Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
EDITORIALE

Putin e i cattolici, cerchiamo di chiarire

Sembra che ben pochi argomenti suscitino passioni accese tra i cattolici come la figura del presidente russo Vladimir Putin, al punto da perdere ogni equilibrio. Se è giusto valorizzare le sue posizioni su matrimonio e vita, non si può non guardare con preoccupazione l'invasione di altri stati e la sofferenza dei cattolici.

Editoriali 22_09_2014
Vladimir Putin

Bisogna rassegnarsi al fatto che ben pochi argomenti suscitino passioni accese tra i nostri lettori come la crisi ucraina e soprattutto la figura del presidente russo Vladimir Putin. Così diverse lettere sono arrivate per contestare l’intervista a Luigi Geninazzi che abbiamo pubblicato il 19 settembre, in cui l’ex inviato di Avvenire e autore del recente libro sulla fine del comunismo in Europa, L’Atlantide rossa, metteva in guardia i cattolici dall'innamoramento per Putin di tanti cattolici.

Geninazzi, che è un profondo conoscitore dell’Europa dell’Est, affermava che l’unica logica che guida il presidente è quella nazionalista e della grande Russia, e la difesa del cristianesimo è funzionale a questo disegno. Inoltre sottolineava come la crisi ucraina, nonostante i tanti errori dell’Unione Europea, sia da addebitare anzitutto al nazionalismo di Putin. Opinione, quest’ultima, su cui non tutti gli esperti si trovano concordi, e anche La Nuova BQ ha fornito in questi mesi punti di vista diversi da parte di esperti, che nell’insieme hanno contribuito a dare l’idea della complessità della crisi e presentato i tanti fattori in gioco.

Cercare di capire la complessità della situazione dovrebbe essere il primo obiettivo se si vuole indicare o trovare una strada per una soluzione pacifica, che eviti la degenerazione della crisi in una guerra vera e propria che sarebbe devastante per l’Europa intera. C’è chi invece preferisce la scorciatoia dei giudizi precostituiti e fare il tifo a prescindere, dall’una o dall’altra parte, mescolando per l’occasione religione e politica in un cocktail improprio quanto pericoloso.

Le lettere ruotano sostanzialmente attorno a una questione fondamentale: Putin che contrasta l’aborto e le unioni gay, fa costruire chiese e riporta l’insegnamento della religione a scuola è senz’altro il campione della civiltà cristiana, ormai rinnegata da un Occidente laicista, controllato da non meglio precisati poteri forti, che sprofonda sempre più nell’immoralità.

Ergo: qualsiasi cosa faccia Putin è necessariamente guidata da nobili intenti e quindi la crisi ucraina non può che essere un complotto contro di lui guidato da gruppi finanziari e servizi segreti occidentali, che vogliono eliminare l’eroe che – solo – si sta opponendo a un progetto mondialista e anti-umano.

È certamente vero che la cattiva stampa di cui gode Putin dalle nostre parti è dovuta non poco alla vicenda del divieto di propaganda gay, che ha avuto una risonanza internazionale grazie anche alle Olimpiadi invernali svoltesi in Russia; in Italia poi, da questo punto di vista non poco gli ha nociuto l’amicizia con Berlusconi. È ovvio che le sue posizioni su matrimonio e aborto sono ampiamente condivisibili e da valorizzare, anche se ne vanno colte le motivazioni politiche ed economiche che le hanno quantomeno favorite. Tutte queste cose le abbiamo già scritte. Ma che questo possa essere automaticamente tradotto in “Putin, campione della cristianità” è un'altra cosa. Né può spingere a considerarlo tale il fatto che l’Unione Europea sia guidata da lobby anti-cristiane che stanno condannando l’Europa al suicidio. Se la Ue è «marcia», non vuol dire automaticamente che ciò che c’è fuori dalla Ue o si oppone alla Ue sia sano.

C’è bisogno di guardare a ciò che accade con realismo e rifuggire dalla vecchia tentazione di affidare all’Imperatore la salvezza della cristianità.

Così se possiamo plaudire Putin quando interviene sui temi della famiglia e della vita, non possiamo non preoccuparci di fronte all’invasione di un paese confinante con il quale peraltro aveva stipulato un trattato di non aggressione. L’intervento militare per ripristinare una zona d’influenza è un atto grave che potrebbe preludere a gesti ancora più gravi. Né si può negare l’esistenza in Ucraina di un popolo o parte di popolazione che aspira davvero ad abbracciare l’Europa con la speranza – magari illusoria – che questa sia la strada per uscire dalla povertà.

Si può certo discutere su come tutto questa debba tradursi politicamente, tenendo conto degli interessi di tutte le parti coinvolte, ma ridurre tutta la storia a trame di potentati occulti che si contrappongono e manovrano tutti gli uomini è un grave errore di prospettiva, peraltro contrario a una visione cristiana della storia. Significa infatti eliminare il "fattore uomo", la sua innata aspirazione alla libertà, l’irriducibilità del suo desiderio di un qualcosa che vada oltre ogni costrizione politica. Per poter negare che in Ucraina ci sia stata questa scintilla, bisogna censurare le tante testimonianze di persone vere che abbiamo sentito al tempo del Maidan; ma significa anche negare la genuinità di tante altre rivoluzioni del recente passato, dalla Polonia di Solidarnosc alle Filippine di Cory Aquino, per non parlare delle repubbliche balcaniche. Allo stesso modo dovremmo negare le ragioni degli indipendentisti scozzesi e catalani. Non necessariamente dobbiamo essere d’accordo con chiunque voglia una secessione, ma non possiamo ridurre le loro ragioni a trame oscure di chissà quali poteri occulti.

È per questo che sul nostro quotidiano, per quanto ci è stato possibile, abbiamo dato spazio alle ragioni e alle testimonianze di tutte le parti in gioco, degli ucraini così come quelle del governo russo, denunciando casomai l’incapacità di tutti nel prevenire prima e gestire poi una crisi che può avere gravissime ripercussioni per tutta l’Europa (che già iniziamo a sperimentare).

Per quanto riguarda Putin, riteniamo sbagliato considerarlo come il nemico numero uno dell’Europa, ma santificarlo in vita va contro il buon senso prima ancora che contro la logica. Prova ne è che anche il Patriarcato di Mosca dall’inizio non ha appoggiato la messa in discussione dei confini dell’Ucraina, e il clima di acceso nazionalismo che questa crisi ha generato sta provocando ora tensioni religiose che tanto per cambiare stanno restringendo gli spazi di libertà per i cattolici.

Tanti tifosi di Putin dovrebbero meditare sul fatto che nel territorio controllato dal “Campione della cristianità” si consumano soprusi e intimidazioni nei confronti dei cattolici, tanto da consigliare loro di cambiare aria. E anche fra le diverse chiese ortodosse la situazione si è fatta tesa.

Piuttosto bisognerebbe riprendere e meditare la lezione di san Giovanni Paolo II che invocava una Europa a due polmoni, un Occidente e un Oriente che avrebbero dovuto tornare a respirare insieme. Una unione anzitutto spirituale – e qui ecco la grande spinta al dialogo tra cattolici e ortodossi – ma di conseguenza anche politica. Sicuramente il grande errore dell’Unione Europea è stato non aver perseguito questo ideale nel momento in cui era in posizione di forza. Non sorprende, visto che ha voluto negare con forza le sue radici cristiane, ma la conseguenza è che la logica della guerra fredda è sopravvissuta al crollo del comunismo, e ora la storia presenta il conto. Anche se tutto ora è diventato più complicato, la strada indicata da san Giovanni Paolo resta comunque l’unica da percorrere. E invece di fare i tifosi pro o contro Putin dovremmo soprattutto preoccuparci di sostenere i cattolici e gli ortodossi che vogliono continuare nel cammino di avvicinamento.