Regioni in lotta contro l'accoglienza
La polemica sull'immigrazione ha ormai superato il livello di guardia. Non è più un dibattito fra destra e sinistra, ma fra centro e periferie. Liguria, Lombardia e Veneto, in particolare, stanno facendo la guerra a Roma sull'accoglienza degli immigrati, minacciando di tagliare i fondi ai comuni dissidenti. E non pochi sindaci di sinistra seguono l'esempio.
L’emergenza più incalzante per Renzi è senz’altro quella dell’immigrazione. Martedì 16 giugno la prevista riunione in Lussemburgo del Consiglio Affari interni dell’Unione europea non sbloccherà l’impasse in materia di ricollocamenti nel territorio Ue di 40.000 richiedenti protezione internazionale, tra cui 24.000 dall’Italia e 16.000 dalla Grecia. La Commissione europea il mese scorso aveva dato il via libera a quel piano, ora invece il Consiglio sembra essersi incartato, a causa di laceranti divisioni tra gruppi di Stati. Il rischio è che la soluzione arrivi a ottobre. In quest’ipotesi l’Italia dovrà far fronte per l’intera l’estate all’emergenza sbarchi e all’urgenza di collocare migliaia di migranti senza compromettere la ricettività turistica delle sue coste. Con le inevitabili conseguenze sul piano dello scontro politico e del deterioramento dell’immagine del nostro Paese all’estero.
Occorre intensificare e velocizzare i rimpatri dei migranti, ma soprattutto affondare i barconi prima che partano dalla Libia e dagli altri Stati extraeuropei. Facile a dirsi, difficile a farsi, stanti le disarmonie tra le politiche estere dei singoli Stati e soprattutto considerati i molteplici interessi in gioco nei flussi migratori.
Ma per quanto riguarda l’Italia la polemica ha superato i livelli di guardia e non rispecchia tanto una contrapposizione destra-sinistra o moderati-estremisti, bensì una secessione di tipo territoriale. I presidenti di centro-destra di tre regioni del Nord (Maroni per la Lombardia, Zaia per il Veneto, Toti per la Liguria) sono unanimi nel rifiutare l’accoglienza a nuovi immigrati, considerando ormai saturi i propri territori. E minacciano di tagliare i finanziamenti a quei sindaci che dovessero ospitare nuovi migranti. La reazione del governo non si è fatta attendere e sia il premier Renzi che il ministro Alfano, negli ultimi giorni hanno criticato l’atteggiamento dei tre governatori “ribelli” e si sono spesi per assicurare che l’esecutivo darà incentivi a tutti quei territori che si dimostreranno pronti all’accoglienza. Un braccio di ferro certamente influenzato da ragioni elettorali, visto che domenica ci saranno, in molte importanti città d’Italia, i ballottaggi per eleggere alcuni sindaci. Ma da lunedì in poi, al netto della propaganda elettorale, come si governerà quest’emergenza? Non è più pensabile che l’Italia, sia pure per molti immigrati un semplice Paese di transito verso altri Stati, continui ad essere un colabrodo abbandonato a se stesso e sganciato da qualsiasi strategia europea di superamento dell’emergenza immigrazione.
Le posizioni ufficiali assunte dagli attori politici in campo confermano che ormai esistono profonde spaccature nei vari schieramenti. Basti pensare che numerosi sindaci veneti di centrosinistra e numerosi prefetti hanno già fatto sapere di essere d’accordo con il Presidente Zaia, di centrodestra, che ha snocciolato numeri drammatici: "Dei 514.000 migranti che abbiamo in Veneto, ben 42.000 sono senza lavoro". Perfino il candidato sindaco del centrosinistra Felice Casson, magari per rubare voti al suo sfidante Luigi Brugnaro, appoggiato ufficialmente anche dal Carroccio, ha preso le distanze dal governo Renzi e ha sottolineato che "quella di Venezia, con circa un quarto dei permessi di soggiorno per protezione, è la provincia con maggiori presenze di rifugiati nel Veneto e dunque ha già dato". Anche Achille Variati, sindaco dem di Vicenza, avverte: "Arriva chi lavora, via i delinquenti, vanno distinte le mele buone dalle mele marce, lo Stato non può mandare gente che un mese dopo l'arrivo si mette a rubare, spacciare, rapinare le anziane delle collanine d'oro".
E a tremare sono altri sindaci di terre tradizionalmente rosse come la Toscana. I municipi costieri della Versilia, da Camaiore a Forte dei Marmi, temono il flop dell’imminente stagione turistica e hanno già fatto sapere che non sono disponibili a nuovi ingressi di immigrati nel perimetro dei propri confini territoriali.
Appare ormai evidente che gli sbarchi di immigrati, spesso clandestini, stanno mettendo a dura prova perfino l’unità nazionale, oltre che la sicurezza e il godimento dei diritti fondamentali di cittadini e immigrati regolari e che da anni si sono armoniosamente inseriti nel nostro Paese. L’Italia non è in grado di assorbire e gestire altri massicci arrivi e deve farsi valere in Europa. Subito dopo i ballottaggi, il Presidente del Consiglio assuma un’iniziativa forte a Bruxelles e punti i piedi. Anche per non lasciare campo libero a populismi e derive qualunquiste, che finirebbero per travolgere anche il suo esecutivo.