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GRAN BRETAGNA

Scandalo Murdoch, una lezione di giornalismo

Le clamorose rivelazioni che hanno costretto alla chiusura lo storico settimanale "News of the World" vanno oltre le vicende della testata.

Attualità 11_07_2011
murdoch

Lo “squalo” è sanguinante. Quanto male si sia fatto è difficile dirlo ora. Estrarre dall’armadio l’abito nero per imminenti onoranze funebri è imprudente. Non ci sono dubbi però che il colpo è durissimo. Lo “squalo” è Rupert Murdoch, australiano di Melbourne, naturalizzato americano, operante nel mondo della comunicazione globale, con solida base a Londra. La storia è nota: intercettazioni illegali, pubblicate sullo scandalistico “News of the World”, tabloid della domenica, gioiello prezioso dell’impero di Murdoch, adorato dagli inglesi e dagli inserzionisti pubblicitari, diretto dalla creativa, fredda e senz’anima Rebekah Brooks. “News of the World” ha tirato le cuoia.

Ha chiuso per sempre i battenti, dopo un secolo e mezzo abbondante di uscite, abbattuto e seppellito non dalle vendite sin troppo floride (tre-milioni-tre di copie) o dai bilanci in rosso profondo, o dai costi del lavoro insostenibili. A tagliare le radici ci ha pensato lo scandalo congiunto di utilizzazione fraudolenta di telefonate rubate a vittime di svariate vicende tragiche avvenute negli ultimi dieci anni, ad opera di giornalisti calati nei panni di spie informatiche e investigatori privati, oltre al pagamento di agenti di Scotland Yard per ottenere informazioni riservate.

Lo scandalo ha vari protagonisti, e tutti rischiano di uscire di scena uno appresso all’altro. Il primo a cedere è stato Andy Coulson (già direttore di “News of the World” dal 2003 al 2007), uomo della comunicazione del premier conservatore inglese David Cameron. Ha perso prima il posto di lavoro, poi è stato arrestato (è a piede libero su cauzione). Seconda vittima è stata l’attuale e ultima direttrice di “News of the World” Rebekah Brooks. La partita è chiusa? Molti commentatori dicono che il gioco è appena agli inizi, e l’effetto domino potrebbe coinvolgere gli stessi Cameron e Murdoch. Cameron spera di salvarsi giocando all’attacco. Si è affrettato a scavare pubblicamente una trincea di separazione tra lui e lo “squalo” australiano, preoccupato di finire azzoppato dalla marea montante di critiche dei tanti nemici (o semplici competitori del settore dell’informazione e della televisione) di Murdoch in Gran Bretagna, che stanno sparando a raffica.

Murdoch, che non è un pivello, ha immediatamente mollato il pezzo pregiato dell’argenteria familiare e si è rifugiato in acque lontane. Lo “squalo” ha molto da perdere. Stava per azzannare, con l’avallo benevolo di Cameron, BSkyB, piattaforma satellitare di Sky. L’acquisizione di fatto consente il dominio incontrastato del gruppo Murdoch sull’informazione britannica. Sembrava una pura formalità, un atto scontato. Ma ora non lo è più. Questa è la situazione, sin troppo fluida. Lo scandalo di “News of the World” possiamo riassumerlo nell’immagine di un termometro. Un misuratore esatto della febbre. E registra febbre alta. Davvero alta. Limitiamo il campo a tre osservazioni.


