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POLITICA

Senato, dalla sua riforma pende il governo (e il paese)

Sulla riforma del Senato, il governo Renzi si gioca il suo futuro. E il Parlamento italiano cambierebbe faccia. Napolitano interviene a gamba tesa a favore, tutte le opposizioni (interne ed esterne) si coalizzano per fermarla. E il premier, che sta perdendo la maggioranza su questo punto, potrebbe rispolverare il "patto del Nazareno" con Berlusconi.

Politica 10_08_2015
Il presidente del Senato

Renzi sembra atteso da un autunno davvero caldo. Lui vorrebbe ripartire a settembre dalla tanto attesa sforbiciata di tasse e dalla legge sulle unioni civili, per compiacere l'elettorato moderato da un lato e la minoranza dem dall'altro. Ma la questione più urgente per le sue ambizioni politiche rimane la riforma del Senato.

Per fare in modo che il referendum confermativo della riforma del Senato si svolga nella primavera 2016 (insieme alle elezioni comunali di Milano,Torino, Bologna, Napoli e forse anche Roma) e si trasformi quindi in un plebiscito su di lui,il Presidente del Consiglio deve far approvare definitivamente entro ottobre la legge che pone fine al bicameralismo perfetto. L'ex Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con una lettera inviata nei giorni scorsi al Corriere della Sera, nella quale invitava i partiti a non toccare nulla dell'attuale testo di riforma per impedire il naufragio della riforma stessa, ha cercato di aiutare il premier, in evidenti difficoltà. Ma questo ha prodotto due effetti. Anzitutto,dal Quirinale è filtrata una certa irritazione per l'entrata a gamba tesa di Napolitano nel merito delle riforme.Quelle parole hanno infatti messo indirettamente in discussione il "metodo Mattarella" (basso profilo e non ingerenza del Colle nei contenuti delle scelte del Parlamento). Il secondo effetto della sortita di "Re Giorgio" riguarda gli equilibri politici: si è saldata una nuova inedita maggioranza tra Movimento Cinque Stelle, Forza Italia, minoranza dem, Sel e Gal, che hanno presentato centinaia di migliaia di emendamenti al disegno di legge di riforma del Senato,con l'obiettivo di stravolgerlo, reintroducendo il Senato elettivo. Se passerà qualcuno di quegli emendamenti, il testo dovrà essere riapprovato da entrambe le camere e quindi i tempi si allungheranno nuovamente. E l'ipotesi è tutt'altro che remota,visto che calcoli attendibili parlano di 170 senatori favorevoli al Senato elettivo.

D'altronde Renzi non ha scampo: se è vero che non ha i numeri, nonostante l'appoggio dei verdiniani e di qualche ex grillino, è inevitabile che scenda a compromessi all'interno del suo partito.L'alternativa e' quella di resuscitare definitivamente il Patto del Nazareno, già ricollaudato con successo sulle nomine Rai, oppure addirittura quella della formazione di un "governissimo",attraverso uno stabile ingresso in maggioranza di Forza Italia, ammesso che Berlusconi lo voglia.Si tornerebbe,in questo caso,alle larghe intese sperimentate col governo Monti e riproposte con il governo Letta. La partita, dunque, è soprattutto politica e riguarda la sopravvivenza dell'esecutivo e la durata della legislatura. Nel Pd, più del desiderio di smontare la riforma Costituzionale, si percepisce la voglia della minoranza del partito di punire Renzi e di mandarlo a casa. Bersaniani e altre correnti anti-renziane intendono fermare il cambiamento per compromettere la governabilità e riaprire i giochi dentro il partito. Ma il rischio e' che l'elettorato non comprenda le ragioni di questo dissenso.Un conto sarebbe stato rompere con Renzi sul jobs act o sulla riforma della scuola, un conto sarebbe puntare i piedi sull'occupazione, sui tagli alla sanità o sulla riforma del fisco,altra cosa sarebbe far saltare un governo impuntandosi sul Senato elettivo,la cui importanza sfugge a gran parte dell'opinione pubblica,interessata a questioni di maggior impatto sociale.La scelta di questo terreno per mettere in scena lo scontro potrebbe quindi rivelarsi un boomerang per la minoranza dem. Tanto più se Renzi dovesse aprire all'ipotesi di un Senato "semi-elettivo", con indicazione dei nominativi dei futuri senatori nelle liste bloccate (cosiddetti "listini") delle elezioni regionali. Anche se passasse questa modifica, va precisato, il Senato cesserebbe in ogni caso di essere un vero soggetto politico capace di condizionare il governo. D'altronde lo spirito della riforma è proprio quello di togliere all'assemblea di Palazzo Madama gli attuali poteri di veto e di condizionamento dell'esecutivo.

Su questo punto Renzi si gioca buona parte del suo futuro e della sua credibilità. Le riforme che da Bruxelles chiedono all'Italia devono tradursi fondamentalmente nello snellimento dei processi legislativi e decisionali e nello smantellamento dell'elefantiasi burocratica che per decenni ha rallentato o addirittura paralizzato le fondamentali scelte strategiche.Se Renzi riuscira' in quest'impresa difficile e rischiosa, passera' alla storia come un profondo innovatore.Se dovesse fallire,finirebbe presto nell'anonimato,come i suoi ultimi predecessori.Ormai l'Italia non puo' piu' dipendere dai bizantinismi partitici e dai laceranti personalismi della politica.Ci sono cose inderogabili che vanno fatte e che non sono ne' di destra ne' di sinistra.Non e' in gioco un governo,non e' in gioco una legislatura,e' in gioco il futuro di un intero Paese.