Scuola e gay, la schizofrenia della ministra
Giannini assicura alle associazioni Lgbt l'impegno a diffondere nelle scuole la teoria gender, appena un mese dopo aver assicurato il contrario ai rappresentanti delle associazioni dei genitori. Ma qual è la posizione del governo?
Gli uomini di mondo sanno che spesso i politici si prestano a recitare più parti in commedia. C’est la vie! La cosa si può arrivare anche a tollerare con un disincantato sorriso, a patto che non si superino i limiti della decenza. Come è accaduto al Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini.
Il 5 giugno scorso Avvenire nell’articolo di Paolo Ferrario dava un’ottima notizia: «Giannini, mai più gender nelle scuole». L’esordio dell’articolo fa ben sperare: «Mai più casi come quello del Liceo classico “Giulio Cesare” di Roma (dove ai ginnasiali di 15 anni è stato fatto leggere un romanzo i cui contenuti sono stati giudicati «inopportuni» e «sconvenienti» dalla Presidenza del Senato, che ha impedito fossero inseriti stralci del testo in un’interrogazione) o come quello del Liceo ginnasio “Muratori” di Modena, dove è stata organizzata una conferenza del transessuale Luxuria, senza prevedere il contraddittorio e, soprattutto, senza avvertire i genitori degli studenti, che infatti hanno molto protestato».
Sempre secondo quanto riferito da Avvenire, la ministra Giannini in persona, rispondendo ad un question time alla Camera, ha precisato che «sarà evitato il “ripetersi di situazioni simili”, che sono state “conseguenza dell’applicazione, nelle scuole, della “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere” predisposta dall’Unar (Ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali) in collaborazione con 29 associazioni Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali)».
Nel suo intervento alla Camera il 4 giugno, la stessa ministra, peraltro, aveva esordito prendendo le distanze dagli ormai celebri opuscoli dell’UNAR “Educare alla diversità”, commissionati all’Istituto A.T. Beck, ritenuto espressamente «un progetto che non ha coinvolto in nessuna fase il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, né nella sua ideazione e, tanto meno, nella sua realizzazione». Colpo ferale a quella sciagurata iniziativa.
Sempre secondo la ministra Giannini, inoltre, d’ora in avanti, ogni futuro progetto educativo in materia, «dovrà ovviamente essere sviluppato con il coinvolgimento degli organi collegiali scolastici, e delle associazioni dei genitori, insomma di tutte quelle parti che sono doverosamente e pienamente coinvolte in un processo educativo che va dalla prima scolarizzazione fino alla maturità degli studenti universitari». Roberto Gontero, Presidente dell’Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche) e coordinatore del Forum delle associazioni dei genitori della scuola, e Fabrizio Azzolini presidente dell’Age (Associazione genitori), hanno ovviamente plaudito alla parole della ministra e si sono detti ampiamente soddisfatti.
Ma ecco il colpo di scena: venerdì 11 luglio Stefania Giannini incontra le associazioni Agedo, Arcigay, ArciLesbica, Associazione Radicale Certi Diritti, Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, Equality Italia, Famiglie Arcobaleno, Gay Center, MIT. Le predette associazioni illustrano alla ministra la necessità di azioni positive finalizzate a promuovere la cultura del rispetto e delle differenze e le consegnano un dettagliato documento nel quale chiedono, tra le altre cose, una data precisa per l'avvio del corso di formazione rivolto alle figure apicali del ministero, così come già previsto dall'Asse Educazione ed Istruzione della Strategia Nazionale, per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull’ identità di genere, e un monitoraggio accurato sulla dimensione e sulla qualità del fenomeno che aiuti a pianificare per il futuro opportuni interventi.
A fronte di questa richiesta, la stessa ministra si è impegnata a riavviare la Strategia Nazionale nell'ambito dell'Asse Educazione Istruzione, a far partire dal prossimo autunno la formazione delle figure apicali degli uffici scolastici regionali e provinciali, a prevedere all'interno della "Settimana contro la violenza e discriminazione", come tema centrale per l'anno scolastico 2014-15, il contrasto all’omofobia e transfobia.
Impegno solenne, quindi, a dare piena attuazione all’Asse Educazione e Istruzione della Strategia Nazionale volta «a diffondere la teoria del gender nelle scuole, attraverso anche iniziative volte ad offrire ad alunni e docenti, ai fini dell’elaborazione del processo di accettazione del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere».
Si tratta, tanto per intenderci, di quel documento che, da qui al 2015, prevede, tra l’altro, specifici programmi scolastici, corsi di formazione, materiale didattico, et similia, con lo scopo di «ampliare le conoscenze e le competenze di tutti gli attori della comunità scolastica sulle tematiche LGBT»; di «garantire un ambiente scolastico sicuro e gay friendly»; di «favorire l’empowerment delle persone LGBT nelle scuole, sia tra gli insegnanti che tra gli alunni»; di «contribuire alla conoscenza delle nuove realtà familiari»; di «valorizzare l’expertise delle associazioni LGBT»; di «coinvolgere gli Uffici scolastici regionali e provinciali sul diversity management per i docenti», di «predisporre una modulistica scolastica amministrativa e didattica in chiave di inclusione sociale, rispettosa delle nuove realtà familiari, costituite anche da genitori omosessuali» (genitore 1 e genitore 2); di «accreditare le associazioni LGBT, presso il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in qualità di enti di formazione»; di «arricchire le offerte di formazione con la predisposizione di bibliografie sulle tematiche LGBT e sulle nuove realtà familiari, di laboratori di lettura e di un glossario dei termini LGBT che consenta un uso appropriato del linguaggio»; di «realizzare percorsi innovativi di formazione e di aggiornamento per dirigenti, docenti e alunni sulle materie antidiscriminatorie, con un particolare focus sul tema LGBT sullo sviluppo dell’identità sessuale nell’adolescente, sull’educazione affettivo-sessuale, sulla conoscenza delle nuove realtà familiari»; di organizzare corsi di formazione che «dovrà essere rivolta non solo al corpo docente e agli studenti (con riconoscimento per entrambi di crediti formativi) ma anche a tutto il personale non docente della scuola (personale amministrativo, bidelli, etc.)».
I rappresentanti di Agedo, Arcigay, ArciLesbica, Associazione Radicale Certi Diritti, Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, Equality Italia, Famiglie Arcobaleno, Gay Center hanno ovviamente plaudito alla parole della ministra e si sono detti ampiamente soddisfatti.
Bisognerebbe ora capire quale sia il vero volto (ma soprattutto il vero pensiero) della Giannini. Quello comprensivo mostrato all’AGESC e all’AGE, o quello compiacente rivolto alle variopinte associazioni LGBT? Forse, però, la vera questione è comprendere se la posizione ondivaga della ministra rispecchi quella del governo. Gli italiani possono avere il diritto di sapere cosa pensi il governo di quello che sta accadendo nelle scuole pubbliche? Probabilmente no. Nel bislacco mondo sublunare della politica italiana, sembra che questo sia chiedere troppo.