Scuola media, da dove ripartire
Le medie servono ancora per orientare i ragazzi in una età delicata.
C'è dunque bisogno di docenti colti
e sensibili. Parla Raffaela Paggi.
Il Rapporto della Fondazione Agnelli per l’anno 2011, presentato ieri a Roma nella sede dell’editore che fra pochi giorni lo manderà in libreria, fotografa la situazione della scuola media italiana, il va sans dire in crisi. Circondata da atavica cattiva reputazione, per la Fondazione Agnelli la media è infatti l’anello debole di tutta la scuola italiana, anzi - dice lo stesso think tank pure indossando l’opinione di diversi addetti ai lavori - un clamoroso fallimento. È inadeguata e non è all’altezza delle sfide poste dalla società odierna (qualunque cosa queste espressioni significhino), gli stessi docenti lamentano - almeno in parte - l’impreparazione con cui si trovano ad affrontare le aule, e numerosi dei suoi progetti, dalla multiculturalità alle strumentazioni, esistono più sulla carta che nella realtà.
«Vero, sì, ma è un refrain non nuovo. Contiene buone dosi di verità, ma pure qualche leggerezza di giudizio dovuta al fatto che il problema non viene mai affrontato nella sua interezza e profondità», dice la professoressa Raffaela Paggi, preside della Scuola Secondaria di primo grado della Fondazione Sacro Cuore di Milano.
Partiamo dalle verità contenute nel giudizio, davvero inesorabile, della Fondazione Agnelli. Perché la scuola media versa in condizioni tanto precarie?
Molto sta nella natura stessa della scuola media che abbiamo oggi nel nostro Paese, nata in modo strano. Un tempo essa aveva una precisa funzione orientativa che ne faceva il luogo e il momento in cui gli alunni chiariscono anzitutto a se stessi il proprio futuro, distinguendosi fra quanti si avviavano alla prosecuzione degli studi nella scuola secondaria superiore e quanti invece si indirizzavano all’apprendimento di un mestiere. Con i suoi limiti, la scuola media assolveva efficacemente questo compito discernendo, con vantaggi innegabili, fra studio e lavoro. Poi è stata però creata la scuola media unificata dove quella distinzione ha avuto meno senso e quindi la sua precipua e vantaggiosa funzione orientativa è venuta meno. E questo non ha affatto giovato.
Oggi la scuola media ha però caratteristiche ibride: vanta innegabilmente un impianto pre-liceale (di cui tratto tipico è la secondarizzazione del sapere e segno evidente l’introduzione di nuove discipline fra cui quelle astratte), ma pure è scuola dell’obbligo a cui sono per legge tenuti anche quegli alunni che non hanno predisposizione o interesse per lo studio di quelle discipline astratte che proprio nella media vengono per la prima volta introdotte come tratto caratteristico di un livello scolastico differente da quella elementare.
Si aggiunga poi che, anche per ovviare a questa situazione, la scuola media di oggi cerca di rendere concerete discipline che sono invece per natura astratte, e che per forza di cose l’orario scolastico parcellizza il sapere in modo pesante da sostenere per gli alunni di quell’età, e si comprenderà lo stato di profonda crisi della scuola media italiana.
Non tutto, però, va male…
Nonostante tutto la media può ancora svolgere la fondamentale azione di orientamento dei ragazzi per cui è originariamente nata e di fatto ancora esiste. Non è un controsenso. Dopo avere evidenziato le pecche e le lacune del suo assetto attuale, occorre infatti salvarne la specificità, che è un valore oggettivo, addirittura prezioso.
La media, insomma, se fatta bene, può ancora svolgere la sua funzione essenziale malgrado le difficoltà strutturali che la gravano…
Vede, gli alunni che frequentano le medie vivono un’età davvero particolare, oltre che delicata. È entrando alle medie che i ragazzi mostrano la completezza delle proprie capacità logiche. È alle medie che riformulano le categorie attraverso cui percepiscono e affrontano la realtà, dunque anche rimettendo in discussione tutto il pregresso. Io definisco il 12° anno di vita dei ragazzi come una seconda nascita. Tutto quanto essi hanno fino a quel momento appreso è legato intimamente alla famiglia. Da quell’età in poi cominciano un percorso più autonomo che seppur non nega il precedente, si apre a una dimensione totalmente nuova. In questo frangente, la scuola deve sapere rispondere adeguatamente all’introduzione di facoltà e di linguaggi nuovi con cui i ragazzi si trovano per la prima volta a dover fare i conti. Alla scuola media tocca un compito educativo davvero fondamentale a cui non è possibile rinunciare.
Una sfida. Come va affrontata?
Molto fa la tipologia del docente, che, dovendo introdurre discipline nuove e al contempo prestare la massima attenzione a quei fondamentali mutamenti che nei ragazzi sono in corso a quest’età, deve per forza coniugare alta preparazione e spiccata sensibilità umana. E qui siamo alla nota dolens, quella della preparazione dei docenti. L’insegnante colto è indispensabile: se manca, il problema scuola media diventa insormontabile. Al contempo, però, il docente davvero preparato deve sapere fare i conti con la realtà di quel livello scolastico, dove per esempio è facile vivere un poco di frustrazione se non si tiene conto del fatto che la risposta dei ragazzi è di medio corso, dove magari non c’è la "gratificazione" immediata che - per semplici ragioni di età, dunque di maturità - può dare un alunno del liceo. Quando si parla di preparazione degli insegnanti occorre sempre intendere l’espressione nella sua globalità e in tutte le sfaccettature.
Lei dirige la scuola media di un noto istituto parificato di orientamento cattolico. Quali consigli di riforma autentica, cioè concreta, suggerisce la sua esperienza quotidiana sul campo?
Anzitutto noi differenziamo adeguatamente tra le discipline, distinguendo tra materie di studio vero e proprio - quali italiano, matematica, storia e lingue straniere - e materie più esperienziali (arte, tecnica, etc.). In questo modo cerchiamo di limitare la confusione e di agire nel suddetto prezioso senso dell’orientamento dei ragazzi. Dopodiché cerchiamo di mostrare il legame che esiste fra esperienza e studio. La chiave di volta è espressa da un nostro "motto": non multa sed multum. Non c’interessa, cioè, il cumulo delle nozioni su un dato aspetto di una disciplina; preferiamo invece selezionare gli elementi davvero fondamentali e su questi approfondire con serietà. In questo modo cerchiamo di dare criteri non transeunti e insegnare un metodo. Mi lasci inoltre dire che la nostra condizione di istituto parificato ci consente quella libertà di selezione del personale docente che è uno degli aspetti determinanti di tutta la questione…
La nostra scuola media s’identifica in una frase di Maria Zambrano che descrive gli anni della scuola media in cui avviene il passaggio dall’età dell’infanzia a quello della giovinezza come l’«irruzione del propriamente umano: la necessità e l’entusiasmo di creare». E questo perché - è una nostra seconda "descrizione", questa volta tutta nostra - «il prorompere della domanda di significato e del desiderio di essere protagonisti della propria crescita esige una proposta, anche scolastica, coinvolgente e significativa». Di un ammaestramento vero hanno insomma bisogno i ragazzi di questa età.