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il caso

Se la maestra arrotonda su OnlyFans il problema è il reclutamento

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Il caso della maestra della scuola cattolica che arrotonda su Onlyfans è la conseguenza dei vincoli legislativi che le scuole paritarie hanno nello scegliere liberamente il personale. Ed evidenzia un problema etico. Ma Pio XI ammoniva: «Le buone scuole sono frutto dei buoni maestri».

Educazione 22_03_2025

Nei giorni scorsi una giovane e graziosa maestra di una scuola materna parrocchiale di Varago di Maserada (Treviso), è stata travolta dalle polemiche dopo la scoperta del suo profilo su OnlyFans, nota piattaforma di contenuti per adulti, su cui si dilettava a caricare video e foto hot.

Come accade, purtroppo, in numerosi altri casi simili, la maestra utilizzava OnlyFans per arrotondare lo stipendio, offrendo contenuti a pagamento e avvalendosi del canale di Telegram per attirare un pubblico più ampio. Questa specie di “secondo lavoro” non veniva certamente divulgato nell’ambiente scolastico, ma la rete è la rete…, e i social si chiamano così proprio per la loro pervasiva diffusione.

Così, nonostante la tentata riservatezza sul suo “secondo lavoro”, qualche genitore  (probabile frequentatore di OnlyFans) l’ha riconosciuta e la vicenda, riportata inizialmente da Il Gazzettino di Treviso, è letteralmente esplosa, sollevando un gran polverone.

La scuola non è rimasta a guardare; la docente è stata convocata e messa di fronte a una scelta tassativa: smettere con i contenuti erotici o dire addio al posto di lavoro. Al momento però la maestra ha concordato, attraverso il suo avvocato, solo uno stop temporaneo fino alla conclusione delle consultazioni tra il suo legale e quelli della scuola, e pare intenzionata a non cedere: «Non lascerò mai io la scuola - ha dichiarato - non mi licenzierò mai io per prima, per principio. Sono ancora in attesa di capire come si concluderà questa vicenda, che comunque mi amareggia molto».

I genitori, da parte loro, ritengono che non sia accettabile che un’educatrice di un asilo parrocchiale mercifichi il proprio corpo, precisando che non si tratta di moralismo, ma di coerenza: una scuola con un’ispirazione cristiana dovrebbe contare su figure che incarnano i suoi valori. «Ognuno è libero nella vita privata, ma ci sono limiti», aggiungono, chiedendosi come sia possibile, a una persona con una doppia vita di questo genere, trasmettere valori educativi ai più piccoli.

Sulla questione è intervenuta in modo molto “democristiano” anche la Fism (Federazione Italiana Scuole Materne) di Treviso, sottolineando che «vicende delicate come questa vanno gestite con riserbo, per tutelare i diritti di tutti», ma anche anticipando che la Federazione sta lavorando a un codice etico che regoli l’uso dei social da parte degli insegnanti. Nella stessa direzione si sta muovendo anche il Ministero dell’Istruzione e del Merito, che ha recentemente aggiornato il Codice di comportamento nazionale per i dipendenti pubblici. Al suo interno è presente, infatti, una specifica sezione dedicata agli insegnanti e alla loro gestione dei social, nella quale si intima di «evitare dichiarazioni, immagini o commenti che possano danneggiare il prestigio o l’immagine dell'amministrazione». Insomma, il problema esiste.

Fin qui la cronaca. Occorre però fare anche qualche considerazione a margine di carattere più generale, perché questa vicenda, purtroppo, non deve stupire più di tanto, essendo la conseguenza di problemi di carattere ben più generale.

Occorre dire, innanzitutto, che nel settore delle scuole paritarie è stato inserito, con la Legge 62/2000, un obbligo che si è rivelato, nel tempo, fonte di gravissimi problemi, e cioè la necessità, per avere e mantenere il riconoscimento dello status di scuola paritaria (con i relativi finanziamenti, per quanto modesti), di reclutare solo personale con abilitazione all’insegnamento. In conseguenza di ciò, le scuole si sono trovate costrette ad attingere alle graduatorie statali per i propri insegnanti, assumendo di conseguenza persone che spesso hanno poco a che fare con gli ideali che hanno dato origine all’opera educativa. Così, se prima si potevano cercare e scegliere liberamente educatori di esemplare vita e moralità, un po’ alla volta è diventato sempre più difficile.

Un secondo problema è più di natura culturale e riguarda sia l’allentamento generale dei costumi, sia l’apertura, per le medesime scuole, a molteplici iniziative di carattere “educativo”, poiché sollecitate centralmente dalle direttive ministeriali e/o fortemente richieste dalle famiglie, sempre più interessate ad ambienti sicuri per i propri figli e sempre meno interessate ad una autentica educazione cristiana. Ci si trova così di fronte al paradosso (non riconosciuto come tale) per cui le stesse famiglie che si scandalizzano (giustamente) per la doppia vita hot di una educatrice, nulla dicono se ai bambini vengono offerti corsi di yoga, di educazione sessuale “inclusiva”, di ideologia green, e di ogni altra parola d’ordine propagata dal mainstream culturale.

Si è abbassato fortemente, insomma, il livello di guardia, per cui va bene tutto e anche nella ricerca del personale non si va più tanto per il sottile. Salvo poi ritrovarsi di fronte a sorprese sgradite. A questo allentamento della vigilanza in campo educativo, ha contribuito anche la situazione di grande confusione (pure a livello di morale) che regna oggi nella Chiesa, che va inevitabilmente a riflettersi anche all’interno delle scuole cattoliche.

In ultimo, una breve riflessione su quanto affermato dalla maestra e da tanti che la appoggiano affermando che nella vita privata uno è libero di fare quello che vuole. Se da un punto di vista pratico, infatti, questo è possibile e sacrosanto, occorre considerare che la persona è una realtà unitaria, e che ciò che fa e pensa inevitabilmente lo comunica col proprio essere. Una concezione di sé e del proprio corpo come oggetto da esporre e mercificare, non può non riverberarsi nel modo con cui si guarda il prossimo e, nel caso specifico di un educatore, i propri alunni. Giustificare la possibilità di facce (e attività) dissonanti nella medesima persona, porta a ipotizzare la sussistenza di una vera e propria dissociazione a livello personale e sociale.

A poco serviranno i codici e i regolamenti delle Federazioni o del Ministero. Il problema è ben più ampio, perché riguarda la frantumazione dell’io tipica della nostra cultura odierna e la perdita dei valori di riferimento che hanno guidato, per secoli, l’azione educativa del nostro popolo.

Scriveva un grande Papa, Pio XI, in una sua enciclica sulla educazione (Divini Illius Magistri, 1929):
«Le buone scuole sono frutto, non tanto dei buoni ordinamenti, quanto principalmente dei buoni maestri. Egregiamente preparati ed istruiti, ciascuno nella disciplina che deve insegnare, e adorni delle qualità intellettuali e morali richieste dal loro importantissimo ufficio, ardano di amore puro e divino per i giovani loro affidati, appunto perché amano Gesù Cristo e la Sua Chiesa».

Vale ancora, questa affermazione, o è solo espressione di un passato bigotto? Ognuno si interroghi e sia dia risposta.