Salvare i bambini non facendoli nascere
La campagna "Nati per Morire" è stata veicolata anche dal quotidiano Avvenire, che ha ignorato il fatto che le soluzioni proposte dalla Ong prevedano la diffusione di contraccezione e aborto. E un'associazione lancia una petizione per chiedere al direttore di Avvenire di giustificarsi.
Salvare i bambini non facendoli nascere. È una vecchia idea ma in questi giorni è tornata d'attualità con la campagna lanciata dalla nota Organizzazione Non Governativa (Ong) Save the Children (Salva i bambini). La campagna si chiama “Nati per morire”, che evidenzia come ogni anno 6,3 milioni di bambini muoiano prima di raggiungere i cinque anni di età. Tra questi 2,8 sono neonati.
Save the Children spiega questo fatto mettendolo in relazione con le difficili condizioni di vita delle loro madri e propone diversi interventi d’azione. L’azione della Ong sarebbe certamente lodevole se solo sfogliando le pagine del rapporto non ci si imbattesse in alcuni passaggi che lasciano chiaramente capire come intenda risolvere il problema. La parola d'ordine è “pianificazione familiare”, che nel linguaggio delle organizzazioni umanitarie si deve tradurre con contraccezione e aborto per tutti.
«Sono Stati come la Danimarca e la Norvegia quelli in vetta alla classifica. Si tratta di Paesi che riportano valori ottimali per tutti e cinque gli indicatori. […] Risulta più agevole anche l’accesso ai servizi di pianificazione familiare, alle informazioni su eventuali rischi che possono incorrere nel corso della gravidanza e sulle corrette misure per affrontarla in salute», si legge a pagina 23.
E ancora, più avanti: «Dove la disuguaglianza di genere è ancora profonda, la donna non ha pieno accesso alle risorse o pieno potere decisionale su scelte legate ad esempio all’istruzione o alla sua salute riproduttiva. Dove invece il gender gap è meno rilevante, è più alta l’attenzione nei confronti della scolarizzazione della popolazione femminile, è più facile l’accesso ai servizi di salute riproduttiva e la possibilità di scelta in ambito lavorativo». Con "servizi di salute riproduttiva" proprio a contraccezione e aborto vogliono riferirsi.
Si tratta di un linguaggio rivelatore, e non a caso viene preso a modello un paese come la Danimarca in cui il governo in passato aveva esercitato pressioni in modo da rendere gratuite le diagnosi prenatali per l’identificazione e l’eliminazione dei bambini con malattie genetiche. Proprio in Danimarca c'è chi si era posto l'obiettivo di eliminare in questo modo la sindrome di Down entro il 2030.
Del resto basta cliccare sul sito italiano di Save the Children per rendersi conto di cosa sia la “pianificazione familiare” secondo l’Ong: «L'offerta di servizi di pianificazione familiare ai giovani delle comunità, counselling individuale, distribuzione di contraccettivi, corsi di formazioni (sic) per gli agenti di salute e per gruppi uomini della comunità che sono favorevoli o hanno beneficiato dei servizi di pianificazione familiare…». Non bisogna poi dimenticare che Save the Children collabora strettamente con la Fondazione Bill e Melinda Gates per quel che riguarda la diffusione della contraccezione nel mondo. Stessa collaborazione con altre fondazioni che promuovono il controllo delle nascite e posto in Consiglio d’Amministrazione del CRIN (Child Rights International Network) che nel gennaio scorso è stato tra gli organizzatori di un attacco diretto alla Santa Sede in sede ONU. Lo stesso CRIN promuove anche la diffusione dell’educazione sessuale dall’infanzia secondo i dettami dell’ideologia del gender.
Tutte cose abbastanza note. Ma qui viene il bello, perché pare invece che ad Avvenire non lo sappiano, e così il quotidiano della Cei riporta con grande enfasi il rapporto "Nati per morire", senza minimamente spiegare cosa sia Save the Children e quali siano realmente le soluzioni proposte. La cosa è apparsa talmente clamorosa anche ad alcuni lettori che, attraverso "Generazione Voglio Vivere", hanno lanciato una petizione al direttore del quotidiano Avvenire per sollecitarlo a un chiarimento.
«Sappiamo bene che laddove contraccezione e aborto sono stati presentati e utilizzati come vie ‘buone’ per affrontare un problema, hanno avuto effetti devastanti e peggiori non solo sui bambini a cui è stato tolto il diritto alla vita, ma anche sulle donne», spiega Samuele Maniscalco, responsabile della campagna. «È un circolo vizioso: la contraccezione, cattiva in sé, crea una mentalità abortista e fa dell’aborto la ‘soluzione’ per sbarazzarsi del proprio bambino».
Nel rapporto “Nati per morire” di Save the Children si nota inoltre un riferimento costante a un’associazione internazionale notoriamente pro-aborto come l'UNFPA. «In Cina, tanto per citare un caso, questa associazione contribuì attivamente alla realizzazione della politica del figlio unico», spiega Maniscalco. «Negli anni ‘90 la sua direttrice Nafis Sadik arrivò a dire, in discorsi ufficiali, che la sua organizzazione ‘avrebbe propagato le esperienze della Cina nel controllo della popolazione’ in altri Paesi del Terzo Mondo. Insomma, credo ce ne sia abbastanza per allarmarsi e per allarmare l'opinione pubblica», conclude Maniscalco. «È per questo che chiediamo al direttore di Avvenire di mettere in guardia i lettori da certe trappole anti-nataliste».
Già nel recente passato Save the Children si era segnalata, accanto ad altre associazioni, per la richiesta di estendere la possibilità del suicidio assistito anche ai minori di 16 anni in Scozia: «Le malattie terminali non discriminano le persone in base alla loro età, di conseguenza anche la sanità non dovrebbe farlo», avevano dichiarato.
(Tommaso Marinoni)