Pietro e Paolo, uomini vivi e amici di Cristo
La liturgia li celebra insieme nel martirio e nella festa, e il popolo cristiano li riconosce come roccia e fondamento della propria fede. Ciascun cristiano si specchia nei due apostoli. Pietro: uomo vivo: non un libro o una statua o una legge scritta. Paolo: una vita gettata nella battaglia della fede e della missione.
Lo sguardo alla croce innalzata sulla cupola di San Pietro a Roma trascina nella profondità del tempo. Tirando una linea verso il basso, dalla sommità della croce si arriva al grande baldacchino che sovrasta l’altare papale della Basilica e si scende fino alla tomba dell’apostolo Pietro.
La guida che ci accompagna sottolinea con decisione il punto più alto della città e il punto più basso. Il “pescatore di Galilea” arriva a Roma forse già nel 42-44, gli anni della prima persecuzione in Palestina contro i cristiani. Vi ritorna e rimane in un tempo corrispondente alla prigionia romana di Paolo, fino alla persecuzione di Nerone che li rese ambedue martiri nel 64. La liturgia li celebra insieme nel martirio e nella festa, e il popolo cristiano li riconosce come roccia e fondamento della propria fede. Ciascun cristiano si specchia nei due apostoli, così diversi e così uniti. Ci si ritrova nell’entusiasmo di Simone: fin dal primo momento Gesù punta su di lui uno sguardo di compiacenza e gli affida un nome carico di destino, chiamandolo Pietro.
L’amore così caldo e pieno di Pietro verso Gesù, la sua netta professione di fede, l’accoglienza nella casa a Cafarnao e nella barca sul lago: Pietro dà tutto. Consegna a Gesù il suo progetto personale, la sua misura troppo corta nei riguardi della vera identità del Messia, e infine la sua debolezza e il suo peccato. Ci stravolge l’immagine di questo uomo pescatore che entra in una barca molto più grande e ardita di quella che navigava il lago di Tiberiade, e attraversa il Mediterraneo fino a Roma, dove viene riconosciuto per il legame unico con il Signore risorto, diventando fondamento e pinnacolo della fede dei seguaci di Cristo.
Una persona viva, fatta di timore e ardimento, di amore e dedizione, di vita e di morte. Noi poggiamo sulla fede di un uomo vivo: non un libro o una statua o un monumento o una legge scritta. Ieri Pio e Giovanni e Benedetto; oggi Francesco, con le balze e i rilievi e le insenature del proprio temperamento e i colori della propria personalità.
Paolo gli sta accanto, preso dal Signore lungo una strada di zelo persecutorio contro i cristiani. Chi può misurare la sorpresa di Dio? Paolo riconosce il volto, il cuore, il corpo di Cristo nei cristiani chiamati e perseguitati, e allarga i confini della Chiesa alle dimensioni aperte da Gesù nei Vangeli: «Andate in tutto il mondo». Una vita gettata nella battaglia della fede e della missione. Una passione intensa per i fratelli ancorati alla legge antica e una dedizione totale verso le comunità appena fondate, verso le persone appena convertite. Uno sguardo alla storia intera e un’attenzione al Corpo di Cristo che cresce nel mondo.
Per ambedue, chiamati amici e vissuti come apostoli, Cristo è tutto: il passato, il presente, il futuro. I due apostoli sono l’emblema della diversità e dell’unità. Camminiamo oggi nella Chiesa cattolica avvolti dalla carica di due uomini che hanno incontrato Cristo, trascinati e trasfigurati dal tormento della sua passione e morte e dal vigore della risurrezione. Uomini vivi, alla sorgente del germoglio dei nuovi cristiani.