Questo referendum s'ha da fare. Non deve slittare
Lo propone, su Repubblica, uno dei padri fondatori dell’Ulivo Pierluigi Castagnetti: rinviare ancora il referendum. Motivo ufficiale? Il terremoto. E il partito del rinvio si ingrandisce, anche nel Pd. Ma proprio perché il paese cerca di tornare alla normalità , il referendum si deve fare il 4 dicembre.
Questo referendum s’ha da fare. E s’ha da fare il 4 dicembre. La proposta lanciata dalle colonne di Repubblica da uno dei padri fondatori dell’Ulivo ed ex segretario del Ppi Pierluigi Castagnetti di posticipare il referendum costituzionale per via del terremoto nel Centro Italia rischia, infatti, di peggiorare la situazione, invece di migliorarla. L’emergenza che sta tenendo occupati 24 ore al giorno il governo e i vertici delle istituzioni potrebbe andare avanti ancora per molto tempo. Di conseguenza, l’appuntamento già fissato con le urne rischia di slittare a una data non definibile, condannando in questo modo il Paese a un’ingessatura prolungata e a un’estenuante e infinita campagna referendaria. I dietrologi si spingono a vedere dietro l’esternazione dell’ex segretario del Ppi la “manina” del Quirinale, considerati gli eccellenti rapporti tra lo stesso Castagnetti e il Presidente Mattarella, ma si tratta di semplici congetture.
Non si dimentichi che la fissazione della data del referendum del 4 dicembre, inizialmente programmato per ottobre, è già stata sofferta e travagliata. Ha davvero senso ritardare questo impegno ancora una volta? E non si dimentichi neppure che la campagna referendaria si trascina già da quasi un anno, stante la personalizzazione che di quel voto ha inteso fare il premier.
Quello che è certo, però, è che nelle ultime ore sembra essersi fatto largo un “partito del rinvio”. Un timido “sì” è arrivato dalla sinistra del Pd, rappresentata, fra gli altri dal senatore Federico Fornaro, che, parlando a titolo personale, si è detto disponibile a valutare la possibilità di uno slittamento. A fargli eco è stato il ministro dell’Interno Angelino Alfano: "Noi non abbiamo chiesto nessun rinvio della data elettorale, ma qualora una parte dell’opposizione fosse disponibile a valutare un’ipotesi di questo genere, io sono convinto che sarebbe un gesto da prendere in altissima considerazione".
A stroncare ogni ipotesi di slittamento è Forza Italia, che, attraverso il suo capogruppo alla Camera, Renato Brunetta parla di “follia” e di “fantapolitica”: "Il Paese, a causa di Renzi e dei suoi cari, è bloccato da più di 30 mesi da questa ‘schiforma’, e adesso qualcuno pensa di allungare ulteriormente il brodo in modo opportunistico sfruttando una tragedia come quella del terremoto? Davvero insopportabile". E un secco “no” è arrivato dal presidente del Consiglio, che ha fortemente voluto questo referendum e che a mezzo stampa ha cercato di smentire l’eventualità di un rinvio anche se, sotto sotto, secondo i bene informati, non si strapperebbe affatto i capelli in caso di rinvio, considerati i sondaggi ancora favorevoli al “no”.
Eppure, a seguire le notizie, questa ipotesi del rinvio non appare poi così remota. Da un lato, infatti, c’è l’ordinanza del Tribunale civile di Milano chiamato ad esprimersi sul ricorso presentato dall’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida che chiede di accertare, in via d’urgenza, il diritto dei ricorrenti a votare “su quesiti non eterogenei, a tutela della loro libertà di voto”. Dall’altro lato, appunto, c’è il fattore psicologico legato al terremoto che ha piegato in due l’Umbria e le Marche. La motivazione di un eventuale posticipo, infatti, si è detto che è quella di garantire il voto senza disagi di alcun genere anche nelle zone colpite dal sisma. Moltissime scuole ed edifici pubblici, infatti, sono stati distrutti e organizzare i seggi anche da un punto di vista logistico potrebbe essere difficile in quei luoghi. Ma non solo. "Non mi sembra giusto – ha detto ancora Castagnetti – che in un momento in cui il Paese è in emergenza i cittadini si debbano dividere con durezza in un’accesa campagna elettorale".
Ed è qui che sta l’errore. In un Paese normale, e che, soprattutto, vuole tornare alla normalità, bisogna compiere qualsiasi sforzo per garantire agli italiani l’esercizio democratico del voto. Lo Stato ha il dovere di fare tutto il possibile per rendere più facile il voto ai cittadini colpiti dal terremoto. Il Paese, inoltre, non può permettersi altre strumentalizzazioni. Ogni giorno assistiamo a nuove dichiarazioni e “coming out” sul voto. Politici o personaggi pubblici più o meno autorevoli che esternano pubblicamente le loro intenzioni di votare “sì” o “no” con l’unico scopo di tirare per la giacchetta gli elettori più titubanti. I comitati fanno un lavoro forsennato di persuasione, forse non rendendosi conto che chi ha già una propria idea formata in testa difficilmente la cambierà.
Spostando il referendum fra sei mesi, insomma, o fra anche solo fra due, la situazione rischia di surriscaldarsi ancora di più rendendo invivibile ed esasperato il clima politico. Non ne abbiamo bisogno. Il referendum si faccia nella data già (faticosamente) stabilita. Via il dente e via il dolore.