Politici, giornalisti e vescovi. Che Dio ce li mandi buoni
Con una semplice consacrazione al Cuore di Maria è crollato l’impero sovietico. Ci vorrebbe anche per l'Italia, se non una consacrazione almeno un'orazione perché il nostro Paese non finisca in malora. A pagare sono sempre i cittadini, mentre il governo promette rivoluzioni ma non è capace di realizzare neppure una riforma.
Quando apro la cassetta della posta e trovo una busta dell’Agenzia delle Entrate mi prende un colpo. Infatti, si tratta sempre di esborsi imprevisti (da me), per errori fiscali (miei) di anni addietro, errori che, veri o presunti, sono sempre miei e mai del Fisco, e che, nel migliore dei casi, mi costringono a perdere ore o addirittura giornate dal commercialista (che pago). Stamattina la new consisteva in tasse ricalcolate su un arretrato pensionistico percepito qualche anno fa. Boh. In soldi, sui 4mila euri da sborsare cash.
Immagino la faccia di qualche povero pensionato che, di questi tempi, somme del genere da versare allo Stato non ne ha e classifica il tutto sotto la voce “tegola in testa”. Magari aveva tirato un respiro di sollievo quando, anni fa, percepì l’arretrato, magari aveva portato i nipoti al ristorante. Tasse sulle pensioni, insomma, ciò che in illo tempore provocò una straripante marcia su Roma atta a far cadere il governo Berlusconi. E che oggi il Fondo Monetario sollecita. Eh, la Patria ne ha bisogno. Ma poi uno si domanda: per farne che? Una grande opera nazionale? Tipo l’Expo milanese, il Mose veneziano, il treno che unisca l’aeroporto di Malpensa alla Svizzera? Nelle prime due grandi opere ci sono indagati, accusati, imputati e fascicoli giudiziari aperti. Il tratto svizzero della ferrovia di cui sopra è pronto da un pezzo, quello italiano è fermo da un pezzo. Eggià, perché qui da noi nessuno si azzarda più a fare qualcosa se prima non si è ben coperto le spalle dal punto di vista delle responsabilità amministrativa e penale. I casi Ilva e Finmeccanica insegnano.
Ma non è sempre questione di pm, ci sono anche i giornalisti “d’inchiesta”, vedi il caso Moncler, a cui Rai3 ha cagionato una bella batosta in Borsa per via delle piume d’oca. Il premiato brand internazionale ha annunciato querela, e può permettersi avvocati in grado di vincerla. Già, ma la Rai dove li prende i soldi dell’eventuale risarcimento? Facile: dal canone. Cioè, dalle tasche degli italiani. I quali ormai sono sempre più divisi tra disoccupati e pensionati. I primi non hanno soldi per definizione, i secondi ne hanno pochi ma in compenso sono tanti. E i vecchietti, si sa, passano la vita davanti alla tivù, perciò è giusto che paghino per le alzate d’ingegno di quelli che odiano il capitalismo a prescindere.
La Patria ha bisogno di denaro, nonnetti. Deve finanziare il viaggio e il soggiorno a mezza Africa perché un dio beffardo l’ha fatta a forma di penisola puntata sul mare di Libia. Deve pagare l’aereo e l’incentivo economico a quegli zingari che accettano di tornare in Macedonia, ben sapendo che rientreranno dalla finestra (e quanti restano deve “integrarli” ben sapendo che, quelli, a integrarsi non ci pensano nemmeno). Comunque, non intendiamo tediare il lettore con l’elenco delle spese di uno Stato, il nostro, che per meri motivi ideologici liscia Caino e infierisce su Abele, con ciò moltiplicando esponenzialmente la stirpe del primo e, di conseguenza, restringendo quella del secondo. In una spirale suicida, perché la pecora sempre tosata muore di freddo o passa dalla parte di Caino. Ma la Patria ha -qui e adesso, domani si vedrà- una tale fame di denaro che neanche Moloch.
Speravamo che Renzi riuscisse ad almeno spaccare la principale responsabile dell’ideologia in questione, la sinistra, ma dopo battaglie omeriche per la presidenza italiana Ue e la Mogherini agli Esteri europei, ecco qua: per quest’ultima la priorità è l’Ucraina, mentre i due marò restano dove sono. E, come tutti sanno, le sanzioni a Putin sono per noi una bella segata al ramo su cui stiamo seduti. Il semestre italiano di presidenza Ue? Tra squilli di buccine e chiarine, et voilà: il primo congresso europeo su “Affrontare la discriminazione sull’orientamento sessuale e l’identità di genere”. E brava l’Italia, che ha patrocinato una tal pericolosissima emergenza. Naturalmente, il nostro ambasciatore permanente ha aperto i lavori sostenendo che vanno cambiate le mentalità dei popoli cominciando dalla scuola. Sì, la scuola, sogno ossessivo dell’Lgbt.
Che dire? Ci si consenta di rispondere come credenti. Nella Bibbia, gli israeliti erano pastori erranti che in Egitto si moltiplicarono come classe di schiavi; Dio li liberò e ne fece un popolo con leggi proprie (che diede Lui). I capi erano scelti da Dio stesso, prima Mosè e poi i Giudici. Ma a un certo punto, contagiati dall’esempio dei popoli confinanti, gli israeliti vollero un re. Dio acconsentì, ma a patto che a sceglierlo fosse ancora Lui. Eh, Dio sa bene che il popolo non è capace di scegliersi i capi. Neanche noi italiani. Anzi, soprattutto. Perciò, ecco la proposta: cari prelati italiani, invece di litigare su quisquillie & pinzillacchere come la comunione ai divorziati ac similia, perché non indite novene pubbliche di preghiere, digiuni e processioni affinché il Signore abbia pietà di questo nostro popolo e gli mandi una buona volta capi degni di questo nome? Questo popolo, infatti, Gli è caro perché è quello che, al mondo, ha dato più Santi di tutti ed è in questa terra che Pietro e Paolo fondarono la Sua Chiesa.
Fate stampare e diffondere una invocazione che suoni pressappoco così: Signore, pensaci Tu, perché noi siamo buoni solo a radunare inconcludenti a Todi o a intrallazzare con mediocri che vanno a messa con l’unico intento di raccattare voti cattolici. Cari prelati, ricordatevi che con una semplice consacrazione al Cuore di Maria è crollato l’impero sovietico. Meno Sinodi e più orazione, dunque. E che Dio ci aiuti.