalizione. A sinistra, per la prima volta, la formula degli apparentamenti non sembra funzionare. Troppo divisiva la figura di Renzi, percepito come distante da un’ampia fetta di popolo della sinistra. A farne le spese potrebbero essere i candidati più renziani, come Sala a Milano e Giachetti a Torino. Per decenni le elezioni amministrative hanno regalato quasi con regolarità la vittoria allo schieramento di centrosinistra proprio grazie al secondo turno, quando le diverse anime di quell’area politica si ricomponevano, mentre il centrodestra non si dimostrava aggregante e sovente al ballottaggio raccoglieva meno voti che al primo turno. 

Oggi la situazione si è capovolta: il cosiddetto “Fronte di liberazione nazionale” da Renzi, che nel segreto dell’urna potrebbe costituirsi tra elettorato grillino ed elettorato di centrodestra, mira a far perdere la sinistra. Nelle principali città chiamate al voto ci sono chiari segnali in questa direzione. Senza trascurare quello che alcuni analisti politici definiscono l’”effetto Berlinguer”, cioè l’impatto emotivo e di solidarietà che la malattia di Berlusconi potrebbe avere sull’elettorato di centrodestra, ricompattandolo e rimotivandolo, e su quanti non hanno ancora deciso se andare a votare e per chi votare.

Nella capitale la sfida è tra Raggi e Giachetti. Nessuno dei due ha fatto apparentamenti, ma la prima ha incassato l’endorsement di Salvini e la non belligeranza di Fratelli d’Italia e di altre componenti del centrodestra, oltre che l’equidistanza di Berlusconi («Voterei scheda bianca»), mentre il candidato Pd non è riuscito a convincere né Marchini né Fassina a sostenerlo. Risultato: la grillina è lanciatissima verso la conquista del Campidoglio.

A Milano situazione decisamente più incerta. Sala sperava in un apparentamento con la lista di sinistra guidata al primo turno da Basilio Rizzo, che però ha escluso quest’ipotesi. Per lusingare i settori più estremi della sinistra, l’ex manager Expo ha annunciato nelle ultime ore il coinvolgimento, in caso di vittoria, di Gherardo Colombo, Umberto Ambrosoli e perfino del conduttore radiofonico Linus. Ma altri uomini di sinistra, come Dario Fo e Nando Dalla Chiesa, sono molto critici verso Sala; addirittura il drammaturgo si è dichiarato «tentato dal voto a destra per Parisi». Parisi, dal canto suo, si mantiene equilibrato, non fa anticipazioni sulla sua squadra di sindaco, in caso di successo, e mostra una sufficiente autonomia dai partiti. 

Perfino a Bologna, storica roccaforte rossa, il sindaco uscente Merola fa fatica a trovare altri compagni di viaggio oltre i verdi. Le liste più di sinistra hanno deciso di non fare apparentamenti con lui e hanno criticato la sua gestione comunale degli ultimi cinque anni. La leghista Borgonzoni confida nei voti dell’ex esponente del suo partito, Bernardini, che al primo turno ha raccolto il 10% dei consensi e anche nei consensi dell’area centrista che fa capo al ministro dell’ambiente, Galletti. Quest’ultimo, in un’intervista, ha dichiarato la sua equidistanza dai due candidati e ha assicurato che, pur stando al governo con la sinistra renziana, non appoggerà Merola.

Infine Torino. Piero Fassino non riesce ad allargare i confini della sua coalizione a sinistra e può solo sperare che spontaneamente gli elettori delle forze di estrema sinistra gli diano fiducia al secondo turno. La pentastellata Appendino, invece, può già contare sull’appoggio dichiarato dell’ex forzista, Roberto Rosso, che domenica 6 giugno ha raccolto il 5% dei voti, e confida anche nei voti del forzista Osvaldo Napoli. Anche la Lega la voterà convintamente, per espressa dichiarazione del segretario Salvini.

Forse è per quest’insieme di incognite e di fattori obiettivamente sfavorevoli che Renzi vola basso e insiste nel dire che il ballottaggio di domenica prossima sarà in ogni caso «solo un voto locale» senza riflessi sul suo governo? Ma sulla segreteria del Pd potrebbe non avere effetti un “cappotto” con sconfitte nelle quattro principali città?