Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Leonardo da Porto Maurizio a cura di Ermes Dovico

AZIENDA ITALIA

Qualche idea per tagliare i costi della politica

In Italia 1milione e 300mila persone vivono - direttamente o indirettamente - di politica, con costi che sfiorano i 20 miliardi annui.

Attualità 29_11_2011
parlamento

La decisione del Senato di abolire, dalla prossima legislatura, il regime dei vitalizi parlamentari, rendendo omogenee le pensioni di vecchiaia degli eletti dal popolo al regime che vige per tutti i cittadini, è certamente una buona notizia. Insieme a quella diffusa dal Presidente della Camera di procedere nella medesima direzione. Si evita, però, ancora di prendere decisioni rispetto alle questioni di fondo e complessive che hanno portato alla degenerazione del sistema democratico.


Le stime che si fanno sono concordi nel ritenere che 1milione e 300mila persone vivano - direttamente o indirettamente - di politica. 145 mila tra Parlamentari, Ministri, Amministratori Locali di cui 1.032 Parlamentari nazionali ed europei, Ministri e Sottosegretari; 1.366 Presidenti, Assessori e Consiglieri regionali; 4.258 Presidenti, Assessori e Consiglieri provinciali; 138.619 Sindaci, Assessori e Consiglieri comunali; 12 mila consiglieri circoscrizionali; 24 mila persone nei Consigli di Amministrazione delle 7 mila società, Enti, Consorzi, Autorità di Ambito partecipati dalle Pubbliche Amministrazioni; quasi 318 mila persone che hanno un incarico o una consulenza elargita dalla Pubblica Amministrazione; la massa del personale di supporto politico addetto agli uffici di gabinetto dei Ministri, Sottosegretari, Presidenti di Regione, Provincia, Sindaci, Assessori Regionali, Provinciali e Comunali; i Direttori Generali, Amministrativi e Sanitari delle ASL; la massa dei componenti dei consigli di amministrazione degli ATER e degli Enti Pubblici.


In base ad uno studio della UIL, i costi ammontano a 18,3 miliardi di euro, ai quali bisogna aggiungere 6,4 miliardi di euro, derivanti dall’apparato istituzionale centrale.

Per gli Organi di Regioni, Province e Comuni (funzionamento Giunte e Consigli) i costi ammontano a 3,3 miliardi di euro (85 euro medi per contribuente).

Il costo per la direzione delle 255 Aziende sanitarie e ospedaliere è di oltre 350 milioni di euro; mentre il costo dei Consigli di Amministrazione degli Ater/Aler è di circa 40 milioni di euro. I costi per il personale contrattualizzato, di nomina politica, per le Segreterie di Presidenti, Sindaci e Assessori, si aggirano intorno a 1,5 miliardi di euro l’anno.

Sarebbe demagogico dire occorrerebbe abolire questi costi, di cui peraltro abbiamo citato solo alcune voci. La politica, nella sua concezione classica, è un servizio ai cittadini e come tale va garantito e tutelato. E’ evidente, però, che un discorso serio su questo tema richiede una rivisitazione profonda dei meccanismi che si sono sedimentati e che hanno determinato, soprattutto negli ultimi anni, una situazione del tutto insostenibile.

Ci sono questioni che andrebbero affrontate subito, che non costituiscono solo dei “segnali”, come la riduzione del numero dei parlamentari, invocata da molti e peraltro giusta e opportuna, considerando anche la situazione degli altri Parlamenti europei.

Ne citiamo solo tre, che accecano per la loro gravità e per la consistenza dell’ammontare di denaro pubblico destinato all’impiego delle risorse per questi settori.


La prima riguarda le auto blu in dotazione delle pubbliche amministrazioni. Una delle ultime iniziative dell’ex Ministero della Funzione Pubblica, è stato il “Monitoraggio Auto Blu 2011”, realizzato insieme al Formez. Da questo studio risulta che le auto blu - che nel totale sono circa 72mila - incidano sulle casse dell’erario per circa due miliardi e 150mila euro ogni anno. Come si compone questa cifra? Secondo il Monitoraggio, i costi di pura gestione del parco auto di 72mila autovetture ammontano a circa 350 milioni di euro. Calcolando gli ammortamenti, i costi di stazionamento e logistica (per circa 300 milioni), il costo totale si avvicina ai 650 milioni. A questa cifra bisogna poi aggiungere il costo del personale (autisti, addetti al parco auto, manutenzione, controllo) stimato in circa 35mila unità, di cui circa 14mila autisti, per un costo stimato di circa 1.500 milioni di euro. La quota totale di 72mila auto viene così scorporata: 2mila auto “blu blu” destinate agli eletti (di rappresentanza politico-istituzionale a disposizione di autorità e alte cariche dello Stato e delle amministrazioni locali), 10mila auto “blu” (di servizio con autista a disposizione di dirigenti apicali) e 60mila auto “grigie” (senza autista, a disposizione degli uffici).


La seconda questione attiene al regime delle provvidenze a favore dell’editoria, relativamente, in particolare, alle testate che si possono definire di partito o facenti capo a gruppi d‘ispirazione partitica. Con buona pace del Presidente della Repubblica, che nelle scorse settimane è intervenuto anche su questo terreno - dichiarandosi preoccupato dei tagli lineari alle provvidenze previsti dal precedente governo, pur ammettendo che sarebbe necessaria un’”opera di bonifica” - non si comprende perché non si debba intervenire in modo drastico per una significativa e ragionevole eliminazione di queste provvidenze, che nel loro complesso ammontano a 360 milioni per il 2010, dei quali alcune decine di milioni per le testate di partito.


Una terza e ultima questione riguarda i cosiddetti rimborsi elettorali. In Italia, a differenza di altri Paesi, le quote assegnate vengono ripartite in ragione dei seggi conquistati dai singoli partiti ed hanno un’attinenza solo fittizia con i costi sostenuti per le campagne elettorali. A fronte di un costo x, si può ottenere il doppio o il triplo o anche molto di più, in base ai perversi meccanismi della legge attuale, che prevede pagamenti divisi in quattro fondi: Camera, Senato, Parlamento europeo ed elezioni regionali. La legge finanziaria del 2010 ha ridotto il rimborso elettorale elargito ai partiti, portandolo da €1 per iscritto alle liste elettorali a € 0.90, la cui somma viene ripartita proporzionalmente sulla base dei risultati elettorali conseguiti. Una riduzione risibile, perché stiamo parlando di cifre complessive che per un’intera legislatura si aggirano intorno ai 500 milioni di euro. Con l’aggiunta, che i partiti ricevono contemporaneamente le quote annuali relative alla XV Legislatura e quelle dell’attuale legislatura, fino al 2013.

Questa giungla di privilegi, rappresenta l’esemplificazione del momento storico che vive la democrazia italiana. Siamo divenuti un corpo collettivo guidato da una classe politica che, nel suo insieme, non è più culturalmente attrezzata a perseguire grandi progetti di Riforma, a costruire scenari di governo delle situazioni, a proporre soluzioni alla crisi che attraversiamo. Sarà il governo tecnico, che decreta la fine di questa politica, come ha scritto questo giornale, a porre il problema dei costi della democrazia nella sua realtà e nella sua urgenza? Ne dubitiamo fortemente.