Il giornalismo.
“News of the World” non è un giornale qualunque. È quanto di meglio il tabloid scandalistico anglosassone abbia saputo realizzare. Un giornale perfetto, ricco, letto, seguito, costantemente citato. Di che parla? Pettegolezzi, soffiate, calunnie, scandali, amori vecchi e nuovi, reali o immaginari, meglio se di personaggi famosi, quasi famosi, in cerca di fama o che la fama l’hanno perduta. Sempre informatissimo. Una macchina da guerra della rivelazione, spesso impegnata a braccare la famiglia reale. La lingua inglese, sintetica come sempre, ha coniato l’espressione «gossip». E “News of the World” non ci sono dubbi che del «gossip» è stato la Bibbia. Il sermone domenicale avidamente seguito nell’Inghilterra secolarizzata. Lo svuotamento festivo delle chiese ha trovato un sostitutivo nelle copertine, nei servizi, negli annunci (anticipati dal sito del tabloid) di “News of the World”. Del resto era stato un inglese, Chesterton, londinese anglicano convertitosi al cattolicesimo, a notare come gli esseri umani dopo che hanno smesso di credere in Dio, hanno cominciato a credere in tutto. E quel tutto spesso l’hanno trovato, felici ed avidi di sfogliarlo, nelle pagine di “News of the World”. La spirale del «gossip» ha richiesto sempre nuove vittime. Il lettore non si accontenta di scappatelle, avventurette, delusioni e successi professionali. Il lato morboso dell’umanità domanda pietanze dal sapore sempre più forte. Il passo dal «gossip» alla violazione della «privacy» è stato una passo consequenziale pur se fatale.


Eccezionalità del giornalismo inglese.
Da sempre il mito del giornalismo anglosassone è stato un richiamo professionale. Nelle università si è insegnata (si continuerà a farlo?) la storia dell’obiettività (inesistente) del modello anglosassone, garanzia massima di separazione dei fatti dalle opinioni, scivolata però, con il contributo determinante di “News of the World”, nella melma delle intercettazioni. Si dirà che tutti i giornali sono uguali, e questo è vero. Facciamo ancora ricorso ad un grande scrittore britannico, George Orwell, e alla storia dell’uguaglianza dei maiali illustrata in “La fattoria degli animali”. I maiali sono tutti uguali, però ve ne sono alcuni più uguali degli altri. Il «gossip» giornalistico non è un prodotto tipico «made in England». Ha invaso tutti i mezzi di informazione, a ogni longitudine e a ogni latitudine. Però in Gran Bretagna ha raggiunto vertici sublimi, inarrivabili. Se c’è mancanza di novità scandalistiche, reperibili con i metodi tradizionali, allora reperiamole con mezzi nuovi, al di la del bene e del male. Notizie, rivelazioni, copertine sempre più accattivanti e interessanti. Copie vendute e inserzioni.

Ma a che prezzo? Della chiusura, come ci ricorda il finale di questa storia di pessimo giornalismo. Non è proprio il caso di frugare nella cassapanca dei nonni per rispolverare le invettive all’indirizzo della «perfida Albione», ma non ci sono dubbi che nella postmoderna Inghilterra, così attaccata alla tradizione e al tempo stesso così impegnata a liberarsene, il voyeurismo giornalistico abbia toccato lo zenit. Tutto sommato cosa hanno fatto a “News of the World”? Hanno messo fra le pagine ciò che il lettore voleva morbosamente sapere e vedere. Il successo mediatico, una volta raggiunto, tende prontamente a impastarsi con il successo elettorale. I lettori di tabloid, a milioni, sono o non sono elettori? E non è un elemento di secondo piano se il direttore di “News of the World” finisce al numero 10 di Downing Street, alle dipendenze del padrone di casa per aiutarlo nella comunicazione.


Decadenza della classe politica europea. Pensavamo che il caso Strauss-Kahn fosse di per sé emblematico per descrivere nella metafora lo scollamento tra le classi dirigenti e le società che sono chiamati a dirigere. La leggerezza e la disinvoltura di David Cameron rappresentano l’ennesima conferma di come ormai ogni distinzione tra destra e sinistra, progressisti e conservatori, giovani o vecchi politici, sia in realtà inutile. Come dimenticare che lo “squalo” è stato un buon alleato sia del laburista Tony Blair sia del conservatore David Cameron? La postmoderna (e forse postdemocratica) Gran Bretagna è un eccellente punto di osservazione per scrutare quanto avverrà (o sta già avvenendo) nel resto dell’Europa. La Gran Bretagna dall’Ottocento ad oggi ha sempre avuto le antenne puntate sul cambiamento. Se il quadro è questo vuol dire che siamo messi proprio male.