«San Luigi era gay». Vescovo smentito dal discendente: «Illazioni»
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L'offensiva della "neo Chiesa" Lgbt punta ad avere il suo santo omosessuale. Così il vescovo emerito di San Marino sgancia la bomba: «San Luigi era gay». Ma viene smentito dal discendente di casa Gonzaga: «Illazioni». Poi la retromarcia: «Solo un'opinione di un gesuita». L'episodio è sintomatico di un metodo di piegare la storia all'ideologia.
Nelle cronache di una “neo Chiesa”, così protesa verso lo sdoganamento dell’omosessualità, poteva mancare il santo gay a cui guardare come modello? Certo che no. E così, dopo aver piegato a proprio vantaggio alcuni passi biblici, ecco che stavolta l’omoeresia ne partorisce un’altra. Serve un santo che sia omosessuale, per mostrare ai fedeli della galassia Lgbt che «Dio li ama così come sono». A incaricarsi di battezzare il santo patrono dei gay è nientemeno che un vescovo.
Le cronache ci portano a Tresigallo, provincia e diocesi di Ferrara. È qui che nei giorni scorsi il vescovo emerito di San Marino monsignor Andrea Turazzi l’ha sparata veramente grossa. Invitato dal parroco a tenere una conferenza nella chiesa del paese, Turazzi con grande nonchalance ha sganciato la bomba (QUI a 1h e 10minuti)
«Dio vuol bene a tutti i suoi figli. E allora qual è il criterio che dà il Signore? Non sono i nostri criteri – ha detto -. Anche nelle nostre famiglie abbiamo un figlio o un nipote che si è separato oppure in parrocchia ho avuto diversi ragazzi e ragazze omosessuali. E sono amati da Dio». E fin qui, argomento scivoloso, ma teoricamente corretto. Il punto è quando si vuole piegare le vite dei santi alla causa Lgbt, rischio che conduce come vedremo a scivoloni non indifferenti. «Ma lo sapete – ha proseguito il vescovo Turazzi - che San Luigi Gonzaga, dicono gli studiosi, era omosessuale? Ed era il santo della purezza! Quindi davanti a Dio non c’è nessuno che non sia amato teneramente e ognuno ha il suo percorso».
Che la notizia data dal vescovo sia di quelle clamorose, dopo oltre 500 anni di agiografia inossidabile sul santo della carità di origine mantovana, è testimoniato dal volto del parroco che non sapendo dove guardare alza gli occhi al Cielo come se dicesse: «Oddio, e adesso come ci saltiamo fuori?».
Inevitabile che, avendo caricato la lectio episcopalis sul canale Youtube della parrocchia, questa viaggiasse veloce come un tam tam inarrestabile e di chat in chat è arrivata anche a noi, qui alla Bussola.
Che fare? Possibile che il vescovo affermi con questa granitica certezza che ci sono degli studi che sostengono che San Luigi fosse omosessuale? E per quale motivo? Quali sarebbero i riscontri che questi studiosi, non citati dal vescovo, addurrebbero per questa tesi alquanto ardita e blasfema?
In prima battuta, la Bussola ha cercato il principe Maurizio Gonzaga, discendente della nobile famiglia e dunque pronipote del santo del giglio: «Un’illazione – ci ha risposto -. Devo dire che questa diceria l’ho già sentita in passato, ma non c’è nessuna prova che risulti da documenti o da lettere». Effettivamente, le lettere scritte dal santo ai genitori sono i più genuini documenti che abbiamo a disposizione per delineare la sua santità. «Ma da queste non emerge nulla, sappiamo che da bambino fece una promessa di castità alla Madonna dell’Annunciata a Firenze. Promessa che reiterò sotto forma di voto di castità da adolescente e che mantenne per tutta la vita. Nonostante il suo carattere piuttosto fumantino, tipico di tutti i Gonzaga».
Infatti, vale per tutti i santi, una buona ricerca storica ha anche il compito di liberare la loro umanità dalle incrostazioni patinate delle agiografie che, nel caso di Luigi vago giglio, lo «ritraggono come chino sul breviario e col giglio in mano, ma che la sua vita fosse a servizio della carità e nella castità più perfetta, lo attesta la Sacra Rota che, proclamandolo santo nel 1617, a meno di 30 anni dalla sua morte, poté affermare con certezza che “…non havere il beato mai avuto stimoli di carne ne pensiero lascivo”».
Insomma, attribuire una tendenza omosessuale a San Luigi, prim’ancora che una bestialità agiografica è un clamoroso falso storico, che non trova riscontro in nessuno dei documenti che abbiamo a disposizione, dai quali semmai, emerge tutt’altro: «Una vita donata nella castità a servizio dei poveri».
Anche il conflitto con il padre, che potrebbe essere vagamente interpretato come foriero di una sessualità non – si può dire? – secondo natura, è invece inquadrato da tutti gli storici come una conflittualità per ragioni di casato. «Il padre non voleva che il casato andasse nelle mani del fratello, perché stimava Luigi, il quale mostrava abili doti diplomatiche e politiche e che si dedicò per oltre dieci mesi, anche dopo il suo proposito di lasciare tutto, agli affari del padre». Insomma, niente di niente, solo «illazioni», ribadisce il principe discendente. «Illazioni che non sono suffragate da nessun documento».
Ricomposto il quadro, a onor del santo, non restava che chiedere al vescovo le ragioni di questa sparata così ardita. Contattato dalla Bussola, Turazzi è parso poco propenso a rilasciarci un’intervista. Poi, insistendo, qualche cosa se l’è lasciata sfuggire: «Me ne ha accennato un padre gesuita, che è grafologo. Secondo lui era un omosessuale, ma non praticava, ovviamente». E meno male!
Chiediamo se questo gesuita, appartenente dunque a quella stessa Compagnia di Gesù nella quale San Luigi spese la sua testimonianza di vita cristiana, abbia mai pubblicato qualcosa su questa «presunta omosessualità». «No, no - la risposta del vescovo – è solo una sua opinione, ma non voglio che si faccia un can can su questo, voi giornalisti siete molto abili a creare dei casi su cose dette en passant e che non si possono dimostrare scientificamente. Ero in questa chiesa, ed eravamo tra “quattro amici”».
Veramente non siamo stati noi ad aver fatto fare al povero Luigi un coming out piuttosto miserevole e non siamo certo noi ad averlo dichiarato nel corso di un evento pubblico, altro che “quattro amici”.
Una volta scoperte le carte, davvero poche, neanche una coppia di assi, al vescovo non è rimasto che provare ad abbozzare una ritrattazione: «Se mi dite che i discendenti lo negano, allora beh… rettifico tutto».
Resta però un pericoloso metodo di fare storia e poi spingendosi con una lettura distorta e strumentale, di fare teologia. Un meccanismo abbastanza perverso che mira a “omosessualizzare” il passato per potervi trovare quelle radici indispensabili per normalizzare l’omosessualità che ai tempi di San Luigi veniva chiamata ancora sodomia, senza paura che Repubblica ci facesse sopra dei paginoni di condanna.
Un metodo che si basa su fake news e spaccia per verità quelle che in realtà, come abbiamo visto, sono illazioni e anche grossolane, di quelle facilmente smontabili. Illazioni che però possono propagarsi con grande facilità in un contesto come quello attuale in cui, volendo sdoganare l’omosessualità come variante naturale della sessualità, non ci si fa scrupolo a usare anche le figure dei santi – e che santi! – per piegarli a proprio vantaggio nel nome di quella che, in fondo, è solo un’ideologia.
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