Pregare e digiunare per i cristiani in Siria
«Porterai la loro croce un giorno?» Con questa domanda Aiuto alla Chiesa che Soffre presenta la giornata mondiale di preghiera e digiuno per la pace in Siria. Una croce che somiglia a un leggerissimo giogo se si pensa al calvario a cui il popolo siriano è costretto da cinque anni. La parlamentare siriana Maria Saadeh ritiene che la guerra riguardi tutti. Se Turchia e Arabia Saudita dovessero intervenire, scoppierebbe un conflitto internazionale.
«Porterai la loro croce un giorno?» Con questa domanda Aiuto alla Chiesa che Soffre presenta la giornata mondiale di preghiera e digiuno per la pace in Siria. Una croce che somiglia più che altro a leggerissimo giogo se si pensa al calvario a cui il popolo siriano è costretto da cinque anni e che gli ha tolto oltre che case, viveri e acqua anche fratelli, sorelle e madri, «senza che la comunità internazionale abbia agito davvero con l'intento di ristabilire la pace». A spiegare alla Nuova Bussola Quotidiana lo scenario attuale della sua terra martoriata è la parlamentare siriana Maria Saadeh: «Ora che tutta l'area intorno ad Aleppo potrebbe essere messa al sicuro dall'esercito Siriano contro i ribelli e i terroristi, la Turchia e l'Arabia Saudita minacciano di intervenire per creare disordine. Se ci invadessero davvero con i loro eserciti, generando insicurezza anche nel resto del Paese, sarebbe gravissimo. E, a quel punto, la guerra non riguarderebbe più solo la Siria, ma tutto il mondo».
La popolazione delle zone insicure, come quelle nei pressi della capitale «è certamente in condizioni economiche difficilissime, come è normale dopo cinque anni di conflitti, ma la fede non è morta». Nonostante gli attacchi dei ribelli jihadisti su Aleppo, «le persone sono speranzose che l'esercito siriano rimetta in sicurezza l'area più colpita dalla guerra». Saadeh non è preoccupata tanto dei civili, che «in questi cinque anni hanno saputo comunque reagire con coraggio a una tragedia prolungata, ma ancor di più temo l'instabilità in cui cadrebbe tutto il mondo». La parlamentare non tace l'irresponsabilità degli Stati chiamati a trovare un accordo che «hanno fatto ripetutamente fallire». Basti pensare «ai risultati degli ultimi negoziati di Ginevra saltati in pochi giorni, che non hanno portato ad alcun accordo: nulla è stato mai fatto davvero per aprire una via diplomatica e ora ci troviamo in una situazione che se scoppiasse sarebbe una vera bomba atomica». Saadeh lo afferma in senso letterale, perché «ci ritroveremmo di fronte a un conflitto internazionale di gran lunga peggiore come portata distruttiva della prima e della seconda guerra mondiale, data la potenza della tecnologia, delle comunicazioni e delle armi moderne».
Se la Turchia e l'Arabia Saudita intervenissero davvero «entrando con le loro truppe nel paese, anche la Russia, l'Iran, la Nato dovrebbero prendere parte attiva al conflitto muovendo guerra ad altri Stati. E sono convinta che nessuno vincerebbe, ma tutti perderemmo. Ripeto, data la potenza delle armi, sarebbe un'azione autodistruttiva per l'intera comunità internazionale». Per questo «occorre molta ragionevolezza e prudenza più che mai». Saadeh sottolinea che «i popoli oggi hanno bisogno di leader che siano profeti, che lottino per la propria gente e non per interessi individuali o di piccoli gruppi. Per questo è quanto mai necessario, usare tutte le strade possibili per favorire la pace e supplicare che i capi di Stato siano illuminati: appoggio pienamente l'iniziativa di preghiera e digiuno mondiale».
Già nel settembre 2013, quando la situazione in Siria stava per precipitare in un conflitto internazionale, il Papa domandò al mondo una giornata di preghiera e digiuno per la pace. E di fatto il conflitto non si dilatò. Mentre domenica scorsa, dopo la recita dell'Angelus, il Pontefice ha dimostrato «viva preoccupazione», per «la drammatica sorte delle popolazioni civili coinvolte nei violenti combattimenti nell’amata Siria e costrette ad abbandonare tutto per sfuggire agli orrori della guerra. Auspico che, con generosa solidarietà, si presti l’aiuto necessario per assicurare loro sopravvivenza e dignità, mentre faccio appello alla Comunità internazionale affinché non risparmi alcuno sforzo per portare con urgenza al tavolo del negoziato le parti in causa. Solo una soluzione politica del conflitto sarà capace di garantire un futuro di riconciliazione e di pace a quel caro e martoriato Paese, per il quale vi invito a pregare molto e anche adesso tutti insieme». «Occorre perseverare negli sforzi», Conclude Saadeh. Confidando nelle parole di Cristo, perché «questa razza di demòni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno».