Se ne va la Idem, esempio di malcostume
Evasione fiscale e massima disinvoltura per i contributi previdenziali: alla fine la Idem ha dovuto lasciare il governo. Ma la stampa le ha risparmiato il linciaggio mediatico riservato invece all'ex ministro Scajola, oltreutto risultato poi innocente.
La ministra per le pari opportunità Josefa Idem, costretta a dimettersi ieri sera, potrebbe rappresentare la classica buccia di banana sulla quale il neonato Letta inizia a scivolare, senza la possibilità di rialzarsi pienamente. L’episodio della ministra Idem è assai eloquente del malcostume che alberga nella classe politica e della percezione di impunità che pervade il personale politico.
Per quanto riguarda la vicenda della ministra Idem, tutto nasce con un sopralluogo tecnico presso la sua abitazione e la sua palestra. E l’accusa è molto chiara: aver eluso i pagamenti Imu grazie a false dichiarazioni (accatastamento della palestra come prima abitazione). L’ex campionessa olimpica risiedeva a Ravenna, fino al 4 febbraio 2013, in un’abitazione nella frazione di Santerno. Il marito e la famiglia risiedevano, invece, a pochi metri di distanza, in un’altra casa. L’espediente della doppia residenza, secondo il Comune, serviva alla Idem per pagare meno tasse sugli immobili. Su questo il comune di Ravenna è chiaro: «Con riferimento all’Ici risulta che i contribuenti hanno considerato abitazione principale sia il fabbricato di Carraia Bezzi che il fabbricato di Argine Destro Lamone, e conseguentemente non hanno corrisposto l’Ici per gli anni dal 2008 al 2011, fruendo dell’esenzione prevista per legge».
L'11 giugno scorso, funzionari del Comune hanno redatto un verbale di accertamento dell'illecito segnalando alcuni elementi da approfondire. E la reazione della ministra quale è stata? Una reazione tutta italiana, altro che spirito tedesco. La colpa di queste irregolarità? Sarà del geometra che ha adattato la casa in palestra, del commercialista che le ha compilato la dichiarazione dei redditi. «Non sono infallibile – ha detto l’esponente Pd in conferenza stampa, dove si è presentata “scortata” dal suo avvocato (non si era mai visto nella storia della Repubblica) – ma sono onesta e non permetterò a nessuno di dubitarne». Poi ha tranquillizzato (si fa per dire) la nazione. «Continuerò a impegnarmi per il bene del nostro Paese». E, poco importa che nei sondaggi due italiani su tre le chiedano invece di dimettersi. Dopo l’insistenza dei cronisti nel chiederle come si comporterebbe se venisse indagata per le vicende in cui è coinvolta («Si dimetterebbe o resterebbe?») la campionessa ha abbandonato la sala, lasciando al suo avvocato il compito di rispondere alle domande.
Ma, come si diceva, le grane per la Idem non sembrano finite qui. Da Ravenna un consigliere comunale di opposizione ha denunciato che nel 2006, prima della sua nomina come assessore allo sport, l’esponente Pd sarebbe stata virtualmente assunta dall’associazione Kajak, presieduta dal marito Guglielmo Guerrini, al fine di addebitare al Comune gli oneri previdenziali. Gli assessori che per svolgere la propria funzione si mettono in aspettativa dal proprio lavoro dipendente, hanno infatti gli oneri previdenziali pagati del Comune. L’ipotesi è che il rapporto di lavoro fosse “fittizio e strumentale”: l’associazione, infatti, ha avuto la Idem come prima e unica dipendente ed ha versato i contributi solo per dieci giornate di lavoro. Dopodiché, con l’aspettativa, per gli undici mesi in cui la Idem ha svolto il suo ruolo di assessore, gli oneri sono stati addebitati al Comune: complessivamente vennero versati 8.642 euro. Poi, del rapporto di lavoro con l’associazione, più nessuna traccia.
Una condotta a dir poco disinvolta che cozza con qualsiasi spirito di servizio e che avrebbe dovuto indurre fin dall’inizio la ministra a dimettersi. E invece lei ha resistito al suo posto, sbandierando la sua presunta onestà, continuando a ripetere: «Non lascio». Alla fine però ha lasciato dopo l'incontro con il premier, che l'ha indotta a rivedere la sua posizione. Comportamenti così scorretti non possono conciliarsi con l’etica pubblica e il buon costume nell’agire politico. Per fortuna anche dalla parte politica del ministro sono piovute richieste di sue dimissioni.
Ma certa stampa non è sembrata tanto impegnata a fare da “cane da guardia” e sembra affetta dal solito strabismo. Ricordiamo che all’indomani della costituzione del governo Letta, proprio l’ex sottosegretario alle pari opportunità, Biancofiore, dovette dimettersi e fu dirottata alla delega alla pubblica amministrazione per via di una legittima dichiarazione nella quale ribadiva la sua contrarietà ai matrimoni gay. E il mondo dei media la derise.
E il caso Scajola dovrebbe essere studiato nelle università italiane come spregevole dimostrazione di giornalismo spazzatura, come esecrando esempio di linciaggio mediatico senza possibilità di contraddittorio, senza nessuna volontà di approfondimento dei fatti. L’ex ministro dello sviluppo economico del governo Berlusconi, Claudio Scajola, alcuni anni fa è stato crocifisso per una frase infelice (“a mia insaputa”), da lui peraltro mai pronunciata, a proposito di una casa che gli sarebbe stata pagata in cambio di favori. Peccato che non siano mai stati dimostrati tali presunti favori e che, a distanza di due anni, chi lo accusava abbia ritrattato, ammettendo che l’esponente del centro-destra era assolutamente all’oscuro del versamento di una cifra aggiuntiva rispetto a quella da lui pagata per l’acquisto di quell’immobile.
E i media che per settimane intere hanno riempito le prime pagine per distruggere uno scomodo avversario politico hanno beatamente ignorato l’evoluzione di un’inchiesta che lo scagiona totalmente da ogni accusa. Eppure il primo dovere del cronista è quello della continuità dell’informazione, cioè di aggiornare la notizia fino alla sua conclusione naturale. Ma quella era un’altra stagione politica: l’ex ministro Giulio Tremonti non vedeva l’ora di sbarazzarsi dell’unico ministro capace di interloquire autorevolmente e a muso duro con lui in quel governo e nel Pdl un abile organizzatore come Scajola era visto come fumo negli occhi da tutti gli “yes man” che ora sembrano avere in mano un partito prossimo all’implosione. Dunque il “fuoco amico” è stato forse più insistente di quello “nemico”. Oggi, invece, sarebbero in pochi nel Pd e nel Paese a sentire la mancanza di un ministro così mediocre e imbarazzante come Josefa Idem.
* Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano