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IMMIGRAZIONE

Se non aiutiamo il Mali a salvare i bambini emigranti

Pochi stati africani aiutano i loro emigranti a rimpatriare o li assistono all'estero. Uno di questi rari casi è il Mali. Il suo governo vuole impedire alle famiglie di costringere i loro bambini alla traversata del Sahara e del Mediterraneo. Ma, chiedendo collaborazione agli europei, ha trovato un assurdo ostruzionismo in Italia.

Esteri 29_08_2014
"Il mio Eldorado è il Mali" poster contro l'emigrazione irregolare

Sui governi africani non si può contare per contenere i flussi migratori. Ne sono anzi la causa principale: “nessuno va in cerca di terre d’abbondanza se vive in un paese dove non manca di nulla” scrivevano a maggio, nel 21° anniversario dell’indipendenza, i vescovi dell’Eritrea, oppressa e impoverita da un durissimo regime autoritario. Inoltre i governi africani contano sulle rimesse degli emigranti perché portano valuta estera e, molto opportunamente, attenuano le tensioni sociali e lo scontento popolare fornendo risorse vitali alle famiglie più povere e, alle altre, di che migliorare l’esistenza rendendo possibile l’acquisto di una casa, l’avvio di un’attività economica, qualche anno di scuola in più per i figli. Nel 2013 le rimesse degli emigranti africani hanno raggiunto i 32 miliardi di dollari, pari a circa il 2% del Pil del continente.

Tuttavia qualche governo africano incomincia a mostrare preoccupazione per la sorte degli emigranti: specialmente per quelli che si affidano ai trafficanti delle le rotte sahariane e che affrontano la traversata del Mediterraneo e quella, ancora più pericolosa, del Golfo di Aden.

Lo scorso ottobre l’Etiopia ha emesso un temporaneo divieto di espatrio dei propri cittadini, motivato dai rischi enormi e dalle tante vite perdute. Il mese successivo il Niger ha chiuso i campi gestiti dai trafficanti nel nord del paese, dopo il rinvenimento nel deserto di decine di emigranti morti di sete e di stenti mentre tentavano di raggiungere l’Algeria per imbarcarsi alla volta delle coste europee. Inoltre collabora all’assistenza degli emigranti che rinunciano ad attraversare il Mediterraneo e tornano indietro.

Adesso è la volta del Mali. Più di un quarto della popolazione maliana vive all’estero: quattro milioni su 15,8. In ragione di ciò nel 2004 è stato istituito il Ministero dei maliani all’estero di cui attualmente è responsabile il Ministro Abdramane Sylla: “esistiamo – spiegava a febbraio un portavoce ministeriale nel presentare i risultati di un’indagine sul fenomeno migratorio negli ultimi dieci anni – per assisterli, per esporre le loro richieste ai paesi che li ospitano, per migliorare la formazione dei giovani che vorrebbero emigrare, nella speranza che rinuncino o che, almeno, lascino il Mali con un buon diploma in settori in cui la domanda di lavoro è elevata. Inoltre, con il contributo dei paesi donatori, assistiamo i maliani espulsi che rientrano in patria”.

Una delle preoccupazioni del Ministero riguarda il numero di vittime tra gli emigranti che scelgono come meta l’Italia. Quasi ogni giorno – spiegava il 27 agosto il Ministro Sylla a un giornalista della BBC – giunge notizia di cittadini maliani morti nel Mediterraneo. Su una imbarcazione sovraccarica salpata dalla Libia a luglio viaggiavano 87 maliani: quando è affondata, se ne è salvato solo uno. Tra i deceduti, 17 provenivano dallo stesso villaggio.

Ad amareggiare il Ministro Sylla è in particolare il numero crescente di bambini costretti dalle famiglie ad affrontare la pericolosa traversata contando sul fatto che l’Europa non espelle i minorenni. “Quei bambini percorrono la stessa rotta degli adulti – Ouagadougou (capitale del Burkina Faso, n.d.A.), Niger, Ciad, Libia – poi li attende il mare. Arrivano sulle coste europee del tutto traumatizzati. Dobbiamo punire chi li manda, dobbiamo fermarli”.

Dopo una recente visita a Lampedusa, il Ministro Sylla ha deciso di prendere provvedimenti. Ha quindi presentato una proposta di legge in cui si prevedono pene severe per le famiglie che costringono i figli minorenni a emigrare. Ma c’è bisogno che l’Europa collabori. Mentre si trovava a Lampedusa, racconta il Ministro Sylla, si è interessato al caso di due bambini maliani di 10 e 12 anni sbarcati da soli, senza parenti adulti ad accompagnarli. Si è rivolto alle autorità italiane per saperne il nome in modo da poter rintracciare i loro genitori, ma gli è stato risposto che la legge italiana ne protegge l’identità.

Migliaia di maliani dipendono dal denaro inviato dai loro famigliari residenti all’estero per vivere. Si stima che ogni anno le rimesse degli emigranti ammontino a 350 milioni di dollari. I maliani e il loro governo devono abituarsi a farne a meno – sostiene il Ministro Sylla – per il bene di tutti e l’unico modo è impegnarsi nello sviluppo economico e sociale del paese.