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MEDIASET

Sentenza Berlusconi, pagheranno Pd e governo Letta

Condanna confermata a metà, il rinvio dell'interdizione dai pubblici uffici non chiude definitivamente la partita. Gli scenari politici restano incerti, ma ora sarà più difficile evitare l'implosione del Pd. E anche il governo Letta rischia molto.

Editoriali 02_08_2013
Silvio Berlusconi

La sentenza della Cassazione sul processo Mediaset apre scenari incerti per il futuro della seconda Repubblica e conferma i timori della vigilia. L'annullamento della sentenza d'appello di condanna di Berlusconi avrebbe forse spinto i falchi del Pdl a forzare la mano e a far cadere il governo Letta per andare ad elezioni anticipate. La conferma integrale della sentenza di condanna avrebbe comportato la più o meno immediata interdizione dai pubblici uffici del leader del centrodestra, avrebbe fatto certamente cadere il governo e provocato uno tsunami nei rapporti tra Pdl e Pd.

La strada scelta da Piazza Cavour rimanda di qualche mese il problema. L'annullamento della pena accessoria (interdizione dai pubblici uffici) nell'attesa che la Corte d'appello di Milano ne ridetermini l'entità potrebbe comportare anche la sospensione della pena detentiva. La Procura di Milano potrebbe decidere di sospendere la pena detentiva di 4 anni (tre anni condonati per l'indulto), nell'attesa della quantificazione della pena dell'interdizione dai pubblici uffici (da uno a tre anni, anziché i 5 inizialmente inflitti dalla Corte d'Appello di Milano).


Peraltro, gli avvocati del Cavaliere potrebbe impugnare la decisione della Corte d'Appello di Milano sulla quantificazione della pena accessoria. In questo modo, Berlusconi avrebbe almeno altri sei mesi-un anno di "agibilità" parlamentare e politica e il suo eventuale ritiro dalla vita politica dovebbe essere posticipato fino a gennaio-giugno 2014. A quel punto, il Parlamento non potrebbe forse più essere sciolto, visto che in primavera sono in calendario le elezioni europee (secondo alcuni non "accorpabili" alle elezioni politiche) e il primo luglio inizierà il semestre italiano di presidenza dell'Unione europea. Ecco perché gli scenari politici futuribili sono tutt'altro che scontati. Se il Pdl, per solidarietà nei confronti del suo leader eventualmente condannato ad abbandonare il Senato, scegliesse la via dell'Aventino, si potrebbero costituire altre maggioranze di solidarietà nazionale o di emergenza, magari con parte dei grillini, o con l'appoggio esterno o l'astensione del Movimento Cinque Stelle e a quel punto la legislatura potrebbe durare almeno fino al 2015.

I ruoli sulla scena elettorale potrebbero invertirsi e a fare politica e mobilitazione popolare fuori dal Parlamento potrebbe essere lo stesso Berlusconi, mentre Grillo, sia pure attraverso le sue truppe e non direttamente, "entrerebbe" nelle istituzioni. Casaleggio ha smentito tempo fa l'ipotesi di un accordo Pd-Cinque Stelle,ma si sa che le promesse in politica sono fatte per essere disattese. Riecheggiano nel dibattito politico di queste ore le parole dell'ex tesoriere dei Ds, Sposetti, che in un'intervista, domenica scorsa, aveva profetizzato l'implosione del Pd in caso di condanna e uscita di scena di Berlusconi dalla politica.

L'antiberlusconismo rimane, infatti, l'unico collante del Pd, diviso sulle questioni di fondo e lacerato dai contrasti tra un cartello conservatore e i renziani che premono per primarie, congresso e rinnovamento. La dichiarazione di Epifani qualche minuto dopo la sentenza della Cassazione denota le difficoltà del segretario di quel partito di tenere in piedi una formazione politica condannata, in questa legislatura, ad allearsi con Berlusconi per impedire la defenestrazione del suo intero gruppo dirigente. Epifani rappresenta il tappo che impedisce e continuerà a impedire il rinnovamento della sinistra, il che fa gioco a Berlusconi e al centro-destra.

Sull'altro versante, il Pdl sta alla finestra. Berlusconi denuncia l'accanimento contro di lui e promette di rimanere in campo, appoggiando il governo Letta. In caso di interdizione di qualche anno, potrebbe anche valutare l'ipotesi di lanciare sulla scena politica sua figlia Marina, che avrebbe alcune frecce al suo arco: è una donna, abbastanza giovane, si chiama Berlusconi (e questo suscita sempre un certo richiamo su parte dell'elettorato "devoto") e ha un certo credito presso i poteri forti (Marina è nel cda di Mediobanca). Il passaggio a Forza Italia, annunciato per settembre, potrebbe essere il trampolino per Marina e un pretesto per ridimensionare (senza silurare del tutto) l'attuale nomenclatura pidiellina. Le sorti della politica italiana dipendono ancora una volta dalla magistratura, il che rappresenta un'anomalia di un Paese in cui la separazione tra i poteri rimane drammaticamente un'utopia. Alla faccia della volontà popolare.