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MERCOLEDì DELLE CENERI

Quaresima, occasione di gioia per l’incontro con Gesù

Con la celebrazione odierna iniziamo un cammino nel quale dobbiamo prendere coscienza che, ogni giorno, si ripresenta la verità di Cristo; siamo chiamati, cioè, a riscoprire quotidianamente la salutare forza della sua presenza e a sentire che è un cammino sicuro quello che la Chiesa ci invita a percorrere.
- E IN AUSTRIA S'INVENTANO L'ECO-DIGIUNO, di Luisella Scrosati 

Ecclesia 17_02_2021 English Español

È importante recuperare, nei suoi aspetti più significativi e nel solco della tradizione, ciò che la liturgia ci propone nei momenti più forti dell’anno. Il Mercoledì delle ceneri è l’antichissima e bellissima celebrazione con la quale la Chiesa inizia il cammino della Quaresima. Essa aiuta a capire che non si comincia un cammino, come quello quaresimale, senza la consapevolezza della fatica, facendo i conti con la delusione e la tristezza, inevitabili conseguenze di una vita che non poggia su Cristo.

Tuttavia, insieme a tutto questo dobbiamo tenere presente, fin dall’inizio, che è un cammino nel quale dobbiamo prendere coscienza che, ogni giorno, si ripresenta la verità di Cristo; siamo chiamati, cioè, a riscoprire quotidianamente la salutare forza della sua presenza e a sentire che è un cammino sicuro quello che la Chiesa ci invita a percorrere. L’uomo non teme il fatto di dovere camminare e, quindi, fare fatica, ma si spaventa di fronte a un cammino incomprensibile, del quale non conosce l’esito o, ancor peggio, della cui positività dubita.

Il nostro cuore, perciò, non può e non deve essere determinato solo e primariamente dalla consapevolezza del nostro limite, degli errori dei quali siamo responsabili, della nostra vulnerabilità rispetto alla mentalità del mondo. Non dobbiamo insistere solo sul male, ma recuperare a pieno il senso di quella gioia cristiana che ha investito la nostra esistenza come conseguenza dell’incontro con il nostro Signore Gesù Cristo, presente e attivo nella Chiesa. Ciascuno di noi è realmente, e non per modo dire, figlio di Dio, tanto che possiamo chiamare Dio con l’appellativo di Padre, rivolgendo a Lui, ogni giorno, la preghiera nella quale emerge massimamente la confidenza con Lui, la preghiera del Padre Nostro.

Il periodo della Quaresima è allora da considerare, innanzitutto, il periodo in cui la Chiesa apre il suo cuore, con rinnovata dolcezza e tenerezza, al mistero della presenza di Cristo; lo riscopre vivo – sarei tentato di dire, ripetendo una formula cara a Giussani – «dentro le ossa e il sangue della vita». È il mistero di una presenza che non si allontana mai da noi, che ci stringe a sé, che ci attrae a sé. Ricordo con tanta commozione l’immagine che sant’Ambrogio forniva della liturgia quaresimale: nel periodo della Quaresima è come se venissimo fasciati dalla presenza di Cristo, in modo che non ci lasci, che non ci abbandoni, che non si provochi un vuoto fra la sua presenza e la nostra vita. Cristo è, infatti, la presenza di Dio nella nostra vita. Nella Quaresima è come se Cristo ci stringesse a Lui chiedendoci di non sostituire con qualcosa d’altro questa sua mirabile presenza.

Ciò rende la nostra vita carica insieme di gioia e di tristezza. Gioia perché il Signore è presente e non ci abbandona mai. Tristezza perché spesso noi ci sorprendiamo a sostituire la sua presenza con qualcosa che sembra corrispondere di più. Questo è il peccato nella vita cristiana: pensare che possa esistere qualcosa che sostituisca la sua presenza.

Il Signore è una presenza incombente e tenerissima. Incombente perché investe tutti gli spazi della vita. Tenerissima perché il Signore dà alla nostra vita il suo senso vero, il suo significato profondo.

Così, cominciare un’altra volta il cammino quaresimale significa mettere i nostri passi sull’unica strada che non ci deluderà mai. Il cammino che siamo chiamati a percorrere dietro a Cristo è un percorso sicuro perché il Signore guida i nostri passi su quella strada certa che, giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, apre il nostro cuore a Colui che, unico, non può tradire né mentire. E questo è ciò che rende la nostra vita lieta.

* Arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio