Quelle scuole dei ricchi che piacciono tanto alla sinistra
Distruggendo la meritocrazia nella scuola per favorire i meno dotati intellettualmente, la sinistra ha finito per costruire un sistema scolastico che penalizza i meno dotati economicamente. Una prova? Basta informarsi sulle scuole frequentate dai figli dei politici e degli intellettuali nemici della meritocrazia.
Tempo fa, nel recensire Boys Should Be Boys, «I ragazzi devono essere ragazzi» (in italiano, Boys. 7 segreti per crescere i figli maschi, Ares) di Meg Meeker (docente all’American Academy of Pediatrics), citai il recentemente scomparso Umberto Eco. Che nel 1963 (Diario minimo. Lettera a mio figlio) scriveva: «Era una mattina, avevo promesso un regalo al figlio del mio amico ed entrai nel gran magazzino a Francoforte per domandare una bella pistola a tamburo. Mi guardarono scandalizzati. Non facciamo giocattoli bellici, signore. Da sentirsi gelati. Uscii mortificato».
Il Nostro, dopo matura riflessione, sbottava: «Non mi avrebbero più ingannato, da allora in poi mi sarei basato solo sull'esperienza personale e avrei diffidato dei pedagoghi». E proseguiva: «Allora ti regalerò fucili. A due canne. A ripetizione. Mitra. Cannoni. Bazooka. Sciabole. Eserciti di soldatini in assetto di guerra». Era il tempo del pacifismo (di sinistra). Oggi è quello della gender theory (sempre di sinistra) ma, ahimè, nessuna Eco più s’ode. La left americana ha sostituito il Dipartimento D (dezinformatsija) sovietico, e dobbiamo volgerci altrove per poter sentire il Dissenso.
Oltre mezzo secolo dopo la “chiamata alle armi” del nostro Semiologo Nazionale, una nuova teoria devirilizzante aleggia sull’Occidente e si insinua nelle scuole di ogni ordine e grado, bersaglio sempre i maschietti: «Chi mai insegnerebbe loro a cacciare, a costruirsi arco e frecce, a rivivere le grandi battaglie della storia?» (Meeker). É vero, Eco insegnava al figlio a giocare a partigiani contro fascisti e per che parte tenere (indovinate) nelle «grandi battaglie della storia». La Meeker parteggia solo per l’umanità, correttamente individuando nella political correctness un pericolo apocalittico al cui confronto l’Isis è un buffetto. Ma Eco è stato Maestro anche in un altro campo (v. il suo manualetto Come si scrive una tesi di laurea, bestseller come tutto il resto della di lui opera). Un’altra citazione chiarirà.
Intervistato da Vittorio Messori, ebbe a dire che lui, figlio di un modesto negoziante, voleva «vendicare» il padre. Stava parlando di riscatto sociale. Un ragazzo di famiglia proletaria poteva fare un «salto di classe» tramite lo studio. A patto che la scuola funzionasse col sistema cosiddetto meritocratico. Ma quel sistema è, ahimè, un ricordo anche grazie all’opera di intellettuali che, dopo avere lucrato personalmente della possibilità del “salto”, hanno chiuso la porta alle loro spalle, impedendo agli altri di imitarli. A tutti? No, ai poveri. E, anche qui, si realizza la famosa eterogenesi dei fini (Vico, Del Noce), le buone intenzioni che si rovesciano nel loro contrario.
Distruggendo la meritocrazia per favorire i meno dotati intellettualmente, si sono penalizzati i meno dotati economicamente. Cioè, i poveri, quelli per i quali i cattocomunisti vanno in solluchero. Proprio mentre si levava il cordoglio per Eco il tiggì trasmetteva un servizio riempitivo sui liceali che vanno a fare un anno scolastico o due all’estero (va di moda l’Australia). Imparano l’inglese sul campo, fanno esperienze utili eccetera eccetera. Lo stesso servizio, tuttavia, ammetteva allegramente che i costi di tali operazioni sono accessibili a pochi. Come volevasi dimostrare.
Mi si consenta un esempio personale (scusandomi se uso abbondare di ciò nei miei articoli, ma l’esperienza, vi assicuro, è meglio della teoria). Fresco di laurea in Scienze Politiche, partecipai a un concorso per un posto al Consiglio d’Europa. La prova scritta doveva essere, per forza di cose, effettuata in inglese o in francese. Entrato nella sala mi resi subito conto che potevo anche risparmiarmi la fatica. I più tra i concorrenti avevano frequentato prestigiose scuole estere ed erano padroni non solo delle lingue prescritte, ma pure in grado di infarcirle di citazioni chi in arabo, chi in russo e chi in cinese. Io, che sapevo solo il francese scolastico, non avevo alcuna possibilità. Infatti, così andò. Se vi punge vaghezza, informatevi sulle scuole frequentate dai figli dei politici e degli intellettuali nemici della meritocrazia (altrui).