Rai, nuovo ribaltone, ma serve riequilibrare i talk show
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Si profila una nuova lottizzazione in Rai, ma se proprio spoils system dev’essere, che tocchi anche i contenitori apparentemente autonomi dalla programmazione radiotelevisiva e dalla linea politica di una singola rete, che non fanno informazione, ma sono orientati politicamente.
Le dimissioni dell’amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes hanno spianato la strada a una nuova lottizzazione del servizio pubblico radiotelevisivo. La Rai, da sempre terreno di conquista dei partiti, verrà a breve nuovamente rivoluzionata. Il governo Meloni, esattamente come tutti i governi precedenti, ha deciso di mettere le mani sulle direzioni delle reti e dei telegiornali, nel tentativo di riequilibrare un’informazione che solitamente segue il vento della politica e sta prevalentemente con chi vince le elezioni.
Era dunque prevedibile che i partiti di sinistra gridassero allo scandalo per l’ennesima spartizione di poltrone che Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia si accingono a varare in viale Mazzini. Contro la “Rai sovranista” stanno tuonando in queste ore molti esponenti del Pd, ma anche i grillini. Sia i dem che i pentastellati, però, omettono ipocritamente che anche loro hanno fatto altrettanto negli anni scorsi, piazzando uomini fidati alla guida delle reti e dei telegiornali. In altri termini, se Rai sovranista sarà, essa prenderà il posto di “Telekabul”, vale a dire una tv orientata segnatamente a sinistra e ancora in mano ai nominati dei governi Conte 2 e Draghi, con l’aggravante che quei governi erano nati da alchimie politiche e non dalla volontà popolare, a differenza di quello attuale.
Lo spoils system è considerato la pietra dello scandalo a correnti alternate: se la sinistra vince le elezioni e occupa la Rai, il centrodestra critica lo spoils system; se il centrodestra vince le elezioni e occupa la Rai, la sinistra si inalbera e grida allo scandalo.
In questa pratica nefasta della lottizzazione nella tv pubblica entrano tuttavia in gioco molteplici fattori, che dovrebbero essere presi in considerazione prima di pronunciare giudizi nel merito. Partiamo dai nomi che circolano nelle ultime ore per le figure apicali delle reti e dei tg, ma anche per la governance della Rai. Si tratta di persone indubbiamente meritevoli, che dal punto di vista professionale hanno dimostrato negli anni il loro valore e che dunque sono in grado di occupare quei ruoli senza sfigurare.
E probabilmente meritevoli lo sono anche quelli che stanno per essere sostituiti. Il tema non è quello delle competenze ma quello della faziosità. Ad ognuno degli aspiranti o dei papabili viene attribuita dai giornalisti un’etichetta, una targa, un’affiliazione politica (Tizio è in quota Fratelli d’italia, Caio in quota Lega, Sempronio in quota Forza Italia, ecc.) e questo toglie credibilità al servizio pubblico radiotelevisivo, che è di tutti, che è pagato con i soldi di tutti i cittadini e che dovrebbe rispecchiare un pieno pluralismo delle opinioni senza privilegiarne nessuna, a prescindere dall’esito delle elezioni politiche.
Questo scenario potrebbe essere più facilmente raggiunto se la politica scegliesse i più meritevoli, a prescindere dalle simpatie o antipatie politiche. Utopia? Sembra di sì, visto che dagli anni sessanta in poi si è sempre ragionato per spartizioni sulla base della consistenza elettorale dei singoli partiti. Eppure sarebbe molto più rispettoso dell’identità e delle finalità della tv pubblica privilegiare in via prioritaria le competenze e le sensibilità culturali piuttosto che gli orientamenti politici. Forse una riforma della governance che punti a questo e che sia stimolata dalle principali istituzioni culturali del Paese potrebbe invertire una volta per tutte la rotta e far guarire la tv pubblica da questo sconveniente andazzo.
Una seconda considerazione riguarda invece l’estensione di tale spoils system. Se proprio spoils system dev’essere, che tocchi anche i contenitori apparentemente autonomi dalla programmazione radiotelevisiva e dalla linea politica di una singola rete. A fare opinione, prima ancora che i telegiornali, sono i contenitori di intrattenimento pomeridiano e alcuni talk show serali, che in maniera spudorata hanno preso posizioni nettamente di parte su temi strettamente politici.
Di recente, in una puntata di “Mezz’ora in più”, Lucia Annunziata, che in quella circostanza ospitava l’ex Presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha rivendicato la sua faziosità e ha detto chiaramente di essere faziosa, quindi di essere di sinistra. Fabio Fazio, sempre su Rai3, non fa mistero delle sue simpatie di sinistra e la scelta degli ospiti che in prima serata invita la domenica sera sono chiaramente orientati in quella direzione. Si tratta di trasmissioni che formalmente non fanno informazione e che dunque sfuggono più facilmente alle forche caudine di eventuali controlli da parte delle autorità preposte, ma che in realtà plasmano le opinioni e le manipolano sulla base di un interesse precostituito e che viene perseguito con pervicace determinazione. Gli esempi potrebbero essere anche altri e tutti dello stesso colore politico.
Il paradosso, quindi, è che anche una Rai sovranista, con direttori vicini al centrodestra, potrebbe non essere sufficientemente equilibrata perché alcune trasmissioni smaccatamente di sinistra rischierebbero di continuare a influenzare i telespettatori molto di più di telegiornali che sono più strettamente vincolati al rispetto del contraddittorio e a un equilibrio tra diversi schieramenti. Chi per il centrodestra si sta occupando dei nuovi assetti Rai forse farebbe meglio a non trascurare quest’aspetto.