Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

ITALIA

Riforma del lavoro, seguire Biagi

A dieci anni dalla sua uccisione
la visione riformista di Biagi è più che mai attuale se si vuole che l'Italia torni a crescere grazie al lavoro.

Attualità 19_03_2012
mercato del lavoro da riformare

Sono già trascorsi dieci anni da quel tragico 19 marzo del 2002 quando Marco Biagi - il giuslavorista che ha tracciato un solco profondo nel mercato del lavoro italiano - venne assassinato da un commando delle Nuove Brigate rosse a Bologna, a soli 51 anni, mentre stava rincasando per la cena. Dieci anni segnati da una profonda rivoluzione degli schemi economici del lavoro, e che Biagi ha saputo prevedere e interpretare con sguardo lungimirante.

Flessibilità; nuovi diritti dei lavoratori; tipologie contrattuali, importate anche dalla comparazione con il diritto del lavoro degli altri Paesi europei, per agevolare l’inserimento al lavoro dei giovani; l’elaborazione di uno Statuto dei lavori, che vada a sostituire il troppo rigido e ormai desueto Statuto dei Lavoratori, con una felice intuizione sulla necessità di una regolarizzazione che creasse un quadro definito dei diritti, dei doveri e delle tutele dei nuovi lavori. Questi a grandi linee i punti salienti di una visione dinamica e moderna di un mercato del lavoro globalizzato e costretto, perciò stesso, a rispondere a nuove sollecitazioni per mantenere la competitività.


Ora sta a noi continuare a lavorare per portare avanti il disegno di Marco Biagi: concorrere a promuovere la crescita economica e l’incremento occupazionale di qualità, ponendo particolare attenzione agli aspetti della produttività del lavoro, attraverso l’adattamento reciproco delle esigenze di lavoratori e imprese nella contrattazione di prossimità, le forme bilaterali di indirizzo e la gestione dei servizi al lavoro, l’incremento delle retribuzioni collegato a risultati e utili dell’impresa; l’occupabilità delle persone, attraverso lo sviluppo delle competenze richieste dal mercato del lavoro, con particolare riferimento  ai   giovani  e  alle  donne;   il  contrasto  del  lavoro irregolare e dell’economia sommersa.


Un disegno ampio che richiede il coraggio di riforme a tutto campo per “liberare il lavoro ed i lavori”, liberare la pianificazione e lo sviluppo delle azioni di politica attiva da tutti i fattori che contrastano e ostacolano la crescita di un sano sistema economico: l’oppressione fiscale, la burocrazia, la mancanza di sicurezza, ma anche la presenza di incertezza e di conflitto sociale.

Il pensiero di Marco Biagi secondo cui “riformare il mercato del lavoro è la condizione per conseguire l’obiettivo di aumentare l’occupazione, accrescendone la qualità” trova da sempre in noi del MCL una valida e costante sponda.

Per il MCL è, infatti, soprattutto nel campo dei rapporti tra lavoratori, imprese e relative rappresentanze che si gioca una fetta consistente della prospettiva di crescita nel nostro Paese, occorre puntare con decisione sulla dimensione partecipativa.


Crediamo, cioè, che proprio una svolta “partecipativa” possa essere una delle ricette più indicate per una nuova fase di sviluppo sociale ed economico, mettendo effettivamente al centro la persona e le sue esigenze. Una partecipazione che non può essere collocata solo al termine del processo produttivo con la distribuzione di utili o premi ma anche al suo inizio (con l’azionariato, con la programmazione e la ricerca, ad esempio) e nel suo svolgersi, in particolare nei momenti di scelte strategiche dell’impresa.


Inoltre, siamo convinti che occorra insistere su una formazione al lavoro efficace e di qualità, che superi la vecchia tendenza che ha finora garantito più i formatori e le relative strutture e sia, invece, indirizzata a garantire occupabilità. Proprio l’occupabilità è uno degli aspetti che bisogna maggiormente enfatizzare per permettere alla persona di essere protagonista del proprio percorso lavorativo e, allo stesso tempo, per creare un sistema di welfare basato sulle politiche attive del lavoro.

Insomma, come Biagi aveva saputo cogliere, lo sviluppo del Paese chiede una flessibilità che, prima ancora che economica, deve essere politica. Una politica che deve saper coniugare maturità e coraggio, per uscire dalle secche di una sterile contrapposizione ideologica.


Appare, pertanto, completamente fuori luogo il fuoco di sbarramento che si è alzato nei confronti dell’art.18: la disoccupazione aumenta, soprattutto quella giovanile, e si continua a dare priorità a uno stucchevole dibattito sull’art.18, mentre il Paese ha bisogno di interventi urgenti per la ripresa. Una polemica frutto, ancora una volta, di una visione antagonista e conservatrice delle relazioni industriali quando invece il mondo del lavoro ha bisogno, sempre più, di un sindacato riformista e partecipativo.


Ed anche qui sta la grandezza della visione di Marco Biagi: nel superamento della contrapposizione tra conflitto e partecipazione, tra lotta di classe e riformismo, tra rapporti di forza e collaborazione imprese-lavoratori, tra statalismo e sussidiarietà. Un’idea portante che si basa su un unico assunto: promuovere la persona tramite l’inclusione nel mercato del lavoro, con un ventaglio di opportunità molteplici, ma sempre all’interno di tutele precise ed esigibili. E con un’idea della flessibilità ‘sostenibile’, mai disgiunta dai diritti.

Si tratta di una sfida complessa, articolata, ma anche centrale per far ripartire finalmente il Paese secondo più moderne prospettive.

Un’occasione per condividere contenuti che possano qualificare, con le necessarie interpretazioni e modulazioni, la regolazione del lavoro ai fini di una migliore inclusione sociale, con particolare attenzione ai nuovi soggetti professionali presenti nel mercato del lavoro e alla costruzione degli ammortizzatori sociali finalmente riformati: un rafforzamento delle politiche attive per la occupabilità, finalizzate ad aumentare il tasso di occupazione; un ruolo più forte della contrattazione collettiva decentrata nel definire in modo dinamico la regolazione del rapporto di lavoro.


E' giunto il momento di mettere le carte in tavola. Basta con demagogie, populismi, veti: è il lavoro, in quanto tale, la vera discriminante del nuovo mondo globalizzato. E’ il lavoro che decide davvero, in ultima istanza, chi resta nel mercato e può aspirare a un’occupazione di qualità: è quello che “si fa” e “si produce” ogni giorno. Posto fisso o no, l’Europa e il mondo degli accordi WTO hanno in qualche modo restituito una responsabilità al lavoratore e la consapevolezza che da oggi nessuno è più intoccabile, il posto ‘sempre sicuro’ non esiste più. Per uscire dal vicolo cieco di una società stagnante l’Europa ha bisogno, prima di tutto, di concentrarsi su una maggiore e solida crescita del mercato del lavoro.

Ecco perché a dieci anni di distanza Marco Biagi è ancora vivo: perché la sua visione riformista è più che mai attuale. Una visione lungimirante che ha pagato con la vita.

* Presidente del Movimento Cristiano Lavoratori (MCL)