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EGITTO

Regeni mandato allo sbaraglio da professori militanti

Purtroppo Giulio non c’è più, ma parte della responsabilità va attribuita a chi lo ha inviato in Egitto a frequentare ambienti a dir poco pericolosi e che potrebbe averlo dato in pasto ai suoi aguzzini. Fra i suoi insegnanti c'erano frequenti e pubblici contatti con i Fratelli Musulmani, pessime credenziali per chi va in Egitto.

Esteri 03_03_2016
Giulio Regeni

Sulle pagine dell’ultimo numero di Panorama, Fausto Biloslavo pubblica un interessante articolo sulle “colpe dei docenti” di Giulio Regeni e sulle loro responsabilità nell’avere consentito che il ricercatore italiano si recasse in Egitto per svolgere ricerche su temi scottanti e che lo avrebbero messo in contatto con l’opposizione al governo in loco. Tra i docenti figurano Anne Alexander e Maha Abdelrahman che, come sottolinea Biloslavo, più volte hanno partecipato a manifestazioni e a conferenze in cui hanno a più riprese attaccato El Sisi e l’attuale governo egiziano. Anne Alexander è senza dubbio la persona più coinvolta nell’attivismo dell’area marxista britannica che l’ha vista più volte coinvolta in attività anti-israeliane, al fianco ad esempio di Ilan Pappé, ma soprattutto nell’attivismo anti-El Sisi dopo l’allontanamento di Mohammed Morsi nel luglio 2013. Ed è evidentemente questo aspetto che potrebbe avere indirettamente segnato il destino di Regeni in quanto a lei legato sia dal punto vista accademico sia, con molta probabilità, dal punto di vista ideologico. 

Il 25 ottobre 2015 la Alexander figura tra i firmatari di un appello al governo britannico affinché annullasse la visita del presidente egiziano nel Regno Unito, pubblicato anche dal quotidiano The Guardian, ma soprattutto dal sito ufficiale in inglese della Fratellanza Ikhwanweb. Il documento si concludeva con le seguenti parole: “Siffatta rinuncia alla democrazia e ai diritti umani ha certamente contribuito all’incremento del terrorismo in Egitto, che ripudiamo ma che consideriamo una conseguenza, piuttosto che una giustificazione per, la barbarità di El Sisi.” Contenuto a parte, l’elenco dei firmatari comprende personalità che appartengono alla galassia della Fratellanza musulmana britannica e all’opposizione egiziana ufficiale. Anas al-Tikriti la cui Cordoba Foundation è stata nominata nel report sulla Fratellanza nel Regno Unito pubblicato lo scorso 17 dicembre e che ha pubblicato nel settembre 2015 il report Muslim Brotherhood and the Myth of Violence and Terrorism in cui da un lato si difendeva la tesi in base alla quale la Fratellanza non aveva alcun legame né con il terrorismo né con la violenza, dall’altro si accusava El Sisi per avere costruito il “mostro” della Fratellanza. Dal luglio 2013 al-Tikriti e la Cordoba Foundation sono stati tra i principali organizzatori di eventi anti El Sisi, alcuni dei quali hanno vista coinvolta la stessa Alexander.

Tra i firmatari anche Omar El Hamdoon, presidente della Muslim Association of Britain, anch’essa inclusa nel report sulla Fratellanza del governo britannico. Daud Abdullah è invece il responsabile del sito informazione Middle East Monitor, schierato ideologicamente con la Fratellanza; Maha Azzam, ex analista della Chatham House, attualmente presidente dell’Egyptian Revolutionary Council, ovvero il governo ombra dell’opposizione egiziana con base a Ginevra e le cui posizioni oltranziste sono ben note. Sarebbe sufficiente unire il proprio nome a quelli appena elencati nomi per essere inseriti nella lista nera delle autorità egiziane o per lo meno essere posti sotto sorveglianza. Nell’ottobre 2013 Maha Azzam e la Alexander avevano partecipato alla conferenza Rethinking the Arab transition: opportunities and threats to democratization in the aftermath of the arab uprising organizzata University of Westminster, per ritrovarsi a protestare insieme durante la visita del presidente egiziano a Londra. Maha Azzam, l’Egyptian Revolutionary Council e tutta la Fratellanza in Gran Bretagna sono nel mirino delle autorità egiziane poiché rappresentano il cuore del movimento in Europa. La Azzam lo è ancor di più in quanto nata in Egitto – tra l’altro nipote del leader di Al Qaeda Ayman al-Zawahiri – e presidente dell’organismo ufficiale dell’opposizione al governo che promuove senza sosta un’azione di lobbying presso le istituzioni e i governi europei. Non a caso, il 19 aprile 2015, Yasser Abu Al-Futuh, il Segretario generale del Comitato preposto a sequestrare i beni della Fratellanza in Egitto, ha annunciato che l’Egitto avrebbe chiesto a numerosi governi occidentali la confisca dei beni di trenta membri dell’Egyptian Revolutionary Council compresi quelli della Azzam. 

La vicinanza della Alexander agli ambienti della Fratellanza britannica non è comunque recente. Già nel 2009 partecipava a un evento organizzato dalla Federation of Student Islamic Societies (FOSIS) con Azzam Tamimi, altro pilastro dei Fratelli musulmani del Regno Unito. Le credenziali, le amicizie e i contatti della Alexander non sono state un buon viatico per Giulio Regeni al Cairo e non v’è dubbio hanno contribuito a segnalarlo alle autorità che ne avranno sorvegliato le attività, i movimenti, le telefonate. Su questo non v’è dubbio. Ma non si comprende perché uno studente italiano, sebbene con un pedigree “sospetto”, sia potuto essere oggetto di torture protratte nel tempo da parte di ambienti governativi. Troppo pericoloso ed esagerato colpire un cittadino straniero. Quanto accaduto a Regeni è ancor più incomprensibile se si pensa che lo scorso 21 febbraio Medhat Maher, un altro dottorando, questa volta egiziano, è stato arrestato per via della sua vicinanza alla Fratellanza e per il possesso di materiali sull’estremismo islamico. Maher era già stato arrestato nel settembre 2014 per essere rilasciato sei mesi dopo. Perché non fare la stessa cosa con Giulio Regeni? Perché torturarlo? A questo punto si potrebbe azzardare un’altra ipotesi. La frequentazione dell’opposizione, l’allargarsi della rete dei contatti in un contesto, che è il più controllato e sorvegliato in Egitto e che è di conseguenza il più sospettoso e attento nel salvaguardare i propri segreti, avrebbe potuto fare scattare un allarme nei confronti di un cittadino straniero che sapeva troppo e che avrebbe potuto riferire quanto conosceva a terze persone non gradite.

Purtroppo Giulio non c’è più, ma come ha rilevato Fausto Biloslavo parte della responsabilità va attribuita a chi lo ha inviato in Egitto a frequentare ambienti a dir poco pericolosi, a chi indirettamente gli ha fornito delle pericolose credenziali e che potrebbe averlo dato in pasto ai suoi aguzzini.