Scalabrini, lo scienziato dell'immigrazione
Un genio di stile rinascimentale
che visse nell'Ottocento capendo
gli uomini come un santo.
Un bambino guarda l’uomo dalla figura alta che sta appoggiato al parapetto della nave salpata da Genova due settimane prima. L’uomo tiene gli occhi chiusi e sgrana un rosario tra le dita affusolate. Le labbra si muovono in una preghiera muta. Il vento salmastro gli fa svolazzare la mantella. Veste una sottana, porta il colletto romano e un cappello dalle falde larghe.
Il bambino, affascinato dalla maestosità della figura, chiede alla madre per chi lavora l’uomo. La madre gli risponde che lavora per Gesù. Il bambino pensa che deve essere un bel lavoro e decide che da grande farà lo stesso. È un caldo mese di giugno del 1901.
L’uomo misterioso è un prelato importante, vescovo di Piacenza e fondatore di un ordine religioso. Si chiama Giovanni Battista Scalabrini ed è nato a Fino Mornasco l’8 luglio 1839. La sua vita si è svolta al servizio degli altri. Si è dedicato totalmente alla loro felicità. Scalabrini ha capito prima degli altri l’importanza dell’immigrazione e la ricchezza che questa poteva portare. È un uomo dalla mente talmente acuta da indovinare quasi il pensiero dell’interlocutore. Capisce le tendenze del suo tempo, intuisce le mode, se così possiamo dire.
È attento alle masse d’italiani che si spostano verso l’America, svuotando i tristi paesini del Sud. Si domanda quale sia la loro vita religiosa. Non rimane indifferente alla povertà e, da uomo pratico qual è, capisce che una persona la cui prima preoccupazione è procurarsi il cibo giornaliero, ha forse meno tempo per andare in chiesa. Lui pensa a quanto sarebbe utile loro il catechismo e decide di fare questo dono a quelli che hanno lasciato indietro tutto, ma che devono sentire sempre Dio presente.
Guarda con attenzione i ricchi e pensa che anche loro hanno il diritto di avere Dio nell’anima. Da vescovo, va a trovare i potenti del suo tempo, sollecitando loro aiuti finanziari per le sue opere. I ricchi, abituati a realizzare progetti, amano le creazioni di quest’uomo ascetico, il cui carisma li soggioga. E lo aiutano. Lui, con la sua sola presenza, li avvicina a Dio.
Giovanni Battista Scalabrini è un vescovo molto attivo e molto presente nella diocesi. Tra il 1876 ed il 1905 (l’anno della sua morte), compie ben cinque visite pastorali nelle 365 parrocchie che compongono la sua diocesi. Capisce l’importanza di costruire scuole e centri di ricerca, e non lesina sforzi per realizzarle. Nello stesso periodo, celebra tre sinodi: 1879, 1893, 1899.
Il 28 novembre 1887 fonda la Congregazione dei Missionari di S. Carlo e due anni dopo crea le Scuole della Dottrina Cristiana e la rivista Il Catechista Cattolico. Nello stesso anno istituisce l'Associazione laicale "S. Raffaele" per l'assistenza ai migranti. Intuisce che l’immigrazione va gestita con serietà e che richiede l’esistenza di strutture solide e ben organizzate. Il 25 ottobre 1895 fonda le Suore Missionarie di S. Carlo.
Questi ordini missionari si sviluppano in pochi anni, attirando vocazioni e persone disposte a lavorare e ad aiutare le comunità di immigrati italiani in tutto il mondo. Vengono chiamati, semplicemente, “scalabriniani“. Infatti, Scalabrini fa due viaggi importanti: nel 1901 (che è l'anno dell’inizio del nostro racconto) si reca negli Stati Uniti, poi, nel 1904, va in Brasile.
Parallelamente a tutte queste attività, Scalabrini scrive opere di carattere vario: Conferenze sul Concilio Vaticano I (1873), diversi testi sul catechismo, documenti sulla questione che divideva transigenti e intransigenti in seno alla Chiesa (1885) e, ovviamente, opere sull'emigrazione, fra le quali spicca Pro Emigratis Catholicis del 1905.
La sua sensibilità per il mondo che lo circonda e l’attenzione che presta ai suoi contemporanei hanno come risultato l’opera Il socialismo e l'azione del clero che ebbe ben due edizioni nel corso del 1899.
Dopo la sua morte, vennero curati e pubblicati altri suoi scritti: Il citato memoriale sulla Congregazione o Commissione "Pro Emigratis Catholicis", il carteggio con il vescovo di Cremona Geremia Bonomelli (1868-1905) e la raccolta delle Lettere Pastorali (1876-1905).
Da questi scritti emerge l'anima pastorale di Scalabrini: era definito «Vescovo al cui cuore non bastò una Diocesi», essendosi fatto carico di questioni che interessavano la Chiesa, in primo luogo delle migrazioni.
Mons. Bonomelli scrive sul suo amico Giovanni Battista Scalabrini: «Dio l'aveva fornito d'una intelligenza pronta, versatile, acuta, limpida, vasta; a qualunque scienza si fosse dedicato, riusciva senz'ombra di difficoltà e le questioni più ardue di filosofia, di teologia, di storia, di politica, erano da lui trattate e svolte con una sicurezza e chiarezza che mi colmavano di stupore; pareva che solo di quelle avesse fatto studio speciale».
Queste parole descrivono alla perfezione Scalabrini, che, pur vivendo nel XIX secolo, ha la versatilità e l’universalità dell’uomo del Rinascimento. Affascina anche oggi questa sua capacità di riunire i talenti e mettere insieme le capacità degli uni, per aiutare gli altri, di vedere nelle masse migratorie il sale della terra. In effetti, lui ha dato un senso all’immigrazione e dignità agli immigrati, ha facilitato il loro rapporto con Dio, che ha creato tutto, il mondo dal quale sono partiti e quello in cui sono approdati.
Giovanni Battista Scalabrini è stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 9 novembre 1997. Il suo lascito morale e la sua eredità spirituale si vedono oggi, attraverso i tanti missionari scalabriniani (religiosi e laici) sparsi per il mondo.
Il loro Istituto SIMI (Scalabrini International Migration Institute) di Roma è un Istituto Accademico Internazionale che promuove principalmente la ricerca e lo studio della mobilità umana. Fornisce inoltre ai sacerdoti diocesani una formazione specifica che li aiuta nella creazione della pastorale per l'immigrazione. Ma il programma di studio ha anche tante altre materie, che contribuiscono a dare una formazione complessa agli studenti. Il SIMI è una bella realtà, da conosce e da appoggiare attraverso le donazioni (www.simiroma.org).
Oggi i figli spirituali del Beato Giovanni Battista Scalabrini non si occupano più soltanto degli immigrati italiani, ma di tutti gli immigrati. Fornisce loro appoggio spirituale, materiale e giuridico, ma anche la formazione. Porta loro la parola e la testimonianza di Cristo ed anche la sua carità.
Possiamo considerare Scalabrini insomma uno scienziato dell'immigrazione perché ha saputo codificare con rigore scientifico le necessità di questo fenomeno, anticipandone l'ampiezza. Dare una mano, una buona parola e il calore di una buona accoglienza a chi non ha più niente di suo, è forse la forma suprema di carità. Per questa ragione, Scalabrini è stato soprannominato "il principe della carità".
Disse di lui Giovanni Paolo II: «Profondamente innamorato di Dio e straordinariamente devoto dell'Eucaristia, egli seppe tradurre la contemplazione di Dio e del suo mistero in una intensa azione apostolica e missionaria, facendosi tutto a tutti per annunciare il Vangelo»