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ITINERARI DI FEDE

San Bartolomeo, la Basilica che va "a caccia" di martiri

Nel 1999 Papa Giovanni Paolo II istituì, presso i locali della basilica di San Bartolomeo sull'Isola tiberina, la commissione “Nuovi Martiri” conferendole l’incarico di cercare quante più possibili informazioni relative a storie di martiri  cristiani del XX secolo. 

Cultura 26_08_2017

L’Apostolo Bartolomeo, nel Vangelo di Giovanni indicato con il nome di Natanaele, era originario di Cana di Galilea e morì martire, scuoiato della sua pelle, probabilmente in Siria verso l’anno 68.  Al santo, predicatore itinerante in Armenia, India e Mesopotamia, invocato per ottenere la guarigione di malati e ossessi, Ottone III di Sassonia volle intitolare una chiesa romana che egli stesso aveva fatto erigere intorno al 998 in onore dell’amico Sant’Adalberto di Praga, con l’intenzione di traslarvi le reliquie.

La basilica sorge in posizione strategica, sull’Isola Tiberina, in un luogo già da tempi immemori meta di pellegrinaggi per la presenza di un tempio dedicato al dio Esculapio.  Restaurata e ricostruita più volte nel corso dei secoli, fu parzialmente distrutta dall’esondazione del Tevere nel 1557 che causò il crollo della facciata e dei mosaici che la decoravano. Il prospetto attuale è un tipico esempio di barocco romano, con portico, timpano spezzato e due piani, di cui la parte centrale superiore rientrante. Sul lato sinistro svetta, dal XII secolo, la torre campanaria ornata di bifore e trifore.

Lo spazio interno, scandito da tre navate suddivise da due file di colonne recuperate da antichi monumenti, è caratterizzato da presbiterio e da transetto rialzati. Al centro della scalinata che ne concede l’accesso, in corrispondenza del punto in cui si ritiene ci fosse la fonte del tempio di Esculapio, è posto un pozzo ricavato da una colonna del IX secolo, sulla cui superficie colonnine tortili inquadrano edicole con le figure di Gesù, Sant’Adalberto, San Bartolomeo e Ottone III.

Il pavimento settecentesco sostituì l’originale cosmatesco; il soffitto a cassettoni, risalente al Seicento, presenta riquadri con la Vergine Assunta, San Francesco che riceve le stimmate e San Bartolomeo che si rifiuta di adorare divinità pagane.

Nel 1999 Papa Giovanni Paolo II istituì, presso i locali della basilica, la commissione “Nuovi Martiri” conferendole l’incarico di cercare quante più possibili informazioni relative a storie di martiri  cristiani del XX secolo. Nel giro di qualche anno furono raccolti, provenienti da tutto il globo, dodicimila dossier di testimoni della fede che il Santo Padre volle onorare con un segno visibile all’interno della chiesa facendo realizzare un’icona a loro intitolata, collocata solennemente sull’altare maggiore nel 2002. L’immagine rappresenta quanto è scritto nel libro dell’Apocalisse: “ Dopo ciò apparve una moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide e portavano palme nelle mani.”

Si decise, inoltre, di dedicare ogni singola cappella a un contesto storico e geografico particolare,  esponendovi memorie e reliquie dei tanti Santi contemporanei. Nella prima cappella della navata destra sono ricordati i martiri di Asia, Oceania, Medio Oriente, cui seguono quelli delle Americhe e, a fianco, le vittime cristiane dei regimi comunisti. Lungo la navata sinistra si avvicendano le cappelle dei martiri dell’Africa, di Spagna e Messico e, infine, del regime nazista. Qui si venerano le reliquie di San Massimiliano Maria  Kolbe, il francescano polacco definito da San Giovanni Paolo II “patrono del nostro difficile secolo”.

E’ stato Benedetto XVI, nella visita alla basilica dell’aprile 2008, a ricordarci che è solo la presenza di Cristo che da un senso al martirio quale forza dell’amore “inerme e vittorioso anche nell’apparente sconfitta”.