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OMICIDIO VARANI

Quei killer per «l'effetto che fa», tra Gadda e Tarantino

Dal «non so perché l’ho fatto» al «volevamo uccidere qualcuno solo per vedere l’effetto che fa». Così uno degli assassini di Luca Varani, il ragazzo di 23 anni torturato e ucciso a coltellate durante un folle party a base di cocaina e sesso. Un delitto dalla violenza bestiale e senza senso.

Cronaca 10_03_2016
Luca Varani, il giovane ucciso

Forse, quando tutto sarà finito e (chissà) chiaro, qualche novello Gadda ci scriverà un instant book e noir con tanto di commissario Ingravallo: Quer pasticciaccio brutto de via Giordani. Di sicuro qualche regista italiano a corto di idee (ma lo sono quasi tutti) ci farà un film alla Tarantino. I talk di nera ci inzupperanno il savoiardo per mesi, perciò è inutile addentrarsi, qui e adesso, sul delitto senza motivo (cioè, serio, concreto) che ha visto due giovanotti della Roma “bene” seviziare e uccidere uno più giovane di loro dopo un coca-party notturno. 

In un solo giorno, dal «non so perché l’ho fatto» (leggi: incapacità momentanea di intendere e volere indotta dall’assunzione di stupefacenti) si è passati al «volevamo uccidere qualcuno solo per vedere l’effetto che fa». Infatti, se incapacità era, tanto momentanea non doveva essere, visto lo stato della vittima: ci hanno messo ore e ore a seviziarlo, nudo, dopo avergli fatto ingurgitare chissà cosa per farlo star fermo. Prima, i due imputati erano usciti a cercare qualcuno, si presume all’uopo. Ma, non avendo trovato nessuno (di adatto, si immagina), si sono ricordati di questa conoscenza. E chissà come lo hanno indotto a partecipare al festino. Il principale accusato, per ora, è uno coi soldi, figlio di uno coi soldi. Nel suo passato, diversi ritiri di patente per guida in stato di ebbrezza. 

Il fatto è avvenuto nel suo attico del Collatino, sito al disopra dell’appartamento in cui  vive la madre, che è separata dal marito. Il complice, che ha tentato il suicidio (alla Marilyn: alcool e barbiturici) prima che i carabinieri lo trovassero in un albergo salvandolo, è persona nota nell’ambiente nottambulo romano. Flirt presunto e pregresso con famosa soubrette, di mestiere «organizzatore di eventi gay», dice il giornale. Ma lui gay non era, visto che gli piacevano le donne. O forse gli piaceva tutto? Nemmeno la vittima era gay, dal momento che era fidanzatissimo con una femmina. Anzi, leggo che a metà febbraio aveva condiviso su Facebook questo post: «Dio creò Adamo ed Eva, non Adamo e Claudio». 

Insomma, orgoglio etero. Il giallista di cui sopra potrebbe imbastire: questo suo post è stato avvistato da qualcuno che ha voluto fargliela pagare. Ma una trama del genere, essendo politicamente scorretta, non troverebbe, oggi come oggi, uno straccio di editore. No, molto probabilmente le cose sono più terra-terra, perché anche una mente criminale ha i suoi limiti. Certe vendette sono roba da Diabolik, anzi da Eva Kant (leggere per credere una loro vecchia avventura gayfriendly). No, gli inquirenti sono persone più concrete e scafate. Sanno che perfetti etero, magari regolarmente ammogliati e con prole, sono stati pescati a festeggiare con trans, perché quello che una volta si chiamava vizio è cosa che va sempre in crescendo. E soldi in tasca più edonismo sono una miscela potenzialmente esplosiva. 

Il primo arrestato, la mattina dopo, a delitto già consumato, è andato al funerale dello zio. Poi, dice, ha chiesto aiuto al padre perché «avevo fatto una cavolata: con la benedizione della bara sono come rinsavito». E pensare che quelli della Cgil e dell’Uaar ce l’hanno a morte col Comune di Bologna perché ha permesso la benedizione pasquale. L’acqua santa serve, eccome. Mah, che Dio abbia pietà di tutti e tre. Forse ci metterà una buona parola anche il titolare della via in cui è avvenuto il fattaccio: Igino Giordani, grande apologeta cattolico della generazione precedente alla mia. Il resto, tutto il resto, come dice Shakespeare, è silenzio.