IL CASO
Scuole aperte per Natale: un disastro educativo
Se educare i giovani è un'urgenza, allora per aiutare i genitori che lavorano si devono valutare altre possibilità. Ecco alcune proposte...
Attualità
05_01_2012
Natale in tempo di crisi. I consumi ristagnano, le preoccupazioni per il futuro incombono, i “musi lunghi” aumentano a mano a mano che lo Spread si accresce… Eppure il Natale è e rimane l’annuncio di una grande gioia, della speranza che vince ogni oscurità e rende affrontabile ogni difficoltà. Lo ha ricordato a tutti, ancora una volta, Benedetto XVI, il 1° gennaio, sottolineando in particolare la necessità di “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”. Giustizia e pace che la Chiesa riceve e trasmette accogliendo e portando a tutti Gesù.
Educare i giovani, anche e soprattutto in tempo di crisi, è dunque la prima e improcrastinabile necessità, perché “di fronte alle ombre che oggi oscurano l’orizzonte del mondo, assumersi la responsabilità di educare i giovani alla conoscenza della verità, ai valori fondamentali dell’esistenza, alle virtù intellettuali, teologali e morali, significa guardare al futuro con speranza”.
Per questo, non può non destare qualche perplessità il fatto che in diverse altre città italiane, durante le vacanze di Natale, alcune scuole elementari sono rimaste aperte per venire incontro alle esigenze di quelle famiglie che non possono avere ferie. Hanno incominciato sei elementari di Milano (oltre un centinaio gli studenti che hanno aderito), poi altri istituti a Roma , Torino, Firenze, Cagliari e in altri comuni. Certo, non si tratta di lezioni tradizionali: grazie all'appalto a varie cooperative, le scuole sono in grado offrire ai bambini attività ludiche e sportive ma anche, all'occorrenza, la possibilità di svolgere i compiti delle vacanze. I costi per le famiglie variano dai 15 ai 20 euro al giorno, con possibilità di usufruire (a pagamento) anche del pasto.
Molti considerano questa una valida opportunità per rendere proficue e piacevoli le vacanze a bambini con entrambi i genitori costretti a lavorare nel periodo delle feste; non sempre i bambini ne sono felici (anzi...), tuttavia è di certo una soluzione pratica per le tante mamme che, col tempo, hanno raffinato l'arte di arrangiarsi organizzando veri e propri giochi a incastro tra nonni, baby-sitter e assenze sul lavoro per coprire le quasi tre settimane di chiusura invernale (quest'anno 19 giorni) del calendario scolastico. Si dice: “E' colpa della crisi, perché la chiusura degli istituti potrebbe creare problemi alle famiglie che non sanno a chi lasciare i figli e che si vedrebbero costretti (proprio adesso che i soldi mancano) a pagare baby-sitter o strutture specifiche per la loro cura”.
Eppure, proprio perché c’è la crisi, e senza trascurare le reali difficoltà in cui si trovano tante famiglie, occorre domandarsi: siamo sicuri che questa sia la soluzione migliore, e che per risolvere un problema organizzativo non se ne crei uno educativo ben più grave?
Se il Natale è la festa della famiglia (di quella singola come di quella umana, visitata e salvata dalla nascita del suo Creatore), sarebbe opportuno favorire in ogni modo la possibilità per i bambini di vivere insieme ai genitori, e possibilmente a casa propria, il periodo di vacanza. Se la famiglia è la principale e insostituibile protagonista e responsabile dell’educazione dei figli, occorrerebbe metterla in condizione di esercitare tale compito senza sostituirla o addirittura esautorarla, sia pure per ragioni apparentemente legittime, creando confusione di ruoli e pure disorientamento nei bambini.
L’istituto scolastico, infatti, non è la loro casa, e non è positivo che i bambini percepiscano la scuola come un servizio sociale: questa deve educare istruendo, non può essere il ricettacolo di esigenze che, seppur legittime, devono essere risolte altrove. Occorrerebbe mantenere una sana distinzione di ruoli, mettendo ognuno nelle condizioni di svolgere al meglio il proprio compito specifico; da alcuni anni, invece, assistiamo ad una deleteria invasione/invadenza della scuola, delegata “in bianco” a educare, istruire, formare cittadini onesti e consapevoli, trasmettere valori, produrre campioni sportivi, esperti di alimentazione, di sessualità, legalità, affettività, etc.. Senza riuscire, peraltro, a fare quasi nulla di tutto ciò…
L’istituto scolastico, infatti, non è la loro casa, e non è positivo che i bambini percepiscano la scuola come un servizio sociale: questa deve educare istruendo, non può essere il ricettacolo di esigenze che, seppur legittime, devono essere risolte altrove. Occorrerebbe mantenere una sana distinzione di ruoli, mettendo ognuno nelle condizioni di svolgere al meglio il proprio compito specifico; da alcuni anni, invece, assistiamo ad una deleteria invasione/invadenza della scuola, delegata “in bianco” a educare, istruire, formare cittadini onesti e consapevoli, trasmettere valori, produrre campioni sportivi, esperti di alimentazione, di sessualità, legalità, affettività, etc.. Senza riuscire, peraltro, a fare quasi nulla di tutto ciò…
Si potrebbe obiettare: “Si fa presto a criticare, ma le famiglie come devono fare?”. Ecco allora alcune proposte, che potrebbero apparire semplicistiche, ma che sono sicuramente la base per una riflessione più approfondita sul tema.
Da un punto di vista “tecnico”, l’iniziativa delle scuole aperte a Natale appare soprattutto come una logica conseguenza della rigidità del nostro sistema lavorativo; per questo, bisognerebbe introdurre nell’organizzazione del lavoro una maggiore flessibilità di orari, insieme alla possibilità di usufruire di giorni di riposo da recuperare in seguito, oppure di incrementare il telelavoro.
Da un punto di vista sociale, invece, l’iniziativa appare una inevitabile conseguenza dell’isolamento/solitudine in cui si trova a vivere la famiglia nucleare moderna. Ricreare reti di solidarietà e di muto aiuto, per cui, ad esempio, chi è a casa può accogliere per alcune ore al giorno i figli di altre famiglie (sul modello tagesmutter), oppure sostenere quelle realtà del privato sociale che si occupano in modo specifico di educazione utilizzando spazi non scolastici (in sedi parrocchiali o altri centri aggregativi, magari organizzando visite culturali e iniziative a tema col periodo natalizio), potrebbero essere altre soluzioni percorribili.
Una nota finale a favore della libertà di scelta educativa: considerato che l'apertura delle scuole durante le vacanze ha un costo ben superiore a quello chiesto alle famiglie, perché non decidere di far confluire questi fondi in un bonus per i genitori, da spendere come ognuno meglio crede tra "campus invernali" offerti dalle associazioni/cooperative sociali, baby-sitter o copertura economica per qualche giorno di permesso non retribuito in azienda?
Sono soluzioni complesse da mettere in pratica? Forse, ma il gioco vale la candela, perché senza dubbio renderebbero più felici sia i bambini che i loro genitori, e favorirebbero una maggiore consapevolezza dell’importanza del periodo natalizio e del fondamentale annuncio in esso contenuto, aiutando tutti ad attraversare con più fiducia la grande crisi in cui ci stiamo addentrando.