Se ormai basta un'influenza per cancellare Messa e domenica
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Messa domenicale sempre più trattata come un servizio di cui fare a meno. Il parroco ha l'influenza e il diacono lo sostituisce. Non siamo in Groenlandia, ma nella Bologna di Zuppi. Tutti contenti, anche il sacerdote, che alla Bussola si rifiuta di spiegare se avesse chiesto ad altri confratelli di sostituirlo.
Via la domenica e via la Messa: dalle concessioni alle pretese il passo è breve. Ed è un passo che ha il volto sorridente dei preti à la page. A Bologna c’è un prete, anzi un vicario del vescovo Zuppi, che farebbe a meno sia della domenica sia della Messa.
Non è una iperbole. È tutto scritto nero su bianco sulle pagine del Resto del Carlino che mercoledì ha dato la notizia del parroco di Santa Maria della Carità, il quale ha incaricato il diacono di sostituirlo nella celebrazione della Messa. Il titolo del giornale è fuorviante: Parroco con l’influenza, il diacono dice messa: “Una pratica permessa, ma l’articolo corretto. Infatti, il diacono non ha celebrato Messa, ma a norma del canone 1248 ha tenuto una liturgia della Parola, assolvendo la comunità di Santa Maria della Carità dal precetto domenicale.
E il parroco? Lui, don Davide Baraldi, classe 1978, è persino parso entusiasta della soluzione escogitata dalla Comunità parrocchiale. Infatti, sembra proprio che a chiamare il diacono per la celebrazione della liturgia della Parola siano stati i fedeli della parrocchia, liberando così il parroco dall’incombenza di dover cercare un sostituto. Pratica, questa, che viene definita piuttosto complicata anche dallo stesso giornale per via dell’ormai endemica e buona per tutte le stagioni scusa della mancanza di preti.
Nell’articolo, infatti, il parroco non dice di aver cercato in tutti i modi un sostituto, però si dice entusiasta della trovata dei parrocchiani. Sentite che cosa riferisce al giornalista del Carlino. «È chiaro che nel mondo non sempre le comunità sono in grado di celebrare la messa col prete – spiega don Baraldi –. In Italia, che è un Paese ancora tradizionalista, il precetto ordinario è che la domenica si debba andare a messa. Ma anche all’interno della Cei su questo c’è dibattito e se n’è parlato anche nell’ultimo Sinodo. Credo sia anche più significativo che un ministro della stessa comunità celebri la liturgia festiva, rispetto a un prete magari sconosciuto che non conosce lo stile della comunità. C’è anche un valore in questo».
In un sol colpo, il parroco demolisce il precetto domenicale, informandoci tra l’altro che al Sinodo si è persino parlato di abolirlo mentre i nostri vescovi – carini – ne stanno persino dibattendo, e la stessa Messa, dato che con grande facilità ci informa che per lui è meglio che a celebrare la liturgia festiva sia un diacono della parrocchia, rispetto a un prete che non conosce lo stile della Comunità. L’obbligo domenicale? Roba da tradizionalisti.
Povera Eucarestia, barattata sull’altare di un non meglio precisato stile della comunità e ridotta a ornamento. Della serie: se il prete non c’è, pazienza. Meglio un "indigeno" che un forestiero. E povera Messa che diventa sempre più un servizio di cui fare a meno per cause di forza maggiore. Dalla mancanza di preti ad una semplice influenza il passo è breve e a farne le spese è sempre lei, la Messa, culmine della vita cristiana. Almeno un tempo.
Ma possibile che don Davide non abbia trovato un solo prete in tutta Bologna per sostituirlo domenica? Eppure, siamo nella diocesi del presidente della Cei, una delle città più grandi del Nord Italia, con un parco sacerdoti non certo esangue. Possibile che non si sia trovato neanche un sacerdote come se fossimo in Groenlandia?
È quello che la Bussola ha sommessamente chiesto al sacerdote, ricevendo in cambio una bella dose di misericordia, come è di uso in questo periodo da parte di certi sacerdoti che si mostrano molto aperti, ma stranamente chiusi con chi si permette di obiettare. «A voi non rispondo – ci ha detto don Davide - perché la Bussola è un giornale ampiamente conservatore con l’animo di dividere la Chiesa». Giù il telefono.
Eppure, avremmo voluto soltanto capire quanti confratelli gli avessero detto di no per giustificare una decisione così grave e magari approfondire se il vescovo Zuppi fosse stato informato che per una decisione dei parrocchiani la Messa in quel di Santa Maria della Carità era stata cancellata. Purtroppo, non ci è stata data la possibilità dal parroco, il quale, evidentemente misericordioso con tutti tranne che con noi, ha pensato di nascondere anche quei dettagli della vicenda che lo avrebbero potuto mettere in imbarazzo.
Rinunciare alla Messa e al prete, in fondo, fa capire non solo l’utilità di certi preti, ma anche il loro zelo e il loro amore per la dottrina, che calpestano con grande facilità e con l’arroganza di chi sa che tanto non gli succederà niente. In ogni caso, la sua posizione è piuttosto chiara: il sostituto non è stato granché cercato perché un laico "autoctono" sull’altare - sono parole sue - è meglio che un prete "foresto".
Intanto però, a proposito di rotture e divisioni, la prima vera rottura è stata fatta non dando ai fedeli ciò di cui ogni domenica hanno bisogno, cioè il santo sacrificio della croce. E la seconda è stata fatta abusando di una norma straordinaria, ma che si vorrebbe tanto far diventare ordinaria, stiracchiandola per i propri miseri fini. Ma di questo ovviamente don Davide non si sentirà di chiedere scusa, perché in fondo la sua presenza sul giornale ha accontentato il suo ego e le sue idee bislacche spacciate per dottrina e imposte ai fedeli come buone.
Però, chi divide, sono quelli della Bussola. Se avanzano lacrime, ridete o piangete, che è più o meno lo stesso.