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San Benedetto e la sua Regola, cercare Dio cambia il mondo

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Della Regola di san Benedetto a volte è stata data una lettura fin troppo pragmatica, facendo perdere di vista che essa ha il fine di guidare il monaco a mettere Dio sopra ogni cosa. E dal monachesimo così orientato si è prodotta, a cascata, una straordinaria fioritura della civiltà.

Ecclesia 11_07_2025

San Benedetto da Norcia e la sua Regola. Il binomio è nella mente di tutti. Difatti, da quando è stata istituita la Regola, è come se il nome del santo celebrato oggi sia stato fissato – in maniera indelebile – a quelle norme che dettano la vita monastica benedettina. Una Regola che a sua volta è associata al motto «ora et labora»: prega e lavora. A queste due dimensioni andrebbe aggiunta quella dello studio che, per san Benedetto, rimane fondamentale per il percorso di conoscenza di Dio e della sua Parola.

Il testo della Regola è suddiviso in 73 capitoli, preceduti da un prologo. I 73 capitoli, a loro volta, possono essere – in una certa misura – suddivisi in quattro parti: nella prima parte sono esposti i valori fondamentali della vita benedettina; nella seconda parte, troviamo approfondito il tema della preghiera nella comunità; nella terza, viene sottolineato che tutto ciò che è scritto nella Regola può essere d’aiuto nella vita quotidiana e all’interno del monastero stesso; nell’ultima parte, la quarta, vengono esposti dei suggerimenti su come incarnare la Regola nella vita e si offrono importanti spunti di riflessione spirituale. Questo il quadro, in generale.

La Regola, come dicevamo, inizia con un prologo, che è insieme un invito all’obbedienza e alla vita monastica. Nei capitoli dal I al VII, vengono approfondite le varie categorie dei monaci, il ruolo dell’abate, la comunità, l’importanza del silenzio e dell’umiltà. Dal capitolo VIII al XX, vengono esposte le norme per l’Ufficio divino e viene ribadita l’importanza della recita dei Salmi e della Liturgia delle ore, nonché la riverenza nella preghiera. I capitoli XXI-XXII ci parlano dei decani del monastero e del dormitorio dei monaci. I capitoli dal XXIII al XXX si soffermano sulla scomunica e sulle colpe gravi contro Dio, oltre che sulla tematica della riammissione dei fratelli che hanno sbagliato, che si sono allontanati dalla retta via. Nei capitoli dal XXXI al XXXVII troviamo alcune “regole” pratiche riguardo al servizio della cucina, all’assistenza agli ammalati, agli anziani e ai giovani. Dal capitolo XXXVIII al XLII, vengono affrontati temi quali le letture da compiersi in refettorio, e poi il cibo e il vino consoni per un monastero, così come gli orari dei pasti; oltre a ciò viene affrontato anche il tema del silenzio dopo aver recitato la Compieta. I capitoli dal XLIII al LI sottolineano l’importanza della puntualità nell’Ufficio divino e si mette in evidenza come porre “rimedio” agli scomunicati. Inoltre si danno alcune indicazioni in merito alla Quaresima e sui monaci lontani dal monastero per viaggio, lavoro o commissioni.

Giungiamo, così, all’ultima parte della Regola. Dal capitolo LII al LVII, il documento benedettino si concentra sui seguenti temi: la chiesa presente nel monastero, l’accoglienza degli ospiti, le lettere e i regali che possono ricevere i religiosi del monastero, e così anche alcune indicazioni sulle loro vesti, per poi finire con i mestieri e le arti che praticano i benedettini. Nei capitoli dal LVIII al LXIII, troviamo alcuni consigli ed esortazioni sul vivere assieme ai fratelli. Altri punti analizzati sono: gli aspiranti alla vita monastica e l’accoglienza dei religiosi non appartenenti all’Ordine. Ultimi capitoli (quelli dal LXIV al LXXIII): le disposizioni per l’elezione dell’abate e del priore del monastero, il fondamentale tema dell’obbedienza e la sollecitudine nella vita di preghiera e di comunità dei monaci. Ciò che potrebbe sembrare una lunga e magari anche tediosa sequela di argomenti, riesce invece a farci comprendere la vastità delle tematiche che la Regola affronta: abbiamo, così, un panorama a 360 gradi di ciò che era importante per il santo da Norcia. Ciò che impressiona di più è la visione d’insieme espressa da Benedetto nella Regola.

Ed è possibile ritrovare questa ampia dimensione anche negli “attori” che si incontrano tra le pagine della Regola, in cui il santo si sofferma tanto sulla persona quanto sulla comunità. Scrive degli anziani e dei giovani, delle persone deboli e di quelle forti, fino ad arrivare all’universale dicotomia tra vita e morte che non possono che essere interpretate se non in un’ottica cristiana: dunque, alla luce del messaggio di Cristo. Un’ottica che è già chiara fin dall’incipit del prologo: «Ascolta, o figlio, gli insegnamenti del maestro e apri docilmente il tuo cuore; accogli volentieri i consigli ispirati dal suo amore paterno e mettili in pratica con impegno, in modo che tu possa tornare attraverso la solerzia dell’obbedienza a Colui dal quale ti sei allontanato per l’ignavia della disobbedienza. Io mi rivolgo personalmente a te, chiunque tu sia, che, avendo deciso di rinunciare alla volontà propria, impugni le fortissime e valorose armi dell’obbedienza per militare sotto il vero re, Cristo Signore».

Perché è importante riportare queste parole? La risposta è legata a un’interpretazione a volte troppo pragmatica che viene data alla Regola. Per rispondere a questa visione, spesso riportata da molti a discapito di quella spirituale, vengono in mente le parole dello storico Léo Moulin: «Mosso dalla sua volontà di vivere una vita di perfezione in tutto conforme al messaggio evangelico, illuminato dalla Regola, il monaco intende impegnarsi in una strada che, per definizione, non può apportargli alcun guadagno materiale o sociale. Egli vive fuori dal secolo, che fugge. Egli vuole solo essere cittadino di una città invisibile la cui parte visibile ha poca importanza ai suoi occhi. Egli non ha la vocazione di colonizzare, di dissodare, di coltivare, di apportare delle innovazioni in agricoltura, di prosciugare delle paludi o di fare funzionare dei mulini, di allevare delle api o di prendersi cura dei boschi, di fare vino o formaggio. Egli non ha scopi che non siano spirituali: anche l’azione apostolica, la carità, l’insegnamento non lo riguardano, almeno direttamente. E, tuttavia, i monaci sono all’origine, [forse] inconsapevole e involontaria, di un movimento economico e sociale così profondo, così diversificato e vasto che l’evoluzione del Medio Evo sarebbe difficilmente spiegabile senza la loro presenza e la loro azione. In questo senso, San Benedetto e con lui i benedettini sono i “padri dell’Europa” nel senso pieno del termine, sia dal punto di vista storico che sociologico» (La vita quotidiana secondo San Benedetto, Jaca Book, Milano, 1980).

Questo scritto di Moulin riesce a offrire un quadro chiaro dell’importanza della Regola e dello stesso santo: giustamente viene sottolineata la dimensione spirituale del documento e del monachesimo benedettino, che, cercando Dio, ha avuto anche una straordinaria ricaduta positiva – forse «inconsapevole e involontaria» – sulla società dell’epoca. La preghiera, il rapporto con Dio, la propria crescita spirituale: tutto questo è ciò che soprattutto è al centro della Regola, che, proprio per la sua natura così densa di spiritualità, rimane uno strumento di arricchimento non solo per i monaci, ma per ogni uomo che intende incamminarsi verso la perfezione cristiana.