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L'ALLARME

Reddito e lavoro nero, nuova grana 5 stelle

L’ultima patata bollente sulla strada dell’erogazione del reddito di cittadinanza arriva dalla Cgia di Mestre, che ha lanciato un allarme: metà della spesa per quel sussidio potrebbe essere destinata non a disoccupati e bisognosi, ma a persone che lavorano in nero e che non avrebbero quindi il diritto di accedere alla misura.

Politica 11_01_2019

Mentre ogni giorno si allunga l’elenco di questioni sulle quali Lega e Cinque Stelle hanno posizioni diametralmente opposte (l’ultima in ordine di tempo quella dello stop alle trivelle), si continua a discutere nel merito di criteri e modalità di erogazione del reddito di cittadinanza. Il consiglio dei ministri che avrebbe dovuto occuparsi delle misure simbolo della propaganda elettorale del Carroccio e dei grillini, rispettivamente “Quota 100” e, appunto, reddito di cittadinanza, è stato rinviato, a riprova delle tensioni che percorrono l’asse portante dell’esecutivo. La prossima settimana se ne riparlerà, a meno che la situazione non precipiti e il governo non cada, come profetizza qualcuno.

Difficile tenere in piedi la baracca fino alle europee, quando i due partiti alleati di governo si presenteranno divisi agli elettori e cercheranno di andare all’incasso autonomamente l’uno dall’altro. Le divisioni sono palpabili, così come sono percepibili le lacerazioni dentro il Movimento Cinque Stelle, che faticosamente cerca sponde in Europa per rilanciarsi in Italia, dove i sondaggi lo danno in calo vistoso di consensi.

Secondo l'ultima bozza del reddito di cittadinanza, che vede il M5s – promotore della misura – scontrarsi con la Lega – le famiglie beneficiarie del sussidio dovrebbero essere  1,7 milioni, per un totale di 4,9 milioni di persone coinvolte. Per il 2019, lo stanziamento dell'esecutivo sarebbe di 6,1 miliardi di euro, suddiviso in circa 400 euro al mese a famiglia e meno di 140 euro a testa per nove mesi.

L’ultima patata bollente sulla strada dell’erogazione del reddito di cittadinanza arriva dalla Cgia, l’associazione artigiani piccole imprese di Mestre, che ha lanciato un allarme: metà della spesa per quel sussidio, quantificabile quindi in circa 3 miliardi di euro, potrebbe essere destinata non a disoccupati e bisognosi, ma a persone che lavorano in nero e che non avrebbero quindi il diritto di accedere alla misura.

Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi di Cgia Mestre, ha affermato: "A causa dell'assenza di dati omogenei relativi al numero di lavoratori in nero presenti in Italia che si trovano anche in stato di deprivazione non possiamo dimostrare con assoluto rigore statistico questa tesi. Tuttavia, vi sono degli elementi che ci fanno temere che buona parte dei percettori del reddito di cittadinanza potrebbe ottenere questo sussidio nonostante svolga un’attività lavorativa in nero, sottraendo illegalmente alle casse dello Stato un’ingente quantità di imposte, tasse e contributi previdenziali. In altre parole, l'Amministrazione pubblica, al netto delle misure di contrasto previste, sosterrà con il reddito di cittadinanza un pezzo importante dell'economia non osservata".

L’elaborazione di Cgia si basa su dati Istat, secondo cui in Italia ci sono poco meno di 3,3 milioni di occupati che svolgono un’attività irregolare. Se da questo numero si rimuovono i dipendenti e i pensionati che non hanno i requisiti per accedere al reddito di cittadinanza (pari, in linea di massima, a 1,3 milioni di unità) coloro che pur svolgendo un'attività irregolare potrebbero percepire questa misura sarebbero 2 milioni, vale a dire la metà dei potenziali aventi diritto, che sono poco più di 4 milioni.

La Calabria è tra le regioni più a rischio per quando riguarda il lavoro sommerso perché, secondo gli ultimi dati disponibili relativi al 2016, li’ sono 140.700 i lavoratori in nero, con un'incidenza percentuale del valore aggiunto da lavoro irregolare sul Pil regionale pari al 9,4%, quasi il doppio rispetto alla media nazionale del 5,1%. Segue la Campania che, con 372.600 unità di lavoro irregolari, produce un Pil in nero che pesa su quello ufficiale per l'8,6%. Al terzo posto figura la Sicilia, con 303.700 lavoratori irregolari e un peso dell'economia sommersa su quella complessiva pari all'8,1%.  Tra le regioni meno a rischio ci sono Friuli-Venezia Giulia, Lombardia e Veneto. 

"Con la diffusione dell'economia sommersa - ha dichiarato il segretario dell'associazione di Mestre, Renato Mason - a rimetterci non è solo l'erario, ma anche le tantissime attività produttive e dei servizi, le imprese artigiane e del commercio che spesso subiscono la concorrenza sleale di questi soggetti. I lavoratori in nero, non essendo sottoposti ai contributi previdenziali, assicurativi e a oneri fiscali, consentono alle imprese dove prestano servizio, o a loro stessi, di beneficiare di un costo del lavoro molto inferiore e conseguentemente di praticare un prezzo finale del prodotto e del servizio molto contenuto".

Questi rischi di sperpero di denaro pubblico per foraggiare sacche di parassitismo dovrebbero indurre la Lega ad una opposizione ancora più dura nei riguardi di una misura, il reddito di cittadinanza, che forse consentirà ai Cinque Stelle di contenere l’emorragia di voti alle prossime elezioni europee ma che appare destinato a frenare ulteriormente il già debole sviluppo del nostro Paese.