Russia, il silenzio delle madri
Valentina Mel'nikova, di San Pietroburgo, è la fondatrice dello storico Comitato della Madri, l'associazione che si premurava di salvare i ragazzi di leva russi dagli orrori della guerra e del nonnismo in tempo di pace. Ora che è in corso un conflitto non dichiarato (ma molto più sanguinoso degli altri) in Ucraina, la società civile russa e le stesse madri dei soldati paiono essersi zittite.
C’è un’anziana signora, a San Pietroburgo, che ha qualcosa da dire sulla guerra russo-ucraina e sull’atmosfera che si respira oggi in Russia. Ha quasi 70 anni ma è molto battagliera, si chiama Valentina Mel’nikova e lavora come segretaria del Comitato della madri dei soldati russi.
Ha sulle spalle tutte le guerre (dice che sono 9) combattute dall’URSS e dalla Russia a partire dal 1989. Quell’anno era ancora in corso la guerra in Afghanistan e il governo aveva improvvisamente abolito il rinvio del servizio militare per gli studenti universitari, e lei aveva due figli maschi che studiavano; per questo assieme a molte altre madri aveva sentito l’urgenza di fare qualcosa per evitare ai figli questa esperienza devastante: così era nato il Comitato delle madri. Poco dopo, la guerra era finita, ma non l’emergenza perché migliaia di soldati mutilati e psicologicamente scossi erano tornati alla vita civile, in un paese che non era pronto ad accoglierli con onore, e tantomeno a sostenerli. E il Comitato delle madri si era impegnato perché lo Stato pagasse l’indennità di morte alle famiglie, perché desse una pensione accettabile ai mutilati, e le cure e l’assistenza necessarie ai reduci. Era stata da subito una lotta dura, perché il regime sovietico aveva per sua innata impostazione quella di mettere al primo posto le esigenze dello Stato e non quelle del cittadino. Valentina sentiva una forte solidarietà con le donne più sfortunate di lei, cui avevano tolto il figlio o il marito, e che nessuno ascoltava.
Poi, nemmeno negli anni di pace Valentina aveva potuto lasciar perdere questo impegno, che lei chiama «hobby» e non lavoro perché, dice, «per il lavoro si riceve uno stipendio»; anche senza guerre i «casi» da difendere non mancavano mai, dato che il fenomeno del «nonnismo» nell’esercito era molto diffuso e molto grave: i ragazzi mutilati, picchiati brutalmente, spinti al suicidio erano troppi per potersene disinteressare. Il Comitato era venuto allo scoperto durante la Prima guerra cecena, quando aveva organizzato le mamme più decise portandole in zona di guerra a prelevare i figli. Una cosa mai vista in Russia. Tutti ricordano le guerre cecene come due guerre brutali e senza onore, eppure un anno di guerra non dichiarata con l’Ucraina ha causato le stesse vittime, tra i russi, dei due anni della prima guerra cecena, e un terzo delle vittime sovietiche di dieci anni d’Afghanistan. Questo già dice a sufficienza che oggi è tutto diverso.
Ma c’è anche un’altra differenza che la Mel’nikova sottolinea con forza, quasi con disperazione: in 26 anni di lavoro in questo campo non aveva mai trovato tanto disinteresse da parte delle famiglie, tanto cinismo da parte dei parenti nel barattare il proprio silenzio in cambio di benefici materiali: basta la promessa di 5 milioni di rubli di indennizzo statale (pari a ca. 70mila euro) a zittirli. Dove sono finite le madri? Si chiede Valentina, quelle che avevano strappati i propri figli dal fronte ai tempi del Karabach, della Cecenia, della Georgia, per non parlare dell’Afghanistan…
Ad oggi si parla di circa 5000 morti russi nel Donbass, giovani soldati costretti spesso con l’inganno a svestire la divisa e a firmare un contratto da volontario per combattere in Ucraina, eppure il Comitato di San Pietroburgo, in agosto-settembre (periodo di scontri durissimi) è stato contattato da non più di 9 famiglie intenzionate a far aprire un’inchiesta al Ministero della difesa; pur potendolo fare, nessuna famiglia si è spinta fino a Rostov per portarsi via il figlio. È come se la società avesse perso lo spirito di autodifesa, il clima spirituale in Russia è profondamente cambiato. Si parla di patriottismo… ma la Mel’nikova, che di guerre ne ha viste tante, spera soltanto che da tutta questa sofferenza possa nascere una coscienza più libera nella persona, «e allora, costringeremo il governo e il compagno Putin a inserire nella legge sui veterani anche la guerra d’Ucraina».