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GOVERNO

Renzi tentato dalle urne. Ma c’è la grana Europa

Non sfigurare alle amministrative, dove rischia grosso, soprattutto a Roma e a Napoli. Vincere il referendum di ottobre sulla riforma del Senato. Varare una manovra “elettorale” per andare alle urne anticipate nel 2017 e assicurarsi un’altra legislatura. Secondo i bene informati è questo il disegno di Matteo Renzi.

Politica 06_02_2016
Il premier Matteo Renzi

Non sfigurare alle amministrative, dove rischia grosso, soprattutto a Roma e a Napoli. Vincere il referendum di ottobre sulla riforma del Senato. Varare una manovra “elettorale” per andare alle urne anticipate nel 2017 e blindarsi a Palazzo Chigi per un’altra legislatura. Secondo i bene informati è questo il disegno che ha in mente Matteo Renzi. Alcuni importanti tasselli sembrano incastrarsi a suo favore, ma il braccio di ferro ingaggiato dal premier in Europa rischia di rivelarsi per lui un boomerang e di alienargli importanti simpatie.

Cavalcare l’insofferenza verso un’Europa a trazione teutonica serve forse al presidente del Consiglio per sottrarre a Lega e Movimento Cinque Stelle il monopolio dell’euroscetticismo e dell’anti-europeismo, ma non è detto che alla lunga paghi. L’irritazione che si percepisce ultimamente a Bruxelles nei confronti del governo italiano potrebbe favorire una manovra a tenaglia contro Roma. Il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici ha già messo le mani avanti: «L’Italia ha ottenuto più di altri Paesi in termini di flessibilità e non potrà pìù beneficiare per altri mesi dell’applicazione delle clausole di flessibilità». 

E invece nelle intenzioni di Renzi c’è un’accelerazione sule politiche di debito. Peraltro, c’è da disinnescare la clausola di salvaguardia sull’Iva, per la quale ci vogliono 24 miliardi di euro. Impresa disperata, visto che Bruxelles ha rivisto al ribasso la nostra crescita per il 2016 (da +1,5% a +1,4%) e al rialzo il nostro deficit (da 2,3% a 2,5%). Non si escludono, quindi, manovre aggiuntive già in primavera (alla vigilia delle amministrative) e una stangata nel 2017. Anche perché l’Italia esporta molto nei Paesi emergenti, che però ultimamente annaspano. Ma la partita, oltre che economica, è politica. E Renzi, a detta di molti attenti osservatori, la sta giocando con poca accortezza e sta compiendo alcune mosse azzardate, tipo quella di nominare un manager come Carlo Calenda nel ruolo di rappresentante italiano a Bruxelles, scelta che ha irritato l’intero corpo diplomatico.

A rimproverarlo sono stati anche tre ex premier. «La battaglia per la flessibilità è un falso obiettivo e c’è il grandissimo rischio di fare della flessibilità una bandiera», ha avvertito Mario Monti. «Se l’Italia vincerà la sfida con l’Ue, non pagherà meno contributi all’Unione e non otterrà di più, ma avrà un bollo che autorizza il governo a fare un po' più di debito, ad avere cioè un maggiore disavanzo, e quindi lo autorizza a mettere un po' di più a carico delle generazioni future sulle spese che fa oggi. C’è poco, credo, da essere di per sé contenti». Più caustico nei giorni scorsi Enrico Letta, in un’intervista sulla Stampa: «Questo tipo di politica italiana verso l’Europa, molto aggressiva e incattivita, finisce per isolarci e rischia di farci diventare una seconda Grecia, piuttosto che il centro dell’Europa. Ma il nostro destino è sempre stato e deve restare lo stesso: Francia e Germania. Sì, devo esprimere una preoccupazione: ci stiamo isolando in modo preoccupante». E ha aggiunto: «È evidente che non è facile chiedere flessibilità con una legge di stabilità in deficit e priva di spending review. Se la flessibilità diventa uno strumento per fare deficit, ci sono problemi. Il governo sta alzando la voce per coprire questa legge di stabilità».

Infine Silvio Berlusconi, che teme una morsa anti-Roma da parte di Juncker (Commissione europea) e da parte del Partito popolare europeo, e ritiene Renzi sempre più isolato. «Il motivo?», sentenzia l’ex Cavaliere, «Semplice, il premier ha agito senza costruire le giuste alleanze, senza visione strategica e attraverso una politica economica considerata poco credibile dall’Ue». A seguito di quest’isolamento italiano in Europa diventano forse più incombenti i rischi di una procedura di infrazione, scongiurata all’epoca del governo Letta, e di una “mini-Schengen” tra Francia, Germania, Benelux e Stati nordeuropei, che escluda Italia e Grecia, quindi l’area mediterranea. Di fatto usciremmo dall’Europa. Lo paventa tra le righe la presidente della Camera, Laura Boldrini in un’intervista ieri su “Repubblica”, nella quale invita a riscoprire l’Europa dei Padri fondatori. Renzi è proprio sicuro di voler far correre questi rischi al nostro Paese? E non si sente accerchiato dai nemici interni e da quelli esterni? Su questo dovrebbe seriamente riflettere.