Siamo alla ricerca dell’eroe perduto
“Un eroe” di Farhadi e “Supereroi” di Genovesi: due film recenti che rivelano la nostalgia di figure eccezionali nella nostra vita quotidiana, anche per consolarci delle innegabili sconfitte di quest’epoca di pandemia. Ma in realtà ci propongono eroi fragili e incompleti, che mostrano l’inconsistenza della pretesa di poter dominare la propria vita o quella degli altri.
Sarà perché i nostri sono tempi veramente ardui e complicati, o forse perché le conquiste dello scintillante progresso scientifico non ci bastano più (gli strepitosi vaccini in realtà ci fanno ammalare ancora e non hanno affatto sconfitto un’epidemia che non sembra finire), ma abbiamo più che mai bisogno di gente davvero in gamba. Di eroi insomma. E il cinema ce ne propone diversi, in contemporanea. Cominciamo da un modello che appartiene a un mondo lontano dalle sicurezze occidentali e quindi tanto più interessante, perché deve affrontare le difficoltà della vita in un Paese - l’Iran - più confuso, arretrato e sicuramente meno felicemente “democratico” rispetto alle società europee.
Premiato al Festival di Cannes il film Un eroe, l’ultima fatica di Asghar Farhadi, è la storia di un uomo ordinario che diventa, suo malgrado, un esempio per tutti per un atto di altruismo. Rahim, così si chiama il protagonista, condannato per un debito che non è riuscito a pagare, esce di prigione per un permesso di due giorni. Vorrebbe convincere il suo creditore, l’ex cognato, a ritirare la denuncia versandogli una parte della somma dovuta; sembra davvero un brav’uomo, dai modi gentili con il figlio balbuziente e con la donna con cui vorrebbe ricostruirsi una vita dopo che la moglie l’ha abbandonato. Ed ecco, all’improvviso, un colpo di fortuna: la compagna trova per caso una borsa piena di monete d’oro che gli permetterebbero di cominciare a restituire il denaro dovuto. Problema risolto dunque? Niente affatto, la coscienza non glielo permette: quei soldi non sono suoi e quindi Rahim decide di riconsegnarli alla legittima proprietaria. Si impegna dunque, con l’aiuto della sorella, a trovare chi ha smarrito quel piccolo tesoro, e ci riuscirà, prima di rientrare in cella. I media e le autorità della prigione vengono a sapere del suo gesto altruistico, e lui diventa improvvisamente un eroe. Sono in molti a pensare di poter sfruttare a loro vantaggio il gesto di bontà del carcerato, ma in verità per lui basta aver recuperato la sua reputazione (che appare così importante nella società iraniana, dove tutti ti guardano e ti giudicano). Purtroppo la macchina infernale della burocrazia e dei social, che cosi rapidamente l’aveva innalzato al livello dell’uomo-modello morale per tutti, altrettanto velocemente lo stritola.
Rahim, da persona semplice qual è, non conosce i meccanismi dell’esibizione pubblica, che infatti lo travolgeranno inesorabilmente. La popolarità del nuovo ”eroe” generoso e acclamato suscita invidie, aspettative e alla fine distrugge proprio chi in fondo ha semplicemente ascoltato la sua buona coscienza. L’uomo senza macchia in realtà non esiste, e neanche Rahim lo è, ma il suo totale fallimento sarà una punizione fin troppo dura per chi, come lui, non avrebbe nemmeno voluto diventare un eroe. Soprattutto se si considera poi tutto quello che comporta l’essere portati alla ribalta nel mondo della “buona reputazione”, in particolare nelle comunità islamiche, come nell’Iran del film, dove tra l’altro tutti i rapporti sono ossessivamente accompagnati dalle parole “Dio ti benedica”, anche quando in realtà si esercita il dominio assoluto sull’altro, malgrado ci si rivolga a lui con toni apparentemente fin troppo educati e rispettosi. È una distorsione della verità, che in realtà avviene anche nella società dell’immagine occidentale, dove un video può letteralmente rovinare una persona. Ma ciò che conta per Rahim è l’onore, al prezzo di qualunque ipocrisia. E lui lo vuole recuperare a tutti i costi. Persino di fronte a chi mette addirittura in dubbio che il ritrovamento delle monete sia stato casuale e quasi lo considera un ladro… In un attimo l’eroe cade dal piedistallo, non si capisce nemmeno più chi siano davvero i buoni e i cattivi, i media e l’opinione pubblica creano e distruggono in un lampo, senza che lui nemmeno se ne accorga.
Altrettanto fragili sono i Supereroi di Paolo Genovese in cui i protagonisti - Anna e Marco - si ritengono tali perché la loro storia resiste al tempo che passa. Anche qui si tratta di una versione ridotta dell’eroe, che semplicemente si impegna a far durare l’amore tutta una vita, cosa oggi talmente desueta da diventare un’impresa eccezionale. E dire che fino a qualche decennio fa la fedeltà in un rapporto affettivo era considerata un valore comune, generalmente desiderato e perseguito. Ma il regista ha il merito di mostrare che i due “supereroi” si amano davvero, tra alti e bassi, e sono disposti anche a soffrire per costruire qualcosa che li avvicini all’eterno. Senza avere alcun reale super-potere, come accade invece, per esempio, in Spider-Man: No Way Home, la pellicola campione d’incassi delle ultime settimane. Dunque chi è davvero l’eroe oggi? Certamente tutti sentiamo il bisogno di dare un senso grande alla nostra vita e questo è sicuramente l’aspetto veramente eroico della nostra esistenza. Ma come realizzarlo se non è sufficiente il riconoscimento degli altri, tanto meno dei social, e non abbiamo purtroppo alcun superpotere? Proviamo a guardare qualche esempio tratto dalla cronaca. Uno su tutti quello della madre afghana che, avanzando a fatica in una bufera di neve alla ricerca di un mondo migliore per la sua famiglia, ha ceduto le calze ai figli per coprire le loro manine. È morta assiderata al confine tra Iran e Turchia, ma il suo atto eroico, il suo sacrificio, li ha salvati.
“Era necessario che il quotidiano diventasse eroico e l’eroico diventasse quotidiano” ha affermato San Giovanni Paolo II riferendosi a San Benedetto. Allora come oggi forse solo questa è la strada del vero eroismo e questi sono i veri eroi, quelli che cercano di vivere con pienezza la loro vita di tutti i giorni in una prospettiva di amore e misericordia che ci renda capaci di gesti di generosità e tenerezza inauditi. Così potranno esserci perdonate le nostre debolezze che non riusciamo a cancellare.