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Agonia politica

Se Renzi non è benvenuto nemmeno nel campo largo

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Dopo le ultime batoste elettorali, Matteo Renzi ha deciso di entrare nel cosiddetto campo largo. Ma la base di Pd e Cinque Stelle non gradisce il leader di Italia Viva. Che appare poco credibile e in parabola discendente.

Politica 08_08_2024
Matteo Renzi (ImagoEconomica)

Osservando le ultime mosse di Matteo Renzi, verrebbe da dire che l’estate ha portato consiglio. L’ex premier ha infatti rotto gli indugi e, dopo le ultime batoste alle europee e alle amministrative fiorentine e gli infiniti ondeggiamenti ora a destra ora a sinistra, ha deciso di intrupparsi nel cosiddetto campo largo. Il ragionamento alla base di questa sua scelta è stato più o meno il seguente: nel centrodestra non avrei alcuno spazio, visto che Forza Italia e i centristi sono ben strutturati e con molti più voti di me, mentre il vuoto al centro c’è nel centrosinistra, con Pd, Avs e grillini schiacciati a sinistra; quindi posso essere determinante per bilanciare e riequilibrare al centro il campo largo, dando vita a una sorta di riedizione della Margherita.

In linea teorica si tratta di un’ottima mossa strategica perché è vero che il campo largo ha al momento un’anima segnatamente di sinistra-sinistra e i cosiddetti moderati farebbero fatica a trovarvi spazio senza una bandierina che li tuteli e ne rappresenti le istanze.

Ma questa mossa strategica arriva da un personaggio che in dieci anni è passato da quasi il 41% di voti alle europee del 2014 come segretario del Pd al 3,7%, in coalizione con altri partiti, del 2024, come leader di Italia Viva. Insomma, Italia Viva è una formazione politica del tutto ininfluente negli equilibri tra le due coalizioni. Anche su questo punto Renzi ha fatto una scommessa: una crisi del governo Meloni che acceleri la fine dell’attuale legislatura e porti ad elezioni anticipate nelle quali, in un sostanziale pareggio tra centrosinistra e centrodestra, il suo probabile milione di voti possa far pendere la bilancia in favore del centrosinistra. Peccato, però, che in quell’area politica siano in tanti a pensare che Renzi i voti, più che portarli, li faccia perdere e che dunque lui non possa essere il salvatore, bensì lo sfasciacarrozze del campo largo. La sua straordinaria attitudine a pretendere di comandare, anche senza avere i numeri, finisce per seminare zizzania tra gli alleati. E la sua elevata inaffidabilità, dimostrata negli anni, lo pone come un ostacolo alla coesione del centrosinistra anziché come una risorsa.

Elly Schlein è disposta a dargli credito, in nome del superamento dei veti, ma altri del Pd sono scettici e sostengono che debba essere messo alla prova. Giuseppe Conte di certo non si fida perché fu proprio Renzi, con un’operazione di palazzo, a disarcionarlo da Palazzo Chigi per far posto a Mario Draghi. Con Carlo Calenda, dopo il naufragio dell’esperimento del Terzo Polo, volano gli stracci e quindi il leader di Azione ha già dichiarato che con Renzi nel campo largo lui non ci starebbe di sicuro. Infine, last but not least, un sondaggio di Antonio Noto per Repubblica ha rivelato come la base dei due partiti maggiori del centrosinistra (Pd e M5s) gradisca poco il ritorno di Renzi e Calenda come alleati. Soprattutto verso il primo l’ostracismo e la diffidenza sono fortissimi.

Gli elettori di quella parte politica vanno capiti. Riascoltando le parole che Renzi e Calenda hanno pronunciato negli ultimi tempi e confrontandole con quelle che i due avevano pronunciato anni fa, si potrebbe realizzare un film comico di sicuro successo: contraddizioni, giravolte, trasformismi, arrampicamenti sugli specchi, ipocrisie, siparietti imbarazzanti. Basti pensare alla più celebre delle esternazioni dell’allora segretario del Pd nel 2016: «Se perdo il referendum, non solo vado a casa e mi dimetto da Palazzo Chigi, ma smetto di far politica». Una dichiarazione fatta in Parlamento, il luogo sacro della rappresentanza popolare e ripetuta più volte in Tv durante la campagna elettorale per il referendum costituzionale da lui proposto e sonoramente bocciato dall’elettorato. Renzi fa ancora politica e ha dunque offeso la dignità del Parlamento con quella solenne promessa non mantenuta. Il popolo l’ha capito e gli ha voltato le spalle, non votandolo più e riducendo ai minimi termini il suo consenso.

Ma Renzi non è l’unica gatta da pelare a sinistra. Il Movimento 5 Stelle sta per esplodere, vista la guerra tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte e le dichiarazioni sorprendenti di Davide Casaleggio, figlio del fondatore del Movimento, che nei giorni scorsi ha definito Conte «un perdente che colleziona sconfitte» e, soprattutto, ha pronosticato la morte del Movimento, ritenendolo ormai inutile e avvitato su sé stesso e sulle macchinose regole interne. Anche qui ci sarebbe da ricordare a Casaleggio che soltanto qualche anno fa, quando i grillini erano entrati nella “stanza dei bottoni”, fu proprio lui a profetizzare la fine del Parlamento e il trionfo della democrazia elettronica, ovviamente targata 5 Stelle.

Visto questo scenario, il centrodestra ha certamente vissuto momenti migliori ed è attraversato da innegabili tensioni interne, ma per avere una sinistra di governo bisognerà attendere ancora un bel po’.