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ISLAM IN EUROPA

Quei cristiani stanchi che si convertono all'islam

In una normale famiglia italiana, il marito si converte all'islam e la moglie deve obbedire a tutte le nuove regole di sottomissione. Finché non si separa. Noi cristiani, così attenti a non fare proseliti per non disturbare nessuno, stiamo iniziando a farci convertire da chi i proseliti li fa eccome.

Editoriali 17_09_2017
La Bibbia e il Corano

Caro direttore,

di ritorno dalla strepitosa giornata dedicata alla “ricostruzione dell’umano”, ispirata dal testamento spirituale del Card. Caffarra, sono venuto a conoscenza di un fatto che mi ha lasciato sbigottito, anche perché probabilmente episodi similari stanno accadendo un po’ in tutta Italia. Desidero parlarne con te e con i tuoi sempre più numerosi lettori.

E’ accaduto questo: c’era una “normale” famiglia composta da marito, moglie ed un figlia ancora piccola, tutti italiani. Ad un certo punto, il marito si è convertito all’islam e tutto è improvvisamente cambiato, soprattutto nei rapporti tra marito e moglie. Quest’ultima, quando usciva col marito, doveva vestirsi come l’islam impone e, se partecipava  una qualche riunione dell’assemblea della comunità islamica locale, doveva stare in ultima fila, mentre il marito sedeva in prima fila. E’ poi cominciata a girare l’idea che doveva essere la stessa comunità a scegliere la donna per il nuovo convertito. Questa situazione, che vedeva la moglie completamente sottomessa alle nuove regole imposte dalla nuova appartenenza del marito, non poteva, evidentemente, durare e la moglie è stata costretta a chiedere separazione e divorzio.

L’increscioso episodio ci deve obbligare ad alcune considerazioni.

Ci si diletta a parlare tanto di “integrazione”, ma in casi simili sta avvenendo esattamente il contrario. C’è un italiano che si integra totalmente nella comunità dei nuovi arrivati fino a provocare la rottura di un matrimonio che fino ad allora era stato solido.

In occidente e, purtroppo, anche in Italia pare che stia venendo in uggia l’esperienza della libertà, che pure storicamente ha avuto i suoi momenti migliori proprio da noi. Forse ci stiamo stancando della libertà ed alcuni preferiscono la scorciatoia della “sottomissione” alla strada più affascinante, ma anche più impegnativa, dell’uso della vera libertà. La “sottomissione” semplifica i problemi ed i rapporti, ma li rende anche più disumani, senza alcun rispetto per la persona.

In questo contesto, è impressionante l’assoluto silenzio dei nostri “liberal” e soprattutto delle nostre ex femministe, che pur di non dare ragione alla Fallaci si impongono ipocritamente di tacere e di lasciare che le libertà concrete abbiano sempre meno spazio.

Forse, l’aspetto più grave riguarda i cristiani, i quali stanno dimenticando il primo compito loro affidato da Gesù quando ha detto agli Apostoli: “Andate, dunque, e ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto quanto vi ho comandato” (Matteo, 28,19-20). I cristiani mi sembrano concentrati in modo acritico (anche se spesso molto generoso) sul tema dell’accoglienza e ciò, normalmente fa dimenticare loro il dovere dell’annuncio della salvezza portata da Cristo. I cristiani sono molto preoccupati, a quanto pare, di non fare proselitismo, ma mi pare che il proselitismo lo stiano facendo gli islamici. Grave errore confondere il proselitismo con la missione.

Caro direttore, ancora una volta mi pare che i cristiani stiano dimenticando che l’esperienza cristiana  vive sulla base di tre dimensioni, che devono assolutamente coesistere: cultura, carità e missione. Spero di sbagliarmi, ma mi pare che cultura e missione finiscano in secondo piano, se non nel dimenticatoio.