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TERRORISMO

Polveriera Germania: strage a Monaco

Spari nel centro commerciale Olympia di Monaco. Almeno un terrorista apre il fuoco su clienti e passanti, poco dopo le 18 di ieri. Il bilancio provvisorio parla di almeno 10 morti e 21 feriti. Nella lunga notte le notizie arrivano a rilento e le autorità tedesche non aiutano a chiarire il quadro.

Cronaca 23_07_2016
Monaco, sul luogo dell'attentato

Spari nel centro commerciale Olympia di Monaco. Un terrorista apre il fuoco su clienti e passanti, poco dopo le 18 di ieri. E’ strage. Il bilancio provvisorio parla di almeno 10 morti e 21 feriti. La decima vittima è il terrorista. Fa parte di un commando? Si dice che altri due membri del gruppo sono fuggiti. Il killer (o i killer) ha sparato a freddo, sulla folla. Due le tragiche ricorrenze: è il quinto anniversario della strage di Utoya (quella commessa da Anders Behring Breivik in Norvegia il 22 luglio 2011) e avviene nel centro commerciale che aprì i battenti in occasione delle Olimpiadi di Monaco del 1972, quelle in cui i terroristi di Settembre Nero sequestrarono e sterminarono gli atleti israeliani. Tragiche ricorrenze, tutt’altro che casuali. Ma, ancora dopo ore dall’attentato, non si sapeva nulla di preciso su chi avesse aperto il fuoco.

Gli inquirenti ipotizzano due piste: quella islamica e quella di estrema destra. Ci sono solo testimonianze dal vivo che possono far pendere la bilancia sull’una o sull’altra ipotesi. Pista islamica? Una testimone, presente nel locale ristorante McDonald’s (il primo luogo colpito dal commando dei terroristi) ha riferito all’emittente statunitense Cnn che l’attentatore ha gridato “Dio è grande” prima di iniziare a sparare. Pista neonazista? Un’altra testimonianza riferita dalla tedesca Bild, riferisce che un attentatore ha gridato “Sono tedesco!” e poi “Bastardi stranieri!” (secondo un’altra versione, anche “Turchi bastardi!”) con accento bavarese.

Sarà stata l’estrema destra? E’ possibile, considerando la crescita del forte malcontento causato dalla crisi dell’immigrazione, seguita dalle violenze di Capodanno nelle città della Germania occidentale e la radicalizzazione di un movimento anti-stranieri. Il 50% dei tedeschi ha sfiducia nel governo della Merkel, soprattutto a causa della sua politica delle “porte aperte” agli immigrati. La contestazione è nata pacificamente, con il movimento anti-islamizzazione Pegida, ma già subito dopo i fatti di Capodanno si è assistito alla nascita di gruppi di vigilantes che picchiano stranieri, spesso presi a caso, non solo nei campi dei rifugiati e non solo islamici. Di estrema destra era anche l'attentatore che ha provato a uccidere la candidata sindaco di Colonia, Henriette Reker nell'ottobre del 2015. La tensione di queste settimane è altissima ed è probabile che una frangia estrema sia passata all’azione armata. Stando al video della sparatoria, uno dei tre killer, quello che poi sarebbe morto, grida di essere un tedesco frustrato in quanto mobbizzato sul lavoro ed emarginato. E spunta l'ipotesi che sia lui e solo lui il "lupo solitario" che ha commesso la strage.

Sarà stato terrorismo islamico? E’ quel che hanno pensato subito tutti, soprattutto dopo l’attentato del 14 luglio a Nizza e la tentata strage, proprio in Baviera, su un treno tedesco: cinque giorni fa un diciassettenne islamico radicale afgano, dichiaratamente simpatizzante dell’Isis, ha ferito cinque persone a colpi d’ascia nei pressi della stazione di Wurzburg. I precedenti farebbero pensare a un’offensiva terroristica in corso, in tutta Europa. Prima in Francia, poi in Germania. Entrambi i paesi ospitano le più numerose comunità musulmane in Europa, rispettivamente 4,7 milioni di persone in Francia e 4,8 in Germania. I jihadisti reclutano soprattutto fra i musulmani di terza generazione nati e cresciuti nei paesi che poi colpiscono.

Pochi, pochissimi elementi in una lunga notte in cui le informazioni sono arrivate molto a rilento e la polizia tedesca ha invitato a non inviare foto e video su Internet, a non commentare, a non speculare su una tragedia ancora in corso. In parole povere: a non disturbare “il manovratore”. Mentre Monaco, dalla stazione ferroviaria a tutte le linee metropolitane, le tangenziali e le vie principali, dalle 18 in poi si fermava. Tutto chiuso per motivi di sicurezza, mentre gli elicotteri sorvegliavano la capitale bavarese dal cielo. Con la caccia all’uomo ancora in corso, i cittadini sono stati anche invitati a non uscire di casa. Lentissime anche le informazioni sulle vittime. Inizialmente si parlava di 15 morti, dopo un paio d’ore la stima è scesa a 3, poi 5, poi 6, infine 9, uno dei quali era un attentatore. La conferma della sua morte è arrivata solo verso le 23, provata anche da una foto. La sua identità? Ancora ignota. Non sarebbe stato ucciso dai poliziotti, ma si sarebbe suicidato, poco islamicamente, con un colpo di pistola alla testa. Non si sa se fosse da solo o accompagnato da altri due terroristi.

E l’informazione, sia nel caso di Monaco che in quello precedente di Nizza, è una vittima di queste tragedie. Proprio ieri il quotidiano Le Figaro, in Francia, ha diffuso la notizia che le autorità avevano ordinato la cancellazione di tutti i video di sorveglianza di Nizza, una volta usati dagli inquirenti, per evitare che finissero “in mani sbagliate”. In Germania abbiamo assistito a una vera censura in tempo reale, su tutti i dettagli. Servirà certamente alla serenità delle indagini (sempre che si possa parlare di “serenità”), ma anche il silenzio amplifica il panico, semina sfiducia nelle autorità, fa sentire ancora più insicuri in un’estate caratterizzata dal terrore.

Aggiornamento delle 3 del mattino: la polizia di Monaco, in conferenza stampa, afferma che il killer ha agito da solo e di non aver alcuna prova dell'esistenza di altri suoi complici. Il killer si è poi suicidato alle 20,30, due ore e mezza dopo l'inizio della sua strage. Si trattava di un cittadino tedesco-iraniano, 18 anni, con doppio passaporto. La polizia di Monaco non può ancora ricostruire il movente della strage. Dopo 8 ore è stato revocato lo stato di emergenza, Monaco è tornata a vivere.