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PAPA FRANCESCO

Ripartire dalle "periferie esistenziali" e dai piccoli

Papa Francesco ha celebrato ieri la festa della Santissima Trinità con la sua prima visita a una parrocchia romana, quella dei Santi Elisabetta e Zaccaria a Valle Muricana (Prima Porta). Una messa dedicata ai bambini, ai quali ha dato anche la Prima Comunione. 

Ecclesia 27_05_2013
Papa Francesco

Domenica 26 maggio Papa Francesco ha celebrato la festa della Santissima Trinità con la sua prima visita a una parrocchia romana, quella dei Santi Elisabetta e Zaccaria a Valle Muricana (Prima Porta). Ha dedicato la Messa ai bambini, a sedici dei quali ha dato la Prima Comunione.
Il dialogo con i bambini e con i fedeli è stato tipico del modo di esprimersi del Pontefice. Qualcuno potrebbe pensare a un’estrema semplificazione, adatta tuttalpiù a dei bambini. Ma in realtà – il Papa non manca mai di sottolinearlo – alle spalle di questi modi di comunicare c’è una riflessione profonda, che il cardinale Bergoglio aveva già avviato a Buenos Aires, su due temi.

Il primo è lo stato di degrado religioso e morale in cui, a seguito di un lungo processo di scristianizzazione, versano i Paesi dell’Occidente un tempo cristiano, a partire da quelle che chiama «periferie esistenziali», le quali non sempre coincidono con le periferie fisiche delle grandi città. E – come ha detto Francesco a Prima Porta – come vadano le cose lo «si capisce meglio non dal centro, ma dalle periferie».

Il secondo tema è la strategia con cui il Pontefice pensa si debba rispondere a questo degrado: ripartendo dalle piccole cose, dalle prime verità della fede – di cui non si può più dare per scontata la conoscenza –, dall’appello alla bontà, alla conversione del cuore, alla confessione. È molto significativo che il Papa sia voluto arrivare a Prima Porta in anticipo, e confessare personalmente alcuni fedeli: un esempio per tante chiese dove chi vorrebbe riconciliarsi con Dio troppo spesso i confessionali vuoti.

Certo, ripartire dalle prime verità della fede è un percorso particolarmente utile ai bambini della Prima Comunione. Ma oggi serve a tutti. Così, in un dialogo con i comunicandi, Francesco ha ricordato che la Trinità non è una metafora intellettualistica, ma una realtà misteriosa: «tre persone in uno», «il Padre crea il mondo, Gesù ci salva, lo Spirito Santo ci ama». E all’Angelus ha ribadito che «la Santissima Trinità non è il prodotto di ragionamenti umani; è il volto con cui Dio stesso si è rivelato».
Nella nostra vita noi sperimentiamo la salvezza di Gesù tramite la sua presenza costante accanto a noi, anche – ha detto il Papa ai bambini di Prima Porta – quando siamo immersi «nei compiti della scuola».

Ma «come ci dà la forza Gesù?». Principalmente – ha risposto il Pontefice – tramite l’Eucarestia. E, per capire questo, anche a proposito dell’Eucarestia occorre convincersi che non si tratta di un simbolo, che quello che si vede sull’altare «sembra pane» ma «non è proprio pane»: «è il corpo di Gesù».
Il Papa mostra a tanti catechisti, i quali rischiano di dimenticarlo, che si può perfettamente cominciare a spiegare queste cose già ai bambini. In questi mesi di prime comunioni è necessario che i comunicandi arrivino all’altare convinti – e non è impossibile spiegarlo con parole comprensibili dai bambini – che l’ostia consacrata non è un simbolo di Gesù, è Gesù in corpo, sangue, anima e divinità.

Papa Francesco ha aggiunto che si dovrà anche dire loro, in un mondo in cui si comincia precocemente a interrogarsi sull’amore, che è «amore vero» quello che viene dallo Spirito Santo. Un altro aspetto fondamentale della comunicazione semplice, del «sermo humilis» scelto da Papa Francesco, è l’invito costante alla devozione mariana.
Ai bambini – ma anche agli adulti – Francesco ha riproposto l’episodio della Madonna che, quando seppe che anche sua sorella Elisabetta era incinta, si mise in cammino per andare a trovarla «in fretta» (Lc 1, 39). Dobbiamo convincerci che Maria fa questo anche per noi: «sempre viene in fretta quando noi abbiamo bisogno. Sarebbe bello aggiungere alle Litanie della Madonna una che dica così: “Signora che vai in fretta, prega per noi!”».

La Vergine Maria «non si dimentica dei suoi figli. E quando i suoi figli sono nelle difficoltà, hanno un bisogno e la invocano, Lei in fretta va. E questo ci dà una sicurezza, una sicurezza di avere la Mamma accanto, al nostro fianco sempre. Si va, si cammina meglio nella vita quando abbiamo la mamma vicina. Pensiamo a questa grazia della Madonna, questa grazia che ci dà: di essere vicina a noi, ma senza farci aspettare. Sempre!
Lei è – abbiamo fiducia in questo – per aiutarci. La Madonna che sempre va in fretta, per noi».

All’Angelus il Papa ci ha chiesto di rivolgerci a Maria con questi due titoli: «Madre della speranza» e «Madre della consolazione». Sempre all’Angelus, Francesco ha voluto ricordare che «ieri, a Palermo, è stato proclamato Beato Don Giuseppe Puglisi [1937-1993], sacerdote e martire, ucciso dalla mafia nel 1993».
«Don Puglisi – ha detto il Papa – è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo li sottraeva alla malavita, e così questa ha cercato di sconfiggerlo, uccidendolo. In realtà, però, è lui che ha vinto, con Cristo Risorto». Anche in questo caso, le semplici parole del Pontefice non includono nessuna analisi sociologica della mafia, nessun riferimento politico di quelli correnti presso chi pensa di sfruttare la lotta antimafia a vantaggio del proprio partito, magari arruolando abusivamente anche il beato Puglisi.

Il Papa – dopo avere ricordato che ogni mafia «rende schiavi» con tante forme di sfruttamento, prostituzione compresa – ha richiamato alla conversione del cuore. «Preghiamo il Signore perché converta il cuore di queste persone. Non possono fare questo! Non possono fare di noi, fratelli, schiavi! Dobbiamo pregare il Signore! Preghiamo perché questi mafiosi e queste mafiose si convertano a Dio».
Non sono parole ingenue e non vogliono certo escludere il ruolo necessario delle analisi dei criminologi e dei sociologi. Ma indicano che anche la mafia trova pochi ostacoli quando opera su un terreno scristianizzato. E che ripartire dalle piccole cose, dalle prime verità, dalla conversione del cuore non è un’utopia, ma è l’unica soluzione realistica di tanti problemi del nostro tempo.