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SOSPESO DALLA RAI

Se il giornalista che offese Salvini passa alla querela

Viale Mazzini sospende per 7 giorni Fabio Sanfilippo, il caporedattore del Giornale Radio Rai che a settembre offese su Facebook Matteo Salvini, mettendo nel mezzo anche la figlia minorenne. Ma il giornalista passa al contrattacco, querelando l’ad Fabrizio Salini e il leader del Carroccio. E la sinistra più ideologica lo difende. Eppure la deontologia professionale parla chiaro.

Attualità 16_11_2019

La vicenda del caporedattore del Giornale Radio Rai, Fabio Sanfilippo, che nel settembre scorso offese su Facebook Matteo Salvini sta assumendo contorni davvero esilaranti. L’azienda ha notificato al giornalista un provvedimento di sospensione per 7 giorni dal lavoro e dallo stipendio. Si tratta della sanzione massima prima del licenziamento.

Sanfilippo - lo ricordiamo - aveva pubblicato sul proprio profilo Facebook un’invettiva contro le politiche del leader della Lega, mettendo nel mezzo anche la figlia minorenne. «Certo vedere certi post e certe dirette mi fa tenerezza, tipo che vorrei mettere i croccantini o la mousse, se preferisci l’umido. Ma temo sia il tuo guru dei social che ti fa fare queste pessime performance, cacciamolo! Allora ti sei impiccato da solo, e questo è evidente. Io ne sono felice. […] Ora perderai almeno il 20, 25 per cento dei consensi che ti accreditano i sondaggi, lo sai? E che fai? Non hai un lavoro, non sai fare niente, non hai un seggio da parlamentare europeo, hai perso il posto da ministro, certo stai in parlamento, ma con la vita che ti eri abituato a fare tempo sei mesi ti spari nemico mio…», si leggeva tra l’altro nella bacheca Facebook del giornalista, che con riferimento alla figlia del leader leghista aggiungeva: «Mi dispiace per tua figlia, ma avrà tempo per riprendersi, basta farla seguire da persone qualificate».

Ora la Rai ha preso provvedimenti sacrosanti, ma ci sono giornali che li ritengono eccessivi e dettati da spirito di vendetta dei leghisti di viale Mazzini nei confronti di un giornalista ritenuto vicino alla sinistra.

Secondo Vincenzo Iacovino, il legale che assiste Sanfilippo, si tratta di «un provvedimento sommario preso senza adeguata motivazione, che fa riferimento alla contestazione disciplinare in cui la Rai dà per scontato che il post avesse un contenuto diffamatorio nei confronti di Salvini che però, guarda caso, dopo più di due mesi non ha querelato Sanfilippo. È una situazione paradossale in cui l’unico che dovrebbe sentirsi parte lesa non agisce e a farlo è invece un’azienda del servizio pubblico radiotelevisivo sul presupposto che il comportamento del suo dipendente abbia causato un danno di immagine, senza però spigare in cosa questo danno consista». Il legale del giornalista Rai ci vede una volontà punitiva già precostituita, quasi che a tramare fossero i vertici della Lega. Secondo lui «la Rai interviene e sanziona la libertà di opinione e di critica».

Il risvolto paradossale della vicenda non finisce qui. Iacovino e Sanfilippo hanno deciso di passare al contrattacco, querelando Salvini per aver definito “schifoso” il giornalista durante un comizio; il responsabile del personale e Fabrizio Salini, amministratore delegato della Rai, «per aver arbitrariamente e senza riserva alcuna definito diffamatorio il post di Sanfilippo nei confronti di terzi». «Auspichiamo l’intervento dell’Associazione della stampa romana della Federazione nazionale della stampa oltre che dell’Ordine dei giornalisti», dice Iacovino, «ma adiremo le vie legali rivolgendoci al giudice del lavoro e alla Procura della Repubblica perché accertino eventuali responsabilità in questa vicenda che riguarda la salvaguardia di un diritto garantito dalla Costituzione».

Fin qui le rimostranze del giornalista e del suo legale, che hanno ormai varcato il Rubicone e sono pronti a dare battaglia su tutti i fronti. E alcuni megafoni della sinistra ideologica stanno già prendendo le loro difese, per attaccare ancora una volta Matteo Salvini accusandolo di comportamenti censori.

Ma la realtà è ben diversa. Anzitutto verrebbe da chiedersi se quei giornali così indulgenti nei confronti di Sanfilippo avrebbero espresso le stesse valutazioni qualora, a parti invertite, il giornalista autore del post fosse stato considerato di centrodestra e il bersaglio politico fosse stato un leader della sinistra. Eppure Usigrai, Fnsi e alcuni parlamentari di sinistra, in particolare Michele Anzaldi (Italia Viva), segretario della Commissione parlamentare di vigilanza, la pensano all’opposto, anzi hanno tuonato contro i vertici Rai denunciando “due pesi e due misure”.

E poi va detto che i giornalisti, anche quelli della Rai, prima ancora che ai doveri aziendali, sono assoggettati al Testo unico dei doveri del giornalista, il riferimento cardine della deontologia professionale. All’articolo 2 di quel testo si stabilisce che i giornalisti non possono considerare i propri profili social come zone franche, regni di impunità dove tutto è lecito. Il giornalista, anche quando non è in servizio e si distrae su una piattaforma non giornalistica come Facebook, deve mantenere un certo contegno e una coerenza con la sua deontologia professionale. La notorietà che lui ha acquisito presso l’opinione pubblica gli deriva dall’esercizio dell’attività giornalistica e non può essere utilizzata per veicolare giudizi personali, anche non diffamatori, qualora essi facciano dubitare dell’imparzialità e dell’onestà intellettuale di chi li pronuncia. Stupisce che nessuno, neppure i vertici dell’Ordine dei giornalisti, ricordi questo principio, alimentando l’idea che Sanfilippo abbia violato, eventualmente, solo obblighi aziendali.