Scandali, giudici, minoranza dem: che guai per Renzi
Non ci sono dubbi sul fatto che quello attuale sia il periodo di maggiori difficoltà del premier Renzi da quando è salito a Palazzo Chigi. L'assedio arriva da più parti:opposizioni che si ricompattano, minoranza dem che alza la voce, inchieste che toccano alcuni ministri (quella sul petrolio e su Banca Etruria).
Non ci sono dubbi sul fatto che quello attuale sia il periodo di maggiori difficoltà del premier Renzi da quando è salito a Palazzo Chigi. L'assedio arriva da più parti:opposizioni che si ricompattano, minoranza dem che alza la voce, inchieste che toccano in modo pesante alcuni ministri (quella lucana sul petrolio, ma anche quella su Banca Etruria, ancora in ebollizione), difficoltà internazionali legate al caso Regeni, ai marò e, soprattutto, alla gestione della crisi libica, alla quale i media dedicano uno spazio sicuramente non proporzionale alla sua gravità.
Il nervosismo del premier è palpabile. La sua intervista di domenica dalla Annunziata e la sua durarequisitoria anti-magistratura nella direzione Pd di lunedì sono la riprova del fatto che il Presidente del consiglio si sente assediato e ha deciso di passare al contrattacco. Ma contro di lui si sta saldando un fronte composito, destinato a dargli molto fastidio. Ciò peraltro aumenta il potere di condizionamento da parte di Alfano e Verdini, ai quali l'ex sindaco di Firenze vorrebbe in generale lasciare "le briciole" del suo potere e con i quali, invece, dovrà fare i conti su tutto, stanti i numeri risicati al Senato e la progressiva sfiducia dell'opinione pubblica nei suoi confronti.
L'inchiesta di Potenza rimane una mina vagante. L'interrogatorio del ministro Boschi sembra aver fugato dubbi circa le possibili responsabilità della titolare del dicastero dei rapporti col Parlamento, ma, ove l'inchiesta si allargasse con nuove intercettazioni, soprattutto dopo la deposizione che l'ex ministro Guidi dovrà rendere a Potenza giovedì, tutto potrebbe complicarsi e tornare in discussione, e a quel punto lo stesso futuro dell'esecutivo sarebbe in bilico. Difendere la Boschi per Renzi è una necessità inderogabile, trattandosi di un ministro potente, influente e a lui vicinissimo. Un conto è rinunciare a Lupi e Guidi, altra cosa sarebbe dover sacrificare il ministro più importante del cosiddetto "giglio magico".
Pur di proteggere la sua conterranea toscana, Renzi è arrivato addirittura ad attaccare i giudici di Potenza,mettendone in discussione l'operato e attirandosi le reazioni infastidite dell'Associazione nazionale magistrati, che ha parlato di "uscita inopportuna". Ma se sul fronte delle opposizioni si sta giocando una partita molto accesa tra pentastellati e centrodestra (chi arriverebbe oggi al ballottaggio contro il Pd in caso di elezioni politiche anticipate?), le insidie maggiori per Palazzo Chigi arrivano da sinistra. Sel ha già annunciato che voterà entrambe le mozioni di sfiducia al governo annunciate dai grillini e da un centrodestra che sembra aver ritrovato, almeno su questo, la compattezza di un tempo.
La minoranza dem, durante i lavori della direzione Pd di lunedì, per la prima volta ha votato contro la relazione del segretario. In altre occasioni aveva dissentito, ma poi si era adeguata o al massimo si era astenuta. Cuperlo, Speranza, Bersani e altri hanno varcato il Rubicone e messo platealmente in discussione la leadership del loro segretario, con l'evidente intento di indebolirlo su entrambi i fronti: partito e governo. Quanto questa offensiva della minoranza dem possa produrre effetti è tutto da dimostrare, ma le parole pronunciate a muso duro da Cuperlo («Matteo, non hai la statura del leader, ma l'arroganza del capo»)pesano come un macigno sui tentativi di dialogo interno. E a poco potrà giovare la scelta di un nuovo ministro dello Sviluppo economico gradito ai nemici interni al partito.
La posta in palio è ben più alta e l'ha lasciato intendere il governatore pugliese, Michele Emiliano. Quest'ultimo, secondo alcuni, vorrebbe assumere la guida della minoranza dem e contendere a Renzi la segreteria Pd al prossimo congresso,previsto fra un anno. Sta studiando da segretario, come si dice in questi casi, compattando il fronte del dissenso anti-Renzi nelle regioni del Sud e sfruttando l'occasione del referendum anti-trivelle. Ben difficilmente quella consultazione referendaria,il 17 aprile, raggiungerà il quorum. Sarà sicuramente un successo per il premier registrare il fallimento di quel voto popolare, ma lo scontro con i dissidenti sarà solo rinviato di qualche settimane.
Le elezioni amministrative, delle quali non è peraltro ancora stata fissata la data, appare un vero spauracchio per il governo, al di là del carattere locale del voto. Città importantissime e attualmente nelle mani della sinistra saranno chiamate a rinnovare i propri sindaci e le proprie amministrazioni municipali. É escluso che la sinistra le rivinca tutte, anzi rischia di perderne alcune (Roma, Napoli, Torino). A Bologna potrebbe farcela,ma il sindaco non è renziano di stretta osservanza. A Milano l'ex amministratore delegato di Expo 2015, Giuseppe Sala, fortemente sponsorizzato dal premier, ora appare un po' abbandonato a se stesso, oltre che tallonato nei sondaggi dall'avversario di centrodestra, Stefano Parisi. Sala non ha ancora ricevuto una "benedizione" solenne da parte di Renzi, che se ne guarda bene dall'andare a Milano per chiedere i voti per lui.
Sa bene che appare troppo rischioso legare la sua immagine a quella di un candidato a Palazzo Marino che potrebbe essere sconfitto al ballottaggio.Al secondo turno, infatti, è assai più probabile che i voti delle terze forze (in particolare il Movimento Cinque stelle e Italia Unica,di Corrado Passera) vadano a Parisi e quindi il rischio di perdere anche Milano per il centrosinistra e' tutt'altro che remoto. Con tutti questi chiari di luna il premier dovrà estrarre dal cilindro qualche sorpresa a effetto,tipo gli ottanta euro pre-elezioni europee, per risalire la china e recuperare terreno, anche in vista del referendum di ottobre sulla riforma del Senato,che potrebbe rilanciare la sua azione di governo e proiettarlo verso un successo alle politiche, ma anche intonargli il "de profundis".