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MEDIORIENTE

Silenzi incrociati sulle persecuzioni dei cristiani

L’ Occidentale e soprattutto determinati Paesi (Stati Uniti, Regno Unito e Francia) hanno la responsabilità dell'esodo progressivo delle comunità cristiane dal Medioriente. Ma anche le massime autorità islamiche sono da condannare per il loro colpevole silenzio dinanzi alla persecuzione delle minoranze (cristiana e yazida su tutte) in Iraq. Lo ha detto Sua Beatitudine Ignace Youssef III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri.

 

Libertà religiosa 30_01_2016
Sua beatitudine Ignace Youssef III Younan, patriarca di Antiochia dei Siri.

Nella conferenza stampa tenuta giovedì a Roma da Sua Beatitudine Ignace Youssef III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri, nell'ambito di un evento organizzato dalla Fondazione di diritto pontificio "Aiuto alla Chiesa che soffre", il presule ha descritto la situazione corrente in Siria e Iraq, Paesi ormai dilaniati da anni di guerra civile. Due le direttrici su cui si è sviluppata la riflessione di Younan: da una parte ha criticato aspramente il comportamento occidentale tenuto nell'ultimo quindicennio, addebitando agli "interessi" di determinati Paesi (Stati Uniti, Regno Unito e Francia) la responsabilità dell'esodo progressivo delle comunità cristiane dal Medioriente. Dall'altra, ha biasimato il silenzio delle massime autorità islamiche dinanzi alla persecuzione delle minoranze (cristiana e yazida su tutte), ricordando come egli stesso in passato abbia chiesto al muftì del Libano perché sciiti e sunniti non organizzassero un raduno comune per dissociarsi e condannare quanto perpetrato dai miliziani dello Stato islamico. 

Ma Younan ne ha avuto anche per quegli "ecclesiastici" occidentali che non hanno avuto il coraggio di prendere chiaramente una posizione sul tema: «Nel 2012 il Patriarca ortodosso Kirill venne in Siria e Libano e disse “noi difendiamo la libertà religiosa per tutti in Medioriente nello stesso modo in cui tali libertà sono difese in Russia”» Kirill, in sostanza, ha confermato la linea che va per la maggiore nelle gerarchie orientali, anche cattoliche, assai meno prudenti rispetto alla Santa Sede nell'addebitare al fondamentalismo islamico la responsabilità di quanto sta accadendo in quelle terre. 

Per rimanere in Italia, avevano fatto rumore le dichiarazioni di monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, che tra un'intervista e una comparsata televisiva, lo scorso agosto faceva sapere che bisogna «mettere da parte angoscia distruttiva e fandonie della guerra santa. Non c’è alcun pericolo rispetto alla nostra identità di fede. L’islam non vuole cancellare le radici cristiane in Occidente». A qualche fuso orario di distanza, il Patriarca di Babilonia dei caldei, mar Louis Raphael Sako – che a differenza di Mogavero fa i conti quotidianamente con le bombe –auspicava l'intervento di truppe di terra per schiacciare il cancro califfale e criticava il silenzio del leader sciita Al Sistani. 

Ignace Youssif III Younan ha anche toccato la questione migratoria, in particolare in riferimento all'Europa, che a suo dire ha sottovalutato l'emergenza: «Le buone intenzioni non bastano, se non si è in grado di prevedere che i tagliagole (se sarà data loro la possibilità) porteranno ovunque il fanatismo. I musulmani che vogliono andare in Europa devono integrarsi, separando religione e Stato, cosa che finora non hanno fatto. Sono educati così da bambini – ha aggiunto il patriarca di Antiochia dei siri – e se non hanno il coraggio di cambiare, significa che c'è qualcosa che non va. I Paesi dell'Est europeo l'hanno capito, ed è per questo che chiedono di privilegiare i profughi cristiani». 

Che la situazione sia complessa lo dimostra anche quanto sta accadendo al campo di Grande-Synthe, nel Nord-Pas-de-Calais-Picardie, in Francia. Come ha scritto sul Foglio di venerdì Mauro Zanon, in quel campo «c'è infatti chi non è ben accetto e non per quello che fa, ma per quello che è: i cristiani, che secondo numerose testimonianze e dichiarazioni degli ufficiali di polizia che sorvegliano il campo sarebbero quotidianamente “martirizzati” dai migranti musulmani».

La testimonianza più sconvolgente, aggiunge il quotidiano, è quella rilasciata dal pastore Daniel O. (pseudonimo): «I cristiani iraniani sono costantemente perseguitati dai rifugiati musulmani. Gli stessi pastori della Chiesa protestante di Saint-Pol-sur-Mer, che lavorano nel campo, hanno confermato questa situazione». Non mancherebbero episodi specifici di violenza: «Hanno rotto il naso a un giovane cristiano, altri sono stati aggrediti a colpi di coltello». Una situazione che aveva fatto sbottare il pastore: «Trovo inammissibile che i nostri fratelli fuggiti dai tagliagole dello Stato islamico siano minacciati a casa nostra senza che nessuno li protegga».