San Rabano Mauro e il Veni Creator Spiritus
Citato nel XII canto del Paradiso dantesco, san Rabano Mauro, la cui memoria liturgica ricorre oggi, fu un grande erudito ai tempi di Carlo Magno. A lui è attribuito il Veni Creator Spiritus, l’inno che accompagna la Chiesa nelle decisioni più importanti, nelle sue funzioni religiose più solenni. E in cui poesia e teologia si fondono in modo eccezionale.
Rabano è qui, e lucemi dallato
il calavrese abate Giovacchino,
di spirito profetico dotato.
Ad inveggiar cotanto paladino
mi mosse l’infiammata cortesia
di fra Tommaso e ‘l discreto latino;
e mosse meco questa compagnia.
È il sommo Poeta Dante a citare san Rabano Mauro nel XII canto del Paradiso, in compagnia di san Tommaso d’Aquino, san Domenico e Gioacchino da Fiore. San Rabano, mente e cuore eccelsi di una Chiesa che parla ancora, che canta ancora le sue lodi al Signore. Un santo poco conosciuto, bisogna ammetterlo. Ma rappresenta per la cultura cattolica (quindi parliamo non solo di spiritualità) un monumento che vive in ogni verso dell’inno allo Spirito Santo: il famoso Veni Creator Spiritus, l’inno - a lui attribuito - che accompagna la Chiesa nelle decisioni più importanti, nelle sue funzioni religiose più solenni.
Lo Spirito Santo: non è, certamente, un “qualcosa” di facilmente intellegibile. In fondo, rimane e rimarrà - forse è meglio così, per la nostra imperitura ricerca di Dio - un mistero. È, infatti, il mistero a spingerci sempre più alla ricerca. E in ogni luogo. L’inno Veni Creator Spiritus, in una certa misura, ci aiuta proprio a entrare meglio nel mistero. A contemplarlo, così come si contempla un cielo stellato, un fiore al suo primo albore di primavera.
La vita di Rabano è stata sempre immersa nelle pagine della Scrittura, prima fonte - assieme alla preghiera - di ogni sua opera filosofica. La Scrittura e le parole scritte dal santo si intrecciano e si fondono. Sono un unicum di cultura e spiritualità. L’intelletto al servizio di Dio. I versi, le parole, i “concetti” espressi dalla sua mente sono stati “illuminati” dalla Sapienza di Dio.
Rabano, grande enciclopedista, nacque tra il 780 e il 784 a Magonza ed entrò giovanissimo, come oblato, nell’abbazia di Fulda. Fu in questo luogo che scrisse uno dei suoi primi trattati di filosofia. Il nome di questa abbazia sarà sempre legato alla vita di questo santo. Completò gli studi nella Schola Palatina, al tempo in cui era guidata da un grande filosofo e letterato, il beato Alcuino di York (735-804). L’incontro con un tale personaggio fu fondamentale per la sua vita di religioso e studioso. Fu proprio l’insigne Alcuino a dargli il nome di “Mauro” in memoria del discepolo prediletto di san Benedetto da Norcia. Pochi anni dopo Rabano Mauro ritornò a Fulda e qui, nell’814, ricevette l’ordinazione sacerdotale. Nell’822, sempre a Fulda, divenne abate. Fu in questi anni che scrisse la maggior parte delle sue opere.
Importanti - per comprenderne la personalità di studioso - i suoi commenti a san Girolamo, sant’Agostino e san Gregorio Magno: autori che gli ispirarono il testo del Veni Creator Spiritus. Rabano Mauro morì il 4 febbraio 856 e le sue reliquie furono deposte e, in seguito, venerate in luogo visibile nel monastero di Sant’Albano, a Magonza. Purtroppo, tali reliquie scomparvero all’epoca della Riforma protestante.
“Veni, creátor Spíritus,
mentes tuòrum vísita,
imple supérna grátia,
quæ tu creásti péctora”
“Vieni, o Spirito creatore,
visita le nostre menti,
riempi della tua grazia
i cuori che hai creato”.
Versi potenti, fin dall’incipit dell’inno. Inondano l’ascoltatore, così come lo stesso Spirito Santo invocato. La prima notizia ufficiale che abbiamo in merito all’adozione da parte della Chiesa di questo inno si ha negli atti del Sinodo di Reims (1049): all’ingresso in aula di papa Leone IX, il clero cantò con grande devozione il Veni Creator Spiritus. È il solo inno latino antico accolto dalle chiese nate dalla Riforma. Persino Lutero fu affascinato da tale inno, tanto da volerne curare una versione che più tardi fu musicata da Bach. L’inno - per quanto concerne lo stile - risente del Rito ambrosiano (per la metrica): il dimetro giambico e diversi riferimenti particolari vengono miscelati grazie alla nota tecnica del mosaico (o collage). Una serie di reminiscenze bibliche e patristiche - particolarmente legate agli scritti di Ambrogio, Agostino e Gregorio Magno - si condensano nei versi dell’inno.
Veni Creator Spiritus è invocazione, prima di tutto. È invocazione del cuore. Si chiede a Dio di mandare il Suo Spirito a chi lo invoca, a chi lo cerca. È la grazia celeste a essere “strumento” affinché lo Spirito possa operare nel cuore degli uomini. Nell’inno la poesia, i versi e la teologia si fondono in modo eccezionale. Lo Spirito è in grado di far intuire la corrispondenza tra desiderio del cuore e la grazia che giunge dall’alto perché ne è egli stesso il creatore. Rabano Mauro, dunque, riesce - con mirabile grazia - a portare l’ascoltatore in una sfera celestiale in cui è importante notare la presenza di un elemento naturale: il fuoco. L’immagine del fuoco veicola due contenuti dell’azione dello Spirito Santo, la purificazione e l’infusione della carità: è l’Amore di Dio che deve entrare nei cuori dei fedeli. Leggiamo, infatti:
“Accénde lumen sénsibus,
infúnde amórem córdibus,
infírma nostri córporis
virtúte firmans pérpeti”.
“Sii luce all’intelletto,
fiamma ardente nel cuore;
sana le nostre ferite
col balsamo del tuo amore”.
Luce, intelletto, fiamma di carità. Perché, come sappiamo, dove c’è carità, c’è Amore. E per vivere nello Spirito - come diceva sant’Agostino - bisogna “conservare la carità, amare la verità, e desiderare l’unità”. Solo così sarà possibile raggiungere l’eternità. Magari aiutati dai versi del Veni Creator Spiritus.