Roberto Bellarmino, un genio al servizio di Dio
La biblioteca di san Roberto Bellarmino - con testi di storia ecclesiastica, ascetica, astronomia, medicina, ecc. - rappresenta bene il suo poliedrico intelletto. Notevoli i suoi scritti, tra cui il Piccolo e il Grande Catechismo. Una sapienza che aveva le sue radici nell’umiltà e nella preghiera.
È consuetudine affermare che, per delineare il profilo di una persona, basterebbe passare in rassegna i libri della sua biblioteca. Se, poi, la biblioteca in questione è quella di uno scrittore, allora tracciarne l’identikit non può che divenire ancora più affascinante. Cerchiamo, allora, di immaginare di entrare nella biblioteca personale di uno dei più importanti santi della Chiesa, di un cardinale che ha rappresentato un’epoca - soprattutto quella della Riforma cattolica - e che in quell’epoca ha visto il massimo sviluppo del suo genio di intellettuale e di scrittore: Roberto Bellarmino (1542-1621), santo di cui oggi ricorre la memoria liturgica, grande difensore dell’ortodossia cattolica contro gli errori del protestantesimo e coinvolto nei casi riguardanti Galileo Galilei e Giordano Bruno.
Nell’entrare in questo suo locus animae et mentis, non possiamo non essere colpiti da un dato importante: per il cardinal Bellarmino acquisire libri per la sua biblioteca non era semplice passione bibliofila (fatto più che usuale per l’ambiente della curia romana di fine ‘500); era “qualcosa” di più. Un nuovo libro sugli scaffali equivaleva a un nuovo campo d’indagine da esplorare, studiare e approfondire; non era, certo, un mero oggetto da tenere in mostra: concezione alquanto moderna, se vogliamo, del concetto di biblioteca personale. A testimonianza di ciò, vi è un episodio biografico, risalente al 1616, alquanto curioso: il nunzio a Venezia, Berlinghiero Gessi, propose al santo cardinale di acquistare la biblioteca di Iacopo Barozzi (nipote del famoso matematico Francesco Barozzi), ricca di codici greci e latini e strumenti scientifici, del valore di circa dodicimila scudi romani. La risposta del cardinale non tardò ad arrivare: “Non occorre che si mandi a me l’inventario, perché io non pretendo né posso comprare librarie, bastandomi la mia, piccola, ma sufficiente per li miei studi”.
Tra questi volumi - circa 466, non certo un numero esiguo - spiccano quelli di carattere teologico e di esegesi, il gruppo più numeroso; vi sono gli immancabili volumi di storia ecclesiastica; oltre a quelli dei Padri della Chiesa e dei concili; e, a testimonianza di interessi meno consueti, troviamo anche alcuni libri scientifici, in particolare sulla riforma del calendario; testi di astronomia nei quali non manca nemmeno il nome di Galilei, presente con uno dei suoi scritti sull’idrostatica. Di interesse scientifico, ma di uso più immediato, vi sono poi anche diversi titoli di medicina, probabilmente risalenti agli ultimi anni di vita di Bellarmino; così come, su un piano diverso, i molti volumi di ascetica, materia di studio per le sue ultime opere a stampa.
In sintesi, quella biblioteca così ricercata rappresenta bene il suo poliedrico intelletto. Studio e stesura di testi; approfondimento della Parola; pedagogia e annuncio del Verbo; affermazione della fede cristiana nei suoi diversi aspetti: questi, i temi della sua vastissima produzione teologica e letteraria. Ma quali sono i titoli di questa produzione? Annoverarli tutti sarebbe impresa ardua, vista la vastità dei campi d’indagine che lo scrittore Bellarmino ha affrontato nella sua vita. È necessario, dunque, fare un po’ d’ordine in questo mare magnum di testi. A venirci in aiuto, è la stessa biografia del cardinale: vi è, infatti, un intreccio profondo tra gli incarichi ecclesiastici ricoperti e la sua produzione letterario-teologica.
Il 1576 è segnato dalla cattedra di Controversie al Collegio romano, che resse fino al 1588: le lezioni tenute presso questo istituto gesuita saranno la materia dell’opera più celebre di Bellarmino, le monumentali Disputationes de controversiis christianae fidei ad versus huius temporis haereticos (1586-89): si tratta del compendio più esaustivo dell’ortodossia tridentina, articolato in una successione di dispute contro il pensiero rivoluzionario del protestantesimo; uno dei più noti biografi del Bellarmino, Joseph Ignaz von Döllinger, definì l’opera “la più completa difesa della fede cattolica, specialmente contro le aggressioni dei protestanti, che sia apparsa fino ai nostri giorni (cioè al Concilio Vaticano I) e per la sua erudizione e cortesia ha guadagnato al suo autore una fama imperitura”. Tante le questioni affrontate: Sacra Scrittura, cristologia, ecclesiologia, teologia sacramentale, antropologia teologica, culto dei santi e delle immagini.
Il santo ricevette diversi incarichi sotto i pontificati di Gregorio XIV (1590-91), Innocenzo IX (1591-92) e Clemente VIII (1592-1605). In particolare, fu nominato consultore della Congregazione dell’Indice (1587) e di quella del Sant’Uffizio (1597); in questo periodo nacquero due libri: Dottrina cristiana breve (1597) e Dichiarazione più copiosa della dottrina cristiana; opere che rappresentano il Catechismo ufficiale della Sede apostolica, utilizzato massimamente fino all’arrivo del Catechismo di San Pio X. “Solo la religione cristiana è la religione vera ed istituita da Dio. In essa sola si trova il perdono dei peccati, la speranza della salvezza e il pegno della eterna eredità”, si legge al quinto capitolo (del Catechismo Grande) che ha come titolo Purità della Dottrina Cattolica.
Vastità di pagine, vastità di temi: testi esegetici, di patristica o di approfondimento delle tematiche scientifiche; testi che affrontano la tematica storiografica, come il De translatione Imperii Romani a Graecis ad Francos adversus Matthiam Flaccium Illyricum (1589); oppure di carattere politico come le sue Risposte agli scritti a nome della Repubblica Veneziana di Giovanni Marsilio e Paolo Sarpi (1606). Ma c’è spazio anche per opere minori come il De gemitu Columbae sive De bono lacrymarum (prima edizione a stampa del 1617). Ma tutto questo sapere, questa conoscenza, non hanno mai fatto trascurare al Bellarmino la vocazione principale di pastore, di religioso che, nella preghiera e nell’umiltà, vive e contempla Dio. La sapienza, unita a una spiritualità profonda, l’alimentava soprattutto con l’orazione: si narra che una volta diventato cardinale, pur aumentando il suo lavoro, mantenne la regolarità delle sue giornate, cadenzate dalle preghiere. Fra queste, un ruolo fondamentale lo svolgeva il Santo Rosario.
Frutto di questa radicale attenzione alla preghiera è il suo De ascensione mentis in Deum (1615), nel quale scrive: “Se hai saggezza, comprendi che sei creato per la gloria di Dio e per la tua eterna salvezza. Questo è il tuo fine, questo il centro della tua anima, questo il tesoro del tuo cuore”. E ancora: “O anima, il tuo esemplare è Dio, bellezza infinita, luce senza ombre, splendore che supera quello della luna e del sole. Alza gli occhi a Dio nel quale si trovano gli archetipi di tutte le cose, e dal quale, come da una fonte di infinita fecondità, deriva questa varietà quasi infinita delle cose. Pertanto devi concludere: chi trova Dio trova ogni cosa, chi perde Dio perde ogni cosa”.