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L'EDITORIALE

Sguainare le spade per affermare la realtà

Un esperto rivela: avevamo previsto la grande siccità nel Corno d'Africa. Ma i governi e l'Onu hanno seguito i modelli climatici che prevedevano maggiori piogge. La crisi delle nostre società è proprio in questa incapacità di stare davanti alla realtà per seguire schemi ideologici.

Editoriali 19_08_2011

Esiste da anni negli Stati Uniti un centro che si occupa di prevedere a livello internazionale le possibili crisi alimentari, come quella in corso nel Corno d’Africa. Si chiama Famine Early Warning Systems Network (Fews Net) ed è stata creata dall’Agenzia governativa Usa che si occupa di aiuti internazionali (Usaid). Lo scopo è quello di prevenire disastri umanitari come quelli che colpirono a metà degli anni ’80 Etiopia e Sudan, quando morirono per la fame circa un milione di persone. Questi esperti tengono sotto osservazione i paesi più poveri, ovvero quelli dipendenti dalle condizioni climatiche per la loro sussistenza, in modo da indicare dove ci sarà più bisogno di aiuti alimentari.

Ci si chiederà: come mai allora non hanno previsto e prevenuto questa emergenza alimentare nel Corno d’Africa? La risposta – imbarazzante – l’ha data uno dei responsabili del Fews Net, Chris Funk, sulla rivista Nature. L’emergenza era stata ampiamente prevista, era già stato dato un avvertimento l’anno scorso e ancora due mesi fa, all’inizio di giugno. Ma nessuno vi ha prestato attenzione.

Perché? Sostanzialmente perché i modelli climatici dell’Ipcc (la Commissione intergovernativa sui cambiamenti climatici che in questi anni ci ha martellato con continui allarmi sul riscaldamento globale) prevedevano per l’Africa orientale una tendenza a piogge crescenti. Così governi e agenzie internazionali, dovendo scegliere tra chi osserva la realtà e le simulazioni al computer ha scelto queste ultime. Con le conseguenze che possiamo apprezzare oggi.

Dice Funk: l’estate scorsa fu annunciata la Niña (un fenomeno tipico oceano-atmosfera che per alcuni mesi abbassa le temperature del Pacifico con una serie di conseguenze meteorologiche che interessano gran parte del mondo) e quindi avvertimmo che l’Africa Orientale sarebbe andata incontro a un periodo di forte siccità. I motivi erano essenzialmente tre: normalmente la Niña è associata a una diminuzione di piogge nel Corno d’Africa tra Ottobre e Dicembre; i dati raccolti mostravano già una tendenza nell’ultimo decennio a una rilevante diminuzione delle piogge che, associata all’aumento dei prezzi alimentari, aveva reso la popolazione più vulnerabile; terzo, le ricerche hanno messo in relazione il riscaldamento in atto nell’Oceano Indiano con una diminuzione delle piogge in Africa orientale tra marzo e giugno, cosa che avrebbe amplificato gli effetti della Niña.

A confermare i timori l’autunno del 2010 ha visto arrivare piogge scarse, che quindi rinviavano alla primavera la speranza di piogge per la raccolta successiva. Ma aprile non è piovuto, a maggio nemmeno. A quel punto, prevedendo il peggio, Fews Net ha pubblicato un secondo avvertimento il 7 giugno affermando, a proposito del Corno d’Africa: “Siamo davanti alla più grave emergenza alimentare oggi nel mondo, e l’attuale risposta umanitaria è inadeguata”.

Ancora silenzio, fino allo scoppio della crisi. Il resto è cronaca di queste settimane. Si rimane giustamente basiti a leggere queste cose, e ancor più a vedere che tali notizie – che dovrebbero generare uno scandalo – passano completamente inosservate. Ma in fondo è più facile e remunerativo gestire le emergenze, con grandi agenzie internazionali che esistono solo per questo.

Ma c’è qualcosa di più. Ancora Chris Funk spiega che in fondo basterebbe poco per prevenire  le carestie, sostanzialmente aumentare i punti di osservazione del clima a livello regionale. Invece, la realtà è che i punti di osservazione stanno diminuendo. Per chi confida nei modelli matematici la realtà sta diventando sempre più un optional. Eppure tutti sanno che l’affidabilità di una simulazione al computer è direttamente proporzionale ai dati reali che vi si immettono.

E’ qui il punto: la deriva della nostra società occidentale sta proprio in questa incapacità di stare davanti alla realtà, che invece si vuole ingabbiare in schemi ideologici. Sia che si parli di clima sia che si parli della natura di uomo e donna o dell’uomo in rapporto agli animali e alla natura, ciò che oggi domina è lo schema ideologico. La semplice osservazione e proposizione della realtà è considerata un’eresia dalla mentalità dominante.

Il grande G. K. Chesterton lo aveva già previsto quasi un secolo fa: “Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l'incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l'erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto”.
 
Quell’ora di sguainare le spade per affermare l’evidenza è proprio arrivata.