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L'INTERVISTA

San Francesco, tutti i miti da sfatare su povertà e ambiente

La moderna cultura, con le sue imposizioni di tipo culturale ed ideologico, spesso ci impone immagini ed idee che poi non corrispondono alla realtà. Il caso più clamoroso è certamente quello di San Francesco d'Assisi. Il nuovo libro di Vignelli ci aiuta a smontare tutti i falsi miti sul "poverello di Assisi". 

Ecclesia 04_10_2018

La moderna cultura, con le sue imposizioni di tipo culturale ed ideologico, spesso ci impone immagini ed idee che poi non corrispondono alla realtà. Il caso più clamoroso è certamente quello di San Francesco d'Assisi, che la propaganda incessante ha oramai trasformato in un santo "new age". Sorprese un testo di Guido Vignelli, storico cattolico e studioso della dottrina sociale della Chiesa, dal titolo "San Francesco antimoderno" (Fede & Cultura). Su quella linea ora il Dr. Vignelli sta lavorando ad un nuovo e agile testo dedicato al Santo d'Assisi, che certamente riproporrà alcuni dei temi già esposti nel testo precedente. La Nuova BQ ha rivolto alcune domande allo studioso, sperando che metteranno in qualcuno, specie nell'ordine francescano, il seme di un salutare dubbio. Oggi non è infrequente identificare la spiritualità francescana con "Dolce è sentire", colonna sonora di un film che ha trasbordato nelle nostre liturgie ridotte spesso a ricettacoli di culture altre.

Quale è oggi l'immagine dominante di San Francesco?
Dato che perfino la figura del Redentore Gesù Cristo è stata sminuita, deformata e strumentalizzata con sconcertante audacia e spesso anche in malafede, non c’è da stupirsi se un simile trattamento è stato applicato anche ai suoi seguaci lungo i secoli, perfino da alcuni autori cristiani. Purtroppo, l’immagine oggi dominante di san Francesco è stata gravemente “aggiornata” al fine di adeguarla alla sensibilità moderna. In maniera anche contraddittoria, egli è stato dipinto di volta in volta come un pauperista e un rivoluzionario, oppure come un pacifista ed ecologista, oppure come un “ecumenista” e un relativista. Così facendo, il messaggio, l’esempio e il modello francescani sono stati privati della loro autenticità, serietà e radicalità originarie e sono stati o inseriti in un quadro di rivoluzione violenta, come quella della “teologia della liberazione”, oppure, all’opposto, sono stati immersi in un sentimentalismo dolciastro e vile, o anche nel fumo di una spiritualità in stile “new age”. Ma, in questo modo, l’autentico messaggio francescano è stato non tanto sminuito quanto sostituito da surrogati alla moda, come quando un cibo sano e nutriente viene sostituito da un alimento insipido che risulta privo di sostanza nutritiva sebbene gradevole al palato.

Non fu egli un alfiere del politically correct?
Al contrario, San Francesco fu politically uncorrect. Riformatore esigente, severo, combattivo, san Francesco fu un modello di umiltà e di austerità; quindi il suo esempio si contrappone radicalmente all’orgoglio e alla sensualità della nostra epoca. Questi due vizi oggi sono favoriti dalla “political correctness” che impone un conformismo e un’abitudine all’errore e al male che sta aiutando la Rivoluzione anticristiana ormai crescente. San Francesco ben sapeva che l’uomo non è buono per natura, ma anzi è corrotto dal Peccato Originale e inclinato da quelli attuali a fare il male. Pertanto, per salvarsi, l’uomo ha bisogno di essere esortato al pentimento, alla conversione e alla penitenza; inoltre, egli ha bisogno di essere corretto dagli errori, rimproverato delle colpe e sottoposto a quei castighi che possono tenerlo lontano dal peccato. Pochi sanno che san Francesco aveva incaricato uno dei suoi frati, che era stato pugile, di punire fisicamente quei confratelli che davano scandalo.

Santo ecologico?
San Francesco aveva una concezione sapienziale della natura, della sua conoscenza e del suo uso. Egli considerava la natura non come un idolo da adorare e al quale sacrificare la civiltà, come oggi pretende l’ecologismo estremista, bensì come una creatura, come un “ambiente” creato che manifesta le divine grandezze del Creatore e come uno strumento donato da Lui all’uomo per il suo progresso e soprattutto per la sua salvezza. Tantomeno si può considerare san Francesco come un precursore dell’odierno “animalismo” o del vegetarianismo: egli infatti amava alcuni (non tutti!) animali come immagini di virtù morali o di personaggi sacri e celebrava le feste religiose mangiando di tutto, anche la carne, come l’agnello pasquale.

Almeno ecumenico?
L’insegnamento e l’esempio di san Francesco sono “ecumenici” solo nel senso tradizionale del termine: ossia mirano a convertire infedeli, eretici e scismatici per ricondurli al solo vero Dio, alla sola vera Fede e alla sola vera Chiesa. Nulla a che fare, quindi, con quell’ecumenismo relativistico e pacifista che vorrebbe sacrificare l’evangelizzazione al rispetto di una falsa pace religiosa. Questo vale anche per il breve rapporto che il Serafico padre ebbe con l’Islam, rapporto ben sintetizzato dal suo famoso incontro col Sultano egizio. A lui, san Francesco propose di ripudiare l’islamismo per convertirsi al solo vero Dio e Salvatore. Quando alcuni suoi frati furono martirizzati da musulmani in Marocco, perché avevano confutato l’errore maomettano davanti ai suoi mullah, san Francesco li elogiò come “i miei primi veri seguaci e imitatori”.

Ci viene detto che fu un rivoluzionario...
Non si può definire “rivoluzionario” un frate che inizia la sua missione obbedendo alla richiesta del Crocifisso di “restaurare” la vera Chiesa. San Francesco non fu egualitario né pauperista, non propagandò un programma politico, non incitò alla ribellione sociale, non esortò alla rivolta generazionale, non contestò la Gerarchia ecclesiastica ma solo i suoi abusi. Al contrario, egli difese la proprietà, esortò alla pace sociale, al rispetto delle autorità, all’obbedienza ai genitori. Anche per questo, egli fu seguito e imitato non solo da poveri ed emarginati, ma anche da ricchi e nobili, non pochi dei quali poi sono stati proclamati santi dalla Chiesa.

Cosa intendiamo per "povertà francescana"...
La vera povertà francescana consiste nella rinunzia personale a tutti i benefìci resi possibili dalla proprietà privata e dalla vita sociale: ossia sicurezza economica, soddisfazione professionale, prestigio sociale, influenza politica; tutte cose buone, ma inferiori a quella eletta libertà di spirito che viene assicurata principalmente dalla rinuncia al mondo, alla famiglia e ai beni. Quando si è rinunciato alla sicurezza e alle soddisfazioni fornite dalla famiglia e dalla proprietà, allora si vive in totale abbandono alla Divina Provvidenza. Tuttavia, questa rinunzia è meritevole solo se è una scelta volontaria fatta liberamente da una élite per santificarsi, ma diventa colpevole e rovinosa se è una imposizione fatta da una setta alla società per ripudiare i benefici della civiltà cristiana, come è accaduto con la dittatura socialista.

Non ha predicato povertà per la Chiesa?
Il Serafico padre desiderava una Chiesa povera ma non miserabile né impotente. Fin dai tempi della primitiva comunità apostolica, oggi ingenuamente mitizzata, la Chiesa ha ricevuto in dono molti e ricchi beni e si preoccupata di gestirli adeguatamente per sostentarsi come società organizzata e rendersi indipendente dai poteri politici. La Chiesa ha così usato quei beni al fine di soccorrere i poveri, certo, ma anche di provvedere al culto liturgico, che dev’essere solenne e fastoso, al fine di rendere a Dio dovuta la gloria. Di conseguenza, san Francesco voleva che il suo Ordine vivesse poveramente e in abitazioni misere, ma stabilì pure che ricevesse in dono beni e tesori per ornare le Chiese e gli altari, al fine di celebrarvi un culto gradito a Dio. Anche per questo motivo, l’Ordine francescano ha contribuito alla civiltà cristiana arricchendola nelle arti, nelle scienze e nella cultura in genere.

Quale documento d'epoca ci ridona il vero San Francesco?
Basterebbe rileggere le primitive fonti francescane, a cominciare dai testi del beato Tommaso da Celano e dalla bellissima biografia scritta da san Bonaventura da Bagnoregio. Vi aggiungerei la eloquente enciclica “Rite expiatis”, pubblicata nel 1929 da papa Pio XI, che già al suo tempo denunciò la incipiente falsificazione del modello francescano e invitò i fedeli a riscoprire quello vero. Purtroppo, al contrario, da allora questa falsificazione si è aggravata, come dimostrano molti libri di autori anche famosi, come Balducci, Basetti Sani, Boff, Caretto, Fabbretti, Jeusset, Miccoli, Ortensio da Spinertoli: quasi tutti membri dell’Ordine francescano, si badi! Invece altri frati che ho avuto come amici – come Antonio Coccia, Antonio Di Monda e Stefano Manelli – mi hanno aiutato a riscoprire il vero messaggio di san Francesco.

Ma perché tutte le falisificazioni di cui parlava in precedenza?
L’immagine, il messaggio e l’esempio francescani sono stati sottoposti a un’opera di deformazione cominciata alla fine del XIX secolo da ambienti protestanti e liberali i quali, dopo aver per decenni disprezzato il vero san Francesco, hanno tentato di inquinarne l’eredità diffondendone un ritratto falsificato. Particolarmente influente fu l’opera del calvinista Paul Sabatier, che ha fatto scuola anche tra gli studiosi francescani. Ciò è spiegabile solo con una sorta di congiura che ha alleato, da una parte, alcuni storici prevenuti e sleali, che hanno adattato il francescanesimo alla loro ideologia laicista e rivoluzionaria, e, dall’altra parte, molti maldestri propagandisti cristiani, che hanno voluto diffondere una immagine del santo “aggiornata” al conformismo progressista, nella illusione di renderlo meno scandaloso e più accettabile. Una lunga serie di saggi, romanzi, fumetti, commedie, musical, film, e trasmissioni televisive hanno poi imposto questa falsa immagine al grande pubblico: e così, una falsità ripetuta migliaia di volte è diventata una verità indiscutibile. Eppure, basta tornare alle fonti storiche del secolo XIII per ricuperare il vero esempio francescano nella sua autenticità storica. Si tratta di un modello di santità evidentemente antimoderno il quale, proprio per questo, oggi risulta di attualità e mantiene un certo fascino che attira soprattutto quei giovani che sono disgustati dalla “modernità”, sono consapevoli del suo fallimento e ne ricercano una credibile alternativa. Anche nel caso del francescanesimo vale quell’antico motto che dice: “Riscoprite l’antico e sarà un progresso”.