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IL CASO

Scuola classista, i danni di egualitarismo e moralismo

L’Istituto Comprensivo di via Trionfale (Roma) presenta nel proprio PTOF le caratteristiche delle proprie sedi secondo la classe sociale degli studenti. Tra i molti indignati anche il ministro Azzolina. Ma la scuola non ha fatto altro che descrivere il quadro esistente ed è normale che le famiglie iscrivano i figli in base alla zona. Una polemica inutile, figlia di un egualitarismo incoerente.

Editoriali 17_01_2020

La polemica che è montata nei confronti dell’Istituto Comprensivo di via Trionfale, a Roma, è talmente assurda e fastidiosa che forse non sarebbe il caso di tornarci su, anche perché i mass media - generalmente scandalizzati e indignati - hanno già presentato abbondantemente la vicenda.

La notizia nella notizia, però, è proprio questa ridicola indignazione, ed è su questa che forse vale la pena fare alcune considerazioni. Il caso, come è ormai noto, è esploso dopo che la scuola ha presentato nel proprio PTOF (Piano triennale dell’offerta formativa) la suddivisione dei propri studenti, frequentanti sedi diverse, sottolineando la classe sociale di appartenenza.

Si legge nel sito della scuola: “La sede di via Trionfale e il plesso di via Taverna accolgono alunni appartenenti a famiglie del ceto medio-alto, mentre il plesso di via Assarotti, situato nel cuore del quartiere popolare di Monte Mario, accoglie alunni di estrazione sociale medio-bassa e conta, tra gli iscritti, il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana”.

Gravissimo? Non mi pare, anche perché questo è ciò che accade in ogni città che abbia dimensioni tali da ospitare sedi scolastiche (magari anche dello stesso istituto) ubicate in quartieri diversi. Dove abito io, per esempio, che non è certo una metropoli, ci sono scuole collocate in quartieri con caratteristiche decisamente diverse, anche e soprattutto di natura sociale ed economica.

Nei cosiddetti quartieri “bene” ci sono le scuole più “gettonate” frequentate da alunni di famiglie più benestanti, mentre ci sono istituti collocati in zone ad alta densità di famiglie immigrate e/o in quartieri popolari che sono meno ambiti e anche, purtroppo, più in difficoltà sotto molteplici profili. Il bello, tra l’altro, è che le famiglie (nel caso di scuole elementari e medie) sono invitate, se non obbligate in senso stretto, a iscrivere i figli nell’istituto del proprio bacino di appartenenza, per cui le differenze economico-sociali risultano a maggior ragione blindate.

È comunque abbastanza naturale, a maggior ragione in città di grandi dimensioni (e per di più caotiche come Roma), che gli studenti si orientino verso i plessi scolastici più facilmente raggiungibili, per cui si comprende che la popolazione studentesca finisca per essere in buona parte lo specchio di quella del territorio in cui la scuola è ubicata.

L’Istituto Comprensivo di via Trionfale, davanti alle istruzioni per la redazione del PTOF, non ha fatto altro che presentare l’esistente, là dove, nella Sez. 1, chiede di descrivere:

La scuola e il suo contesto
– Analisi del contesto e dei bisogni del territorio
– Caratteristiche principali della scuola

Le “motivate ragioni” fornite dall’Istituto, richieste con un tweet dallo scandalizzatissimo neoincaricato ministro Lucia Azzolina (non riuscirò mai a dire ministra!), sono semplici e lineari: “I dati riportati nella presentazione della scuola, composta da 4 distinti plessi, collocati in diversi contesti socio-culturali, sono da leggere come mera descrizione socio-economica del territorio, secondo le indicazioni del Miur”.

Ecco, insomma, un gran polverone per nulla. O, forse, per nascondere il vero problema, che è quello di uno Stato schizofrenico e ferocemente moralista, che in nome dell’egualitarismo in realtà diventa opprimente. Uno Stato che interferisce continuamente sulle decisioni pedagogiche, educative e didattiche delle scuole, in nome delle parole d’ordine della cultura dominante e delle idee (non sempre brillantissime) del ministro di turno.

Le scuole, invece, hanno un gran bisogno di autonomia, come dell’aria per respirare. Ipotesi: c’è una scuola che divide rigorosamente gli alunni in base al censo? Decideranno le famiglie se questo modello gli va bene o no. Se poi non avranno più iscritti a causa di scelte educative e formative discutibili, cavoli loro. Crescerebbero libertà e responsabilità, in una maggiore chiarezza per tutti. Invece no, non si può fare, perché ci sono troppi interessi estranei alle autentiche finalità della scuola che ne sarebbero danneggiati, a cominciare da quelli dei sindacati.

Questo stesso Stato moralista ed egualitarista è il medesimo, poi, che impedisce alle famiglie meno abbienti di scegliere la scuola che preferiscono, ostacolando - caso ormai quasi unico in Europa - la realizzazione di una piena ed effettiva parità scolastica, accusando nello stesso tempo le scuole cosiddette “private” di essere le scuole dei ricchi! Ci sarebbe da ridere, se non venisse da piangere…