Questa foto sbugiarda la retorica immigrazionista
Le polemiche sulla motovedetta libica impegnata a cercare di bloccare una barca piena di immigrati illegali. L'Ue si indigna, ma quelle immagini dimostrano tre verità che non si vogliono ammettere: sono gli scafisti che, non fermandosi allo “stop”, hanno messo a rischio la vita dei migranti illegali; i naufraghi non sfuggono, i clandestini sì; il fatto è accaduto in acque maltesi, segno che l'accordo con Libia e Turchia funziona. In Italia, invece, siamo gli unici che accogliamo chi paga i criminali del mare.
Polemiche e commenti scandalizzati per le immagini della motovedetta libica Ras Jadir impegnata invano a cercare di bloccare una barca piena di immigrati illegali in acque di competenza maltese per la ricerca e soccorso.
La Guardia Costiera libica ha rilasciato una dichiarazione in cui ha annunciato che verrà aperta una inchiesta interna ammettendo che la motovedetta “ha messo in pericolo le vite dei migranti, così come quelle dei membri dell'equipaggio della motovedetta stessa, in quanto non sono state seguite le misure di sicurezza e sono stati utilizzati anche dei colpi di avvertimento".
A denunciare il fatto è stata la ong tedesca Sea-Watch, che ha diffuso un filmato aereo che mostra la motovedetta libica inseguire ad alta velocità una barca di legno a motore con almeno due dozzine di persone a bordo. Durante l'inseguimento, avvenuto in acque internazionali nella zona di competenza di ricerca e soccorso di Malta, persone in uniforme a bordo della nave libica sono state viste sparare almeno due volte verso l'imbarcazione, con proiettili che hanno colpito l'acqua nelle vicinanze come solitamente si fa a scopo intimidatorio per imporre lo stop alle imbarcazioni fuorilegge.
La motovedetta ha rischiato più volte la collisione con l'imbarcazione a bordo della quale gli scafisti manovravano per evitare di farsi fermare e catturare impedendo così ai militari di riportare in Libia il carico di clandestini diretto in Italia.
Quasi 15mila migranti illegali sono stati intercettati dalla Guardia costiera di Tripoli e riportati sulle coste libiche dall'inizio dell'anno al 26 giugno: un numero record che da un lato mostra la crescente efficienza delle forze navali libiche addestrate soprattutto dall’Italia ma anche dalla Marina Turca e dall’altro conferma come il numero di clandestini giunti via mare in Italia quest’anno, circa 21 mila, sarebbero oggi almeno 36 mila senza l’intervento delle motovedette di Tripoli.
"Confermiamo la nostra volontà nel proseguire lo svolgimento dei nostri compiti e doveri, salvare vite in mare e proteggere le coste libiche, secondo le leggi e i regolamenti umanitari riconosciuti a livello locale e internazionale" ha aggiunto lo Stato Maggiore della Marina.
La Commissione Europea ha espresso preoccupazione per l’accaduto eppure le immagini del video ripreso dal velivolo della ong tedesca mette in luce tre aspetti di cui nessuno sembra occuparsi.
Il primo aspetto è che la Libia difende la legalità, opera contro le organizzazioni criminali e persegue il traffico di esseri umani sul mare con determinazione e con procedure se necessario aggressive. Avvicinamenti, abbordaggi e fuoco a prua rientrano tra le misure intimidatorie adottate in tutto il mondo contro imbarcazioni pirata o fuorilegge.
Gli scafisti hanno corso molti rischi pur di non farsi fermare e poter proseguire nelle loro attività criminali portando i clandestini a destinazione in Italia: sono loro che, non fermandosi allo “stop” intimato dalla motovedetta libica, hanno messo a rischio la vita dei migranti illegali di cui peraltro hanno sempre dimostrati di non vere troppa considerazione.
Secondo aspetto: le immagini che riprendono il tentativo di fuga dell’imbarcazione con a bordo i clandestini dimostrano chiaramente che essi non possono essere definiti in nessun modo “naufraghi”, come si ostina a definirli la retorica immigrazionista (non disinteressata) per i quali esiste l’obbligo del soccorso.
Si è forse mai visto un naufrago sfuggire con ogni mezzo e a rischio della vita ai suoi soccorritori?
Il terzo elemento che si evince è legato alle intese stipulate nell’agosto 2020 tra Malta, Libia e Turchia per il contrasto all’immigrazione illegale. L’inseguimento è avvenuto nella vasta area SAR (ricerca e Soccorso libica), quindi la Valletta ha autorizzato i libici a entrare nelle acque di sua competenza per fermare i clandestini e riportarli in Libia.
Non sono mai stati diffusi dettagli circa quell’intesa a tre, che di fatto ha visto il governo maltese riconoscere l’egemonia turca in Tripolitania e sul mare che separa Tripoli dall’isola-stato, ma dalla firma di quell’accordo Malta non ha più accolto clandestini e ha ignorato ogni richiesta di sbarco da parte delle navi delle Ong.
L’esame di questi tre aspetti impone considerazioni tese all’estremo pragmatismo.
L’Italia è oggi l’unico Stato del Mediterraneo a continuare ad accogliere chiunque paghi criminali e infatti i fluissi illegali sono in crescita solo verso la Penisola.
Al rafforzamento del supporto offerto da Roma alla Guardia Costiera libica va aggiunto lo stesso tipo di approccio adottato da Malta consentendo alle motovedette libiche di riportare indietro tutti i migranti illegali a cui le agenzie dell’ONU presenti in Libia devono garantire assistenza e rapido rimpatrio nei paesi di origine. Solo così i flussi cesseranno e con essi finiranno anche le tragedie del mare che secondo le stime dell’ONU sono costate quest’anno la vita a oltre 700 migranti illegali.