Scricchiola il cessate il fuoco tra Israele e Libano
Ascolta la versione audio dell'articolo
Il cessate il fuoco tra Israele e Libano è scaduto e rischia di riportare a nuovi scontri, soprattutto nel sud del paese dei cedri. Solo nel week end appena trascorso sono morti 4 civili libanesi e 15 soldati dell'IDF.

In un comunicato uscito domenica 26 gennaio il Ministro della Salute Pubblica libanese ha dichiarato che nello stesso giorno 4 civili sono stati freddati da IDF nel Sud del Libano mentre cercavano di rientrare nelle proprie abitazioni, situate in zone tuttora occupate dall'esercito Israeliano. Si tratterebbe di un uomo ucciso nel villaggio di Odaisseh, da cui passa la linea di confine tra i due Paesi (nella foto grande), un uomo e una ragazza a Mais al Jabal e un altro uomo a Markaba, mentre 5 persone sono state ferite a Maroun al Ras. Il numero provvisorio delle vittime dell'esercito israeliano nel Sud Libano sale a 15 nel solo weekend del 25 e 26 gennaio, e il numero dei feriti a 83.
Questo incremento repentino di caduti non è casuale: è infatti in scadenza il “cessate il fuoco” siglato il 27 novembre scorso tra lo Stato Ebraico e le autorità libanesi per conto di Hezbollah, secondo cui entro 60 giorni IDF avrebbe dovuto lasciare il Libano, la milizia sciita liberare l'area del confine e cedere il pattugliamento della zona al solo esercito regolare libanese assieme al contingente di Unifil. All'approssimarsi del termine pattuito migliaia dei 600.000 libanesi sfollati a causa della guerra sono ritornati al Sud, nonostante IDF avesse diramato l'ordine di non avvicinarsi alle località ancora occupate. Lo stesso speaker della Camera, il potente sciita Nabih Berri si è congratulato con chi si è messo in viaggio verso il sud, esprimendo «rispetto e ammirazione» nei loro confronti. Ma chi pensava di poter rientrare a casa propria è stato accolto dal fuoco israeliano.
Il 24 gennaio Benjamin Natanyahu ha comunicato che IDF non si ritirerà dal sud del Libano entro la data prevista dalla tregua, bensì Israele si riserverà il diritto di restare in territorio libanese finché non eradicherà totalmente Hezbollah dal sud del Paese. Nelle parole del Premier israeliano tale decisione ha ricevuto l'appoggio degli Stati Uniti, che assieme alla Francia sono i principali garanti del “cessate il fuoco” firmato a novembre. In effetti secondo molteplici fonti le diplomazie della comunità internazionale starebbero lavorando ad un'estensione della tregua che permetta a IDF di completare la sua opera di "pulizia" del Libano.
Dal canto loro, le istituzioni libanesi si confermano deboli davanti a simili violazioni della sovranità del Paese. Né il nuovo Presidente della Repubblica Joseph Aoun, eletto lo scorso 9 gennaio, né il neo Primo Ministro Nawaf Salam, designato il 13, sembrano avere la forza necessaria per difendere il Libano dagli interessi e dagli appetiti internazionali. Del resto Aoun e Salam devono la loro elezione alle potenze occidentali, che assieme ai Paesi del Golfo ne hanno sostenuto, per non dire imposto, le candidature. È dunque comprensibile che la telefonata di Aoun a Emmanuel Macron, in cui il Presidente libanese avrebbe ribadito «la necessità di forzare Israele a rispettare i termini dell'accordo» abbia avuto poco effetto.
Da parte sua l'Esercito regolare libanese ha denunciato flebilmente la "procrastinazione" israeliana e ribadito la volontà di occupare le aree previste dal “cessate il fuoco” non appena IDF le lascerà libere. Ma se l'esercito israeliano ha evacuato la regione costiera del sud del Libano, continua ad attestarsi lungo tutta la restante parte del confine e non è a quanto pare intenzionato né ad andarsene né a rispettare un “cessate il fuoco” ampiamente svuotato di ogni significato.