Renzi in affanno. Resa dei conti in casa Pd
A urne chiuse e a risultati ormai acquisiti Renzi deve iniziare a preoccuparsi. Il calo di voti del Pd è omogeneo in tutt’Italia e il rischio di una “santa alleanza” contro di lui non è secondario. Sorge un movimento spontaneo d’opinione per anticipare la “partita della vita”, cioè quella del referendum.
A urne chiuse e a risultati ormai acquisiti Renzi deve iniziare a preoccuparsi sul serio. Il calo di voti del Pd è omogeneo in tutt’Italia, anche nelle tradizionali roccaforti rosse, e il rischio di una “santa alleanza” contro di lui non è secondario. E’ come se si stesse creando un movimento spontaneo d’opinione per anticipare ai ballottaggi la “partita della vita”, cioè quella del referendum. E’ come se in molti, a destra come a sinistra, volessero indebolirlo molto prima dell’appuntamento di ottobre, cui lui continua pervicacemente a puntare per blindarsi a Palazzo Chigi per un’altra legislatura. Centrodestra e grillini non sigleranno mai un’intesa alla luce del sole, ma è probabile che nel segreto dell’urna, fra due domeniche, molti grillini voteranno spontaneamente per i candidati del centrodestra, in funzione antirenziana, e molti elettori di centrodestra, piuttosto che appoggiare i candidati vicini al premier, “turandosi il naso” barreranno sulla scheda elettorale il simbolo pentastellato.
D’altronde, tutte le partite per la guida delle principali città appaiono incerte. Forse la meno incerta è proprio quella della capitale, dove la grillina Raggi, forte di un vantaggio di oltre dieci punti sullo sfidante Pd Giachetti, potrà quasi sicuramente contare anche sull’endorsement della Meloni e di Salvini, che hanno già lasciato intendere da che parte stanno (“Nessun appoggio a candidati renziani”). Stesso film potrebbe girarsi in quel di Torino, dove ad essere in vantaggio è il sindaco uscente del Pd, Fassino (circa 11 punti in più della grillina Appendino): anche lì i voti leghisti e di altri candidati del centrodestra potrebbero andare ai Cinque Stelle.
Discorso ribaltato nelle altre principali città. A Milano l’ex manager Expo, Sala, fortemente sponsorizzato da Renzi, fino a tre mesi fa veniva dato vincente già al primo turno,mentre ora è tallonato a meno di un punto percentuale di distanza da Parisi, che ha unito tutto il centrodestra. Al ballottaggio l’ex direttore generale di Confindustria confida nel sorpasso proprio grazie al voto di indecisi e arrabbiati, che al primo turno o non sono andati a votare o hanno scelto il Movimento Cinque Stelle.
Gli elettori pentastellati saranno probabilmente tentati di votare per i candidati del centrodestra anche a Bologna. Nel capoluogo emiliano il sindaco uscente Merola, che cinque anni fa, grazie all’appoggio di Sel, vinse al primo turno, questa volta non arriva neppure al 40% e dovrà giocarsi la riconferma contro la leghista Borgonzoni, staccata di 17 punti. Qui l’incognita Cinque Stelle è fortissima perché Bugani, candidato sindaco di quel movimento, sfiora il 17% e quindi può diventare decisivo nella volata finale.
In terra partenopea l’attuale primo cittadino De Magistris ha raccolto oltre 18 punti in più di Lettieri (centrodestra), che cercherà di spodestarlo fra tredici giorni. Il Pd è fuori dal ballottaggio e appaiono escluse indicazioni ufficiali di voto da parte dei dem, equidistanti dall’ex pm, inviso ai renziani, e dal centrodestra. Neppure i grillini appaiono sinceramente interessati ad appoggiare uno dei duellanti.
Se nel Pd il clima è teso per il vistoso calo di preferenze e si teme per l’esito dei ballottaggi, cauto ottimismo serpeggia nel centrodestra, nonostante le divisioni a Roma. Tutto dipenderà da Milano. Se dovesse prevalere Parisi, nel capoluogo lombardo si aprirebbe un cantiere per un nuovo centrodestra post-berlusconiano aperto alla società civile e in grado di fare sintesi tra le diverse anime che lo compongono. Se, invece, Parisi dovesse perdere, si aprirebbe definitivamente il problema della leadership. La cocente sconfitta di Marchini a Roma conferma lo scarso appeal che ormai esercita sull’elettorato la figura di Berlusconi, che, cambiando cavallo in corsa (l’imprenditore romano aveva rimpiazzato Bertolaso, bocciato nei sondaggi), ha solo provocato lacerazioni nel centrodestra, agevolando Giachetti e il Pd.
E’ vero che si tratta di elezioni amministrative, ma le percentuali di voto dei singoli partiti appaiono rilevanti e il fatto che la capitale possa finire nelle mani del Movimento Cinque Stelle, saldamente primo partito a Roma con il 35% circa, toglie il sonno ai renziani, preoccupati dei riflessi internazionali che una notizia del genere potrebbe avere sull’immagine del governo. Se a questa probabile sconfitta si aggiungesse anche quella di Sala nella città di Expo, per il premier potrebbe essere davvero l’inizio della fine